Cristalli nel cuore

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-Se tu ti lasciassi andare,
amore mio,
io ti prenderei
mentre cadresti-

Come una carezza.

Come una dannata, tenerissima e inappropriata carezza su un viso dilaniato dal dolore.

Mi aveva detto che il suo tutto non doveva piangere, che per evitare che accadesse lui avrebbe baciato ogni parte di me. Mi avrebbe accolta, mi avrebbe accettata.

Non lo aveva fatto.

Lui era scappato da me, portandosi via il velo nero dove io stavo sognando e tirandolo via brutalmente svegliandomi d'assalto.
Il mio viso era bagnato dalle lacrime, non dai suoi baci.

Quello che accadde dopo fu sfuocato e appannato.
Delle braccia mi afferrarono e mi strattonarono di fianco, verso il buio.
Ma io non lo mollai.

Non sciolsi l'abbraccio con cui lo stringevo, perché mi sentivo che se lo avessi fatto, lo avrei perso per sempre.
Quasi come se il legame che ci teneva uniti potesse spezzarsi facilmente come un sottile filo di cotone. Delicato, cedevole, straziante.

Poi caddi nel buio, nel vero senso della parola.
Non vidi nulla, fino a che un'insistente luce non mi venne a svegliare in malo modo.

Non sapevo che giorno fosse, semmai quella luce fosse reale, né per quanto tempo ero restata nel buio.
Maledissi il mondo per avermi svegliato.

Piano piano ripresi conoscenza, e un vociferare continuo mi disturbò parecchio.

"Vieni, si è svegliata"

Dei passi raggiunsero il letto dove ero sdraiata, e fu lì che divenni definitivamente conscia di quello che era accaduto.
Misi a fuoco e trovai il viso un po' corrucciato della zia Beryl guardarmi dall'alto.

Quando vide che la stavo guardando, cercò di sorridermi con fare rassicurante, ma quello che le venne fuori fu più una smorfia sforzata.

"Come stai, cara?" chiese con voce compassionevole.

Portò la mano raggrinzita sulla mia testa e cominciò ad accarezzarla lentamente.
Mi accorsi solo allora che quel letto dove ero sdraiata era il mio, e quella stanza dove mi trovavo era a casa Brightwood.

Mi tirai a sedere ignorando il dolore pulsante alla testa che mi arrivò quando mi alzai.
Mi guardai intorno spaesata e in ansia, respirando affannosamente.

"Dov'è?!"

La zia distolse lo sguardo da me e guardò preoccupata dall'altra parte.
A quel punto, una donna dai capelli biondi era stata silenziosa da parte, venne verso di me e si fermò si piedi del letto.

La madre di Tristan alzò gli occhi e, incontrando i miei, trovai i suoi lucidi e malinconici.

"Lui sta...?" chiesi con un filo di voce.

Avevo un groppo in gola, e il dolore alla testa aumentava con passare dei secondi che mi separavano dalla sua risposta.

"Agatha..." cercò di dire la zia, posandole una mano il braccio. Lei scosse la testa e chiuse gli occhi, come a scacciare brutti pensieri.

Terribili...

Granai gli occhi, mentre cercavo di convincermi di aver capito male.

"È al Royal Sussex County Hospital al momento" disse con voce rotta, mentre prendeva un fazzoletto e si tamponava gli occhi.

Doveva aver pianto parecchio, perché aveva un filo di trucco sbavato sulle guance e gli occhi rossi.
La mia paura principale si dileguò, ma la confusione  non mi lasciava tregua.

"Cosa... è successo?" domandai senza voce.

Sapevo che era accaduto qualcosa di strano, sapevo che lui aveva provato un dolore atroce, lo avevo capito dai suoi occhi.
Dal modo in cui... si stringeva il petto.

Agatha Brightwood alzò gli occhi a me con aria esausta.

"Lui ha..." ma un singhiozzo le impedì di continuare.

La zia la affiancò e la strinse tra le braccia.

"Non è necessario, posso farlo io..." la confortò.

