Non sei nulla

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Tristan Brightwood's POV


"Tu sei... un ragazzo in cerca d'affetto."

Non sei abbastanza.
Non sei abbastanza.
Non sei... nulla.

Se era davvero quello che lei vedeva guardandomi... non aveva capito niente.

Ma le sue parole mi colpirono, si, come se mi venisse esposta la verità per la prima volta in vita mia.

Mi segnarono la pelle candida di piccoli tagli superficiali capaci di corrodermi l'anima nel profondo.

Mi ferirono come una spada impugnata dal più rancoroso dei soldati, e scagliata con una forza sovrumana.

Mi lacerarono come il morso di una belva inferocita, e mi sciolsero come fa la più calda stella del nostro universo.
Nel mio cielo, brillavano stelle scure e tetre, capaci di illuminare tutto sotto una luce diversa.

Ma un giorno brilleranno davvero, Tristan.

Nella mia mente, ombre spettrali facevano danze orribili, confondendomi i pensieri e limitandomi i ragionamenti.

Nei miei polmoni, qualcosa mi impediva di respirare.

Mi bloccava il fiato, facendomi boccheggiare.

Nel mio cuore, un'oscurità senza eguali, si arrampicava sulle pareti non lasciando nulla di intatto dietro di sé.

E quel... qualcosa, non se ne andava.

Neanche se rinunciavo a tutto.

La sua voce mi entrò in testa, e come quel qualcosa, non volle andarsene.

"Non sarai mai un uomo, figlio mio. Non raggiungerai mai la mia grandezza, quella di tua madre, di tuo nonno."

E in fondo sapevo che era così, lo avevo sempre saputo.

Ero sempre stato un bambino strano.
Me lo ripetevano in molti, tanto da convincermi che lo ero anche quando facevo cose normali.
Preferivo starmene dentro.
Dovevo stare dentro, perché allora non mi dicevano realmente cosa avevo.

"È per il tuo cuoricino, Tristan. Ti chiediamo di avere pazienza, un giorno correrai anche tu con loro."

Un giorno...
Troppe volte mi è stato detto che un giorno avrei fatto tante cose.

Ma non fu così.
Io non avrei mai fatto tante cose.

Da bambino me ne stavo dentro casa, appoggiato al vetro della finestra, con un libro in grembo, a guardare gli alberi del giardino.
La mia situazione con il tempo si calmò.
Così, quando finalmente potei uscire di casa a giocare con gli altri della mia età, loro non mi vollero più.

Troppe volte avevo rifiutato di stare con loro, e non avevano apprezzato.

Allora mi trovai di nuovo seduto accanto alla finestra.
Ma gli sguardi che lanciavo attraverso il vetro, non erano più di invidia, ma di rabbia.

Il libro che avevo in mano non lo leggevo per noia, bensì per avidità. Desideravo conoscere, per poi rinfacciare a quei quattro bambini che mi avevano rifiutato, quanto fossi diventato intelligente.

Non penso si ricordarono di me.

Quando a quindici anni divenni alto e fisicamente irriconoscibile, videro un Tristan completamente cambiato.

Ero diventato calmo, non più rancoroso.
Risolvevo problemi con gli occhi, e non alzando mai le mani.
Parlavo agli altri stando in silenzio, e quasi mai non mi capivano.
Portavo in me un autocontrollo tale, da sembrare irraggiungibile.

Ero lontano, seppure fossi accanto a tutti loro.

Ma quel qualcosa bruciava ancora in me.

Bruciava e mordeva.
Divorava e distruggeva.
Archiviava, ma ricordava tutto.

E rimase dentro di me per molto tempo, corrodendo quel poco di bontà  che mi rimaneva.

"Verrà qui da noi Eileen, la figlia di mia nipote. Non è tua parente, ma vorrei che la considerassi tale, Tristan. Mostrale la tua bontà, non nascondere le tue emozioni dietro il silenzio."

"A volte il silenzio esprime meglio i nostri pensieri."

Ricordo bene la faccia che fece dopo che glielo dissi.
Sembrava scoraggiata, quasi come se si fosse arresa di fronte al mio velo scuro.

"È un bravo ragazzo sotto quello sguardo di ghiaccio... Spero diventiate amici, lo spero davvero."

E così... la conobbi.

Scaricavo il mio nervosismo su di lei. A volte la adoravo, toccandole i capelli, altre le intimavo di farsi da parte.
Lei, che per gli altri era mia cugina, ma che per me, era una ragazza estranea entrata nella mia quotidianità.

Ma quella ragazza... aveva in qualche modo spinto quel qualcosa ad indietreggiare.

Lo stava...guarendo.
Se mai fosse possibile.

E allora la sua risposta si fece largo dentro di me.

Affetto...

Dove lo dovevo cercare?
Quando avrei trovato qualcuno in grado di offrirmelo davvero?

E in fondo... Cosa era davvero l'affetto?

La mia voce fu coperta dallo scricchiolio dei cardini della porta.

"Lo sono...?"

E lo ero, solo che ancora non lo sapevo.

Siamo Sotto la Stessa PioggiaWhere stories live. Discover now