Lo sono

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Mi svegliai di soprassalto.

Il grande orologio a pendolo stava suonando l'ultimo di tre rintocchi.

Mi ero addormentata.

Mi scossi per svegliarmi per andare in camera, ma mi ritrovai avvolta da una coperta calda, e una ciocca dei capelli davanti era ordinata dietro l'orecchio.
Brividi freddi mi percorrevano il braccio, e quasi sentivo la pelle bruciare lì dove, nel sogno che feci, mi toccò una mano.
Ciondolante, salii le scale, e una strana sensazione si fece largo dietro di me.


"Sei una tipa silenziosa, eh?"

Shannon era sdraiata a pancia in su sulla panchina del cortile della scuola.
La gonna dell'uniforme era macchiata di terra, e le ginocchia sporche di verde.
Era appena tornata da una partita di calcio nel campo della Jones.
Era sgattaiolata di nascosto attraverso la rete, e la sua squadra aveva vinto grazie a lei.
Mi stupiva ogni giorno di più, quella ragazza.

"Apprezzo le parole, ma solo quelle sussurrate."

Mi guardò stranita, e sbuffò.

Girò la testa verso le altre ragazze del campo, e fece una smorfia.

"Tsk... Sembra un funerale..."

Poi il suo sguardo si illuminò e si mise a sedere.

"Ehi! E se proponessi qualcosa al comitato studentesco? Qualcosa di geniale, di rivoluzionario, di... divertente!"

Questa volta fui io a non capire.

"Rivoluzionario? E che intendi proporre?"

Tornò a sdraiarsi e si mise a guardare le nuvole.

"Non so, ma senza i ragazzi qui è noioso. Qui mi guardano tutte come se fossi una campagnola, senza offesa ovviamente Eileen... Che c'è? Mai visto della terra?" si rivolse ad un gruppetto di ragazze che passavano di là ridendo.
Le ammutolì, e loro se ne andarono via.
"Vedi? Le cose devono cambiare."




Prima di tornare a casa, passai a prendere dei libri.
Nella biblioteca di zia Beryl pareva non esser traccia dei libri sull'argomento che stavo cercando, ma quella della scuola, ne era piena.

Appena entrai, il classico odore di carta mi riempí le narici.
Trovai lo scaffale giusto, e presi un paio di volumi interessanti.
Quando andai al banco per registrarmi, qualcuno mi venne addosso.

"Ma che...?!"

Il ragazzo sbuffava, mentre raccoglieva i libri che gli erano caduti.

"Oh, mi spiace..."

Quando si alzò, sussultai.
Era quel tipo della battuta il primo giorno di scuola...
Marc qualcosa...

"Ehi, sei quella ragazza nuova."

Annuii e gli porsi l'ultimo libro che aveva lasciato a terra, un po' imbarazzata.

"Marc Jones, piacere. Jones, sai...? Come la scuola... Mio padre la dirige."

Gli sorrido impacciata.

"Scusa per i libri."

Ero decisa ad andarmene.
Così gli feci un cenno col capo, registrai i libri, e mi avviai all'uscita.

"E.. tu? Come ti chiami?" mi urlò dietro.

"Eileen, Eileen Harrison." gli dissi voltandomi.

"Tu... Vivi a casa Brightwood, vero? Sei la cugina di Tristan, eh?"

Mi ritrovai ancora una volta a dire che non eravamo parenti.

"Oh, si si, certo..." sembrava in difficoltà.

"Beh, ci vediamo" gli dissi.

"Si, ci si vede in giro, Harrison"

Voltandomi, sentii il suo sguardo puntato su di me.
Lo sentii finché non scomparii dietro la porta d'uscita.



Arrivai a casa pochi minuti dopo.
Mentre salivo le scale, sentii due voci dal soggiorno.

"È ancora un ragazzo, è troppo presto per mandarlo fin laggiù."

"Potrebbe essere la svolta per la sua carriera!"

"Sii realista, Devon, ha solo sedici anni, non può affrontare tutto questo da solo. Sbaglio, o lo hai lasciato qui dicendo che non sarebbe mai stato un uomo?"

"Dobbiamo mandare avanti la tradizione! Ci penserai su, e poi mi darai una risposta."

Mi nascosi dietro la colonna delle scale, e piano piano salii senza farmi sentire.

Quella era la voce della zia Beryl, e quell'altra era maschile.
Non la conoscevo, come non sapevo di chi stessero parlando.

Stavo entrando in camera mia, ma mi fermai prima di farlo.
Una leggera luce usciva dalla porta socchiusa della camera accanto alla mia.

Mi misi a fissare l'interno della stanza, e vidi una scrivania piena di libri e quaderni.

E poi quella stessa porta che prima immobile, si spalancò di scatto facendomi spostare.
La figura davanti a me se ne stava ferma e mi scrutava dall'alto con gli occhi di ghiaccio.

Tristan non mi stava guardando. Fissava il nulla, completamente perso in quei suoi ragionamenti.

"Io sono... piccolo?" disse poi.

Che intendeva dire con quello?
Lo fissai confusa, non capendo che intendesse.

"Tu mi consideri un bambino? Incapace di pensare, difendersi o... agire?"

Si avvicinò a me e mi parlò davanti al viso.

"Pensi sia stato abbandonato? O che sia... debole?"

In quel momento mi guardava.
Eccome se lo faceva.

Vidi quel ghiaccio dei suoi occhi sciogliersi e diventare fuoco.
Quei capelli neri agitarsi sotto il lieve tremolio della sua mandibola.
Vidi le guance contrarsi e le pupille dilatarsi.
I pugni si strinsero, e i denti digrignarono.

Tutto in lui, mi infondeva paura.
Tutto in lui bruciava, vacillava rimanendo immobile, luccicava come diamanti.

Lui era lì, davanti a me e affascinante come non mai.

Quando i nostri visi si fecero più vicini, il mio contratto dalla paura, e il suo dalla rabbia, feci di riflesso un passo indietro.
Misi distanza alle nostre teste, e lui cambiò espressione tanto veloce quanto l'aveva messa.
Indietreggiò anche lui, e sospirò affranto.

"Dimmi Eileen" sussurrò guardando in basso. "Cosa sono io ai tuoi occhi...?"

Mi tremarono le gambe, le braccia si fecero pesanti, e sentii gli occhi appannarsi.

"Tu sei..." mormorai "Un ragazzo in cerca d'affetto"

Non so se mi sentì.
Non so se sapeva che ero ancora lì.
Se aveva capito ciò che gli avevo detto.

L'unica cosa che sentii prima che la sua porta si chiudesse fu un semplice e complicato:
"Lo sono...?"

Siamo Sotto la Stessa PioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora