Raggiungimi

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Ero nella mia stanza da ben tre ore.

Tre dannate ore china sui libri e con la schiena dolorante.

Frequentare la Hale stava diventando più complicato del previsto.
L'indomani avrei avuto un test, e non potevo permettermi di non passarlo.

Avevo passato tutto il pomeriggio da Shannon, e avevamo parlato dell'evento che si era svolto a casa sua tre giorni prima.
Lei si era persa in ogni piccolo dettaglio, e, quando fu ora di tornare a casa, non avevamo aperto un libro.

Tornando a casa si era fatta sera, e mi aggiravo veloce per le strade buie.

Così eccomi lì, con il volto abbassato e gli occhi stanchi di leggere sotto la flebile luce della lampada della scrivania.

Sentivo il bisogno di alzarmi e camminare, solo per sgranchirmi un po' le gambe.

Per gettare via un po' di preoccupazione per il giorno dopo, per lasciar perdere la chimica almeno per qualche minuto.

Così, in balia di un forte mal di testa, mi alzai cauta dalla sedia e uscii dalla mia stanza.

Aprendo la porta, caddi nella più totale oscurità.
Andando a tentoni riuscii a trovare il corrimano delle scale e le scesi attenta a non far rumore.
Era notte fonda, e il silenzio faceva da padrone.
Quando arrivai al piano di sotto, uno spiraglio di luce colpiva l'orologio a pendolo e constatai che fossero le due di notte.

Raggiunsi a passi felpati la cucina, e la trovai semichiusa.
Una debole luce filtrava dall'apertura, ma dentro nulla sembrava muoversi.
Nulla emetteva nessun rumore.

Per un attimo pensai che Mariam di fosse dimenticata una lampadina accesa.
Allora spinsi la porta e l'aria fredda mi investì.
Un'ombra scura colorava il tavolo, e rabbrividii vedendo degli occhi in ombra.

Tristan se ne stava appoggiato al bancone della cucina, con una gamba piegata all'indietro, e lo sguardo fisso sul tavolo davanti a sé.

La sua espressione mi era ignota, e i capelli più neri della notte gli ricadevano sul viso, incorniciandolo perfettamente.

Tutto di lui, di solito, mi incuteva timore.

Ma in quel momento no.
Messo in quella posizione così vulnerabile, così esposta, mi sembrava solo il ragazzo che era.

Non la persona da cui tutti si aspettavano qualcosa.

Solo un ragazzo come tanti.

Non Tristan Brightwood.

Solo Tristan.

E allora l'immagine che mi ero fatta di lui mutò.
Non capii mai davvero cosa cambiò quella sera, né perché vederlo messo così mi toccò particolarmente.

Solo... Mi parve surreale.

Incontraci ad un'ora così tarda di notte, entrambi incapaci di andare a dormire e fermi a fissare il nulla.

Ma io non fissavo il vuoto.
Tristan non era vuoto.

Lui era... minimale, ma ti attaccava con forza sovrumana e ti guariva con estrema delicatezza.

Ed è quello che fece il suo sguardo quando si posò si di me.

Mi guarí dalla stanchezza, dalla preoccupazione, dall'incertezza.

Mi bruciò come una fiamma, ma mi raffreddò come solo il ghiaccio dei suoi occhi sapeva fare.

Mi schiaffeggiò violentemente, ma con il più morbido dei cuscini di piume.

E io lasciai che mi distraesse, tanto che dimenticai come articolare le parole.
Lui alzò la testa, e i suoi capelli oscillarono.

Mi guardò in modo strano.
Non riuscii a capire cosa provasse.

Siamo Sotto la Stessa PioggiaWhere stories live. Discover now