La signora Agatha scosse la testa. Poi mi guardò e finalmente iniziò a parlare.

"Ieri sera eravamo venuti per parlargli della sua carriera. Aveva finalmente compiuto diciassette anni e volevamo iniziare ad istruirlo per fargli dirigere l'impresa di famiglia.
Ma... Devon, suo padre, non ha mai riposto molta fiducia nelle abilità di Tristan" fece una breva pausa per passarsi il fazzoletto sulle guance, poi continuò lentamente. "Litigavano spesso per via del suo futuro e Devon iniziò a spazientirsi. Sai, lui non ha mai avuto un buon rapporto con noi da..." si fermò di scatto. "...tempo. Allora ha iniziato ad evitare di incontrarci, e ad ignorare la situazione. Quando ieri sera siamo arrivati, ero sorpresa dal fatto che si fosse presentato davanti a noi disposto a parlarci. Ma poi... Ha iniziato ad alzare la voce, e suo padre ha cominciato ad innervosirsi. Devon non ha mai avuto un carattere tranquillo, e Tristan in questo ha preso da lui. Le parole si sono trasformate in grida e sembrava quasi che le pareti tremassero dalla potenza di quello che si stavano urlando contro. Poi Tristan ha iniziato a parlare con una rabbia che non gli ho mai visto in corpo" rabbrividì. "Per un momento ho temuto che si avventasse contro suo padre, ma ha cominciato ad avvertire i soliti dolori al petto e ha dato di matto. Ha alzato il braccio verso l'alto e ha..."
La zia la strinse più a lei.
"...afferrato il lampadario di vetro e lo ha scaraventato a terra. Questo si è distrutto in mille pezzi proprio davanti ai nostri occhi, colpendo ripetutamente Tristan e Devon. Sono caduti entrambi. Ed è quello il momento in cui tu sei entrata, Eileen" Allungò la mano e prese la mia in una stretta. "Non so cosa tu abbia fatto a mio figlio, ma appena ti ha visto, si è alzato nel dolore dell'attacco e dei vetri e si è lanciato fuori" scosse la testa. "Il resto... devi raccontarcelo tu, cara"

Concluse lasciando una risposta in sospeso.
Il cuore mi batteva e il groppo che avevo in gola mi impediva di replicare.
Ormai c'era una sola cosa che mi restava ignota.
Presi forza, e in balia di un forte dolore alla testa, presi a domandare soltanto:

"Cos'ha?"

Agatha sospirò affranta e abbassò la testa.

"Quella che ha Tristan, è una rara malattia cardiaca che lo ha costretto a letto per la maggior parte della sua infanzia. Colpisce il cuore, e gli provoca forti contrazioni dolorose. Tutto questo si può evitare se si assumono le dovute medicine, ma secondo i medici, Tristan non le prendeva da settimane. Non credevo che fosse il tipo da... lasciarsi andare, e pensare che abbia smesso di provare a star bene mi fa soffrire terribilmente"

Tutto divenne nero.

Tristan che si lasciava andare.

Tristan che rinunciava a stare bene.

Tristan che chiudeva gli occhi.

Tristan che... piangeva.

Non lo sopportavo, non riuscivo farlo.
Un rumoroso battito mi infuriava nel petto.

"Io vado da lui"

Entrambe le donne davanti a me sgranarono gli occhi.

"Oh, tesoro... Non puoi, sei debole, hai ancora la febbre..."

Scostai le coperte e mi alzai traballando dal letto.

"Io devo andare da lui!"

"Eileen...!"

Arrivai talmente veloce alla porta che non fecero in tempo a fermarmi.
Scesi le scale e prima di aprire la porta di ingresso, una mano mi afferrò il braccio.

Agatha mi guardava in modo compassionevole.
Provai una punta di ribrezzo per una madre che mi impediva di vedere suo figlio.

"Capisco, cara, ma sei ancora in vestaglia, e non abbiamo avvisato Nelson. Sistemati e poi potrai vederlo"

Chinai il capo, e mi avvisi lenta su per le scale.

Io lo dovevo vedere.
E lo avrei visto.

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