Domanda e Risposta

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Alcuni giorni dopo, mi arrivarono due lettere dalla mia famiglia.
Me ne stavo chiusa nella mia stanza sdraiata sul letto a leggere quelle poche parole che mi ricordavano casa.

La prima era di Lizzie.

Aveva fatto una dettagliata cronaca di tutti gli eventi del paese, lasciandomi per la fine una lunga descrizione dell'uomo che suo padre le avrebbe fatto sposare.

Aveva ventiquattro anni.
Lizzie mi confessò di aver pensato che fosse bello.
Solo per un instante.
Non volle approfondire troppo le sensazioni che aveva provato, ma sentii che non aveva quel pessimismo con cui l'avevo lasciata.

Ne fui felice, nonostante la situazione non fosse delle migliori.

Poi lessi quella dei miei genitori, colma di parole dolci.
Eliza stava bene, la gravidanza procedeva normalmente, e il piccolo in arrivo era sano e forte.
Si sentiva la mia mancanza, dicevano.



La scuola procedeva bene, e Shannon diventava ogni giorno più simpatica.

"È una vera ingiustizia" mi disse un pomeriggio di inizio ottobre, mentre uscivamo da scuola.

"Oggi mi hanno vista entrare alla Jones dalla rete e hanno chiuso l'apertura."

Poi scrollò le spalle con fare di sconfitta.

"Non importa, vorrà dire che la scavalcherò direttamente."

Poi ricordai.

Mi portai la mano alla fronte, e sospirai.

"Ho dimenticato di consegnare il libro in biblioteca!"

"Eh? Ancora? Vuoi che ti accompagni?"

"Tranquilla Shannon, tu vai pure a casa, io ci metterò un po'."

Mi sorride e ci salutammo.

Quando arrivai in biblioteca, consegnai i libri, ma non potei fare a meno di fare un piccolo giro tra gli scaffali.

Nel reparto dei saggi, incontrai un ragazzo.

"Sempre qui ci incontriamo, eh Harrison? Che c'è... Mi segui?"
sghignazzò Marc Jones.

"Io non faccio nulla, tu piuttosto."

Diventò tutto rosso e lo vidi vacillare.

"Ehm... Ma che dici... Ero qui per caso, io..."

Scoppiai a ridere davanti ad un ragazzo tanto impacciato.
Tornai a posare gli occhi sullo scaffale e lo sentii avvicinarsi a me.

"Passi molto tempo qui, eh Harrison?"

Mi girai a guardarlo.

"Mi piacciono i libri. Lo trovi forse strano?"

"È... Inusuale. Forse dovresti trovarti un'altro passatempo. Forse... delle persone?"

Non capii dove voleva arrivare.

"Ehm... Penso di star bene così, Jones. Le persone se ne vanno, i libri no." sussurrai, più a me che a lui.

"E comunque" continuai, fissandolo dritto negli occhi marroni.
Dovevo abbassare notevolmente la testa per guardarlo, e questo rese ancora più assurda la situazione.
Lui, il figlio del dirigente della Jones, a parlare con me dopo avermi preso in giro davanti ai suoi compagni.
Come se lui potesse abbassarsi al mio livello, nonostante lo superassi di parecchi centimetri.

"Ho già alcuni buoni amici, quindi non c'è nulla che non va."

Non dovevo dargli spiegazioni. Non ce n'era bisogno.

"Buoni, dici? Non fa mai male fare nuove conoscenze, altrimenti, come hai detto tu, se quei pochi amici che hai ti lasciassero, rimarresti sola."

Rimasi scioccata.

"È un modo per farmi abbandonare le mie amicizie?"

"È un modo per spingerti ad aprirti verso nuove occasioni."

Nel frattempo si era avvicinato, e le punte dei nostri piedi non distavano molto.

"Si beh..." dissi facendo un passo in dietro e girandomi. "Quelle occasioni si faranno avanti col tempo, no?"

Gli diedi le spalle e lo salutai velocemente.

"Ci si vede in giro, Jones" pronunciai con il suo stesso tono disinteressato.

Qualche parola confusa uscì dalla bocca di lui, ma non feci tempo a sentirla che ero già fuori all'aria fresca.




Quando arrivai a casa, posai le borse e corsi in biblioteca.
Cercai ovunque.
Sotto la scrivania, tra gli scaffali impolverati, tra i cuscini delle poltrone.
Azzardai perfino a controllare dietro la tenda, ma non trovai nulla.

Così mi misi d'impegno.
Controllai ogni mensola di ogni libreria, tutti i cartellini colorati che segnavano il genere del libro, ogni angolino nascosto di quella grande stanza.

Ma nulla.

Cominciai a crucciarmi mentalmente sul dove l'avessi potuto mettere quel dannato libro.

E così il panico mi assalì.

Non potevo averlo perso, era impossibile.

Ricordavo bene che quella sera avevo appoggiato il libro sulla scrivania accanto alla poltrona, e che dopo mi addormentai.
Cosa era successo poi...?

Mani bianche.
Movimenti lenti.

Tristan.

Era l'unica spiegazione...non è vero?

Così salii le scale sbattendo forte i piedi sui gradini.

Arrivai davanti alla sua porta, e bussai forte per tre volte.

Ma ogni traccia di determinazione sparì quando mi persi nel ghiaccio freddo.

Ogni scintilla che si era accesa in me poco prima, si era spenta e raffreddata con una velocità assurda.
Le mani mi tramarono, e le nascosi dietro la schiena per non dare a vedere il mio nervosismo.

Ora che ero lì, non ricordai più per cosa ci fossi andata.

"Si?" disse soltanto, scandendo bene la parola, che risuonò affilata nel mio cervello.

"Ehm... Tu hai preso... un libro dalla biblioteca?" balbettai incapace di parlare a dovere.

Lui assottigliò gli occhi, e sorrise.

"E dimmi, che dovrei fare in una biblioteca, se non prendere libri?" disse sarcastico avvicinandosi a me.

Ma certo, rispondiamo ad una domanda con un'altra domanda.

"No... Vedi... ho perso un libro. Lo avevo messo sopra la scrivania, ma ho controllato, e non c'è più."

Fece finta di pensarci un attimo, e cavolo, era dannatamente attraente mentre lo faceva.

"No, mi spiace. Mai visto un libro sopra la scrivania."

Cosa assolutamente non vera, dato che quel tavolo era pieno zeppo di volumi polverosi.

Ma la mia bocca non emise alcun suono.
Non disse che era assurda una cosa del genere. Non descrisse neanche com'era fatto il libro.

Niente di niente, se non un debole: "O... Ok"

A quel punto mi domandai perché mai lui dovesse prendere una cosa mia.
Mi domandai molte cose, ma nessuna domanda ebbe più importanza quando sentii lui soffiarmi sulla guancia.
Poi la porta sbatté, lasciando che il suo odore dolce si spargesse per il corridoio.

Siamo Sotto la Stessa PioggiaWhere stories live. Discover now