Panico amaro

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Eileen Harrison's POV

Il panico mi mangiò viva.

Era immobile, sdraiato a pancia in sù sul prato e con fiocchi bianchi tra i capelli.

Mi bloccai all'istante quando lo vidi lì. Un primordiale senso di protezione mi si irradiò dentro e non vidi più nulla.

Mi fiondai fuori dalla porta ancora scalza.
Saltai le scale in pochi balzi e, senza badare alle voci in soggiorno, spalancai la porta d'entrata e uscii.
Atterrai sulla neve, e corsi sentendo il gelo sui miei piedi nudi.

Lo vidi in mezzo al giardino.

Mi gettai su di lui e gli afferrai i lembi della camicia bianca che indossava.
Li tirai forte e lo scossi.

Aveva le gote arrossate e i capelli neri in disordine. Gli occhi socchiusi e le ciglia bianche con della neve impigliata.

Ero mortificata.
Il cuore mi batteva fortissimo e una paura cieca mi invase.

"No, no, no!" sussurravo in continuazione.
"Dannazione, Tristan!"

Presi la sua mano e la strinsi forte. Non sentivo nemmeno il freddo, tanto ero preoccupata.

Portai la testa sul suo petto, e sentii un debole battito.
Ora stringevo il suo polso disperatamente.
Alzai la testa nella speranza che si svegliasse.

Che cazzo gli era preso a gettarsi per terra nel bel mezzo di una nevicata?!

Percepii un colpo di tosse soffocato proveniente dal suo petto.

Piano piano i suoi occhi si aprirono a guardarono in giro persi. Vagarono per qualche secondo finché non incontrarono i miei.

Stavo trattenendo il respiro.

Mi osservò il viso per qualche istante e poi fece un'espressione turbata e confusa.
Sospirai sonoramente e appoggiai la fronte al suo petto.
Era ancora sdraiato, fradicio e tremante.
Si sollevò sui gomiti, soffocando qualche gemito.

Compresi in quell'istante che lui era fragile come molte altre persone.

Come me.

Con un istinto materno che non mi apparteneva, portai il palmo della mia mano sulla sua fronte.
Luì non si ritrasse, ma restò lì fermo a guardarmi come se fosse tutto normale.

Mi persi nei suoi occhi chiari e tutto intorno si sbiadì.
Dei colori in direzione della casa cominciarono a muoversi nella nostra direzione.

E noi eravamo lì, cercando qualcosa che non avremo mai trovato negli occhi dell'altro, ma che in fondo ci apparteneva a vicenda.

Delle braccia tirarono su Tristan, ma non smettemmo di guardarci.

Lo vidi andare via e darmi le spalle mentre entrava.

Una mano mi si palesò davanti e ritornai a vedere lucido.
Mariam mi tendeva il braccio, e mi aiutò ad alzarmi.
Con la neve nei capelli, lanciai un ultimo sguardo al cielo prima di rientrare.



Tristan Brightwood's POV

Avevo male alle braccia.
E alle gambe
E alla testa.
E... al petto.

Non potevano lasciarmi lì?

Una mano mi carezzava la guancia e propagava calore sulla mia pelle fredda.

"Tesoro..."

Aprii gli occhi e vidi una persona seduta sul letto di fianco a me e col viso chino.

Aveva capelli biondo freddo e due occhi azzurri che sprigionavano malinconia.
Mia madre era venuta, quindi.

Una figura magra in piedi vicino al mio letto sospirò. Mariam.

"Come si sente, signorino Brightwood?"

Scossi la testa piano, e la sentii dolere.

Cercai di mettermi a sedere, ma mia madre mi tenne fermo per il petto.

"Non ancora, Tristan. Devi riposare"

Mi diceva la stessa cosa da piccolo.

Pazienta, Tristan.

"Dove hai male, Tristan?" mi fece mia madre preoccupata.

Tsk... Aveva questa brutta abitudine di continuare a ripetere il mio nome.

Non risposi.
Scoccai un'occhiata alla finestra e vidi che ora nevicava molto più forte.

Speriamo che questo non li trattenga qui.

Mia madre sospirò vinta.

"Come stai?"

Girai la testa per guardarla negli occhi.

"Va tutto magnificamente, grazie" risposi sarcastico.

"Ci dispiace esser venuti solo oggi. Volevamo venire a trovarti prima, ma gli impegni ci hanno preceduto."

Alzai un sopracciglio.

"Non dispiacetevene, la vostra mancanza non si è sentita"

Mariam spalancò gli occhi, mentre mia madre abbassava la testa.

Mi guardai intorno disinteressato, e ricordai di esser sceso sulla neve e che Eileen mi aveva trovato.

Mi divincolai dalla presa di mia madre e mi appoggiai alla testiera del letto.

"Dov'è lei?"chiedo noncurante delle loro preoccupazioni.
Mariam fece un passo avanti.

"La signorina Harrison, dice?"

Annuii anche se sapