Manca poco

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Narratore's POV

"Perché hai quel coso?"

Lui aveva guardato l'apparecchio che il dottore gli aveva dato il giorno prima.
Serviva per il suo cuoricino, dicevano.
Faceva un po' male, ma la mamma gli aveva detto che doveva essere forte anche se bruciava.
E bruciava moltissimo, eccome se lo faceva.

Ogni volta che Tristan si guardava allo specchio vedeva una piccola cicatrice proprio sul petto. Per quanto si convincesse che quel taglio non esistesse, lui c'era eccome, e stava sul suo corpo.
Un po' si vergognava.

Non capiva perché gli altri bambini non avessero anche loro quel segno. Aveva chiesto tante volte in giro, ma tutti lo avevano guardato come se fosse strano.

Quel giorno la mamma gli aveva detto che lui era speciale, che era un dono del cielo e che quella ne era la prova.
A Tristan bastava.

"È per farmi stare meglio" aveva risposto al bambino davanti a lui.

Aveva tre anni più di lui, e gli faceva un po' paura, tanto era grosso e alto.
D'altronde, Tristan era davvero piccolo e minuto per la sua età, ma zia Beryl gli diceva sempre che quando sarebbe diventato grande sarebbe stato altissimo e bello.
Lui lo sperava tanto.

Era brutto essere guardato male da tutte le bambine che gli si avvicinavano e sentirle dire che era piccolo.

"Perché? Cos'hai?"

Tristan non lo sapeva, mamma e papà non glielo avevano mai detto.
Certo, aveva letto di sfuggita le giustificazioni che scrivevano per la scuola tutte le volte che andavano dal dottore, ma la scrittura del papà era scompigliata e strana, e lui non capiva nulla.

Lo aveva chiesto, una volta.
La mamma aveva guardato il papà e si erano lanciati un'occhiata complice, per poi rispondergli che non si doveva preoccupare.

Vedendo che non rispondeva, il bambino si girò e andò dai suoi amici di quinta.
Quando furono lontani, Tristan riuscì a sentirli parlare di lui.

"È tutto strano, quello"

Gli avevano fatto tanto male quelle parole. Non era la prima volta che se le sentiva dire.
Una volta un ragazzino gli aveva rubato il panino e dopo aver visto che lui non reagiva per riprenderselo, gli aveva detto proprio che era strano.
E debole.
Tristan aveva sentito tanta rabbia montargli dentro e si era lanciato contro di lui.

Erano state le maestre a toglierlo dal suo compagno, che era ridotto a tagli e graffi.
Ma Tristan non aveva provato piacere nel fargli male, neanche un po'.
Pensava che facendogliela pagare, la rabbia se ne sarebbe andata, ma non fu così.
La sensazione che si ritrovò poi, fu un misto di emozioni.

Principalmente fu delusione da se stesso. Non aveva mai fatto del male a qualcuno, e l'idea che lo avesse appena fatto, lo rendeva tremendamente triste.

Poi ci fu tanto dolore.
Non lo aveva mai provato così intenso.
Veniva da petto, proprio nel punto in cui aveva la cicatrice.
Non seppe cosa stesse succedendo, ma per la settimana successiva passò tutto il tempo su un letto in ospedale.

La mamma e il papà lo avevano sgridato tanto, dicendogli che non doveva sforzarsi troppo.
Lui non capiva.
Voleva diventare bravo come il papà, che aveva un lavoro tanto bello e divertente, e lo sarebbe diventato.

Quella stessa notte, quando le infermiere lo lasciarono dormire, lui prese una forbice dal cassetto più alto del mobile.
Si servì di una sedia per prenderlo, tanto era alto l'armadio e lui basso.
Ma si fece forza.

Andò al bagno e si guardò lo specchio.
Voleva essere come il papà.
Allora in punta di piedi per vedersi il viso intero, cominciò a tagliare le ciocche nere che gli ricadevano sul viso.
Poco dopo, il pavimento era pieno di fili scuri. Si guardò con più attenzione e sorrise soddisfatto.
Così sembrava proprio il papà.

Siamo Sotto la Stessa PioggiaWhere stories live. Discover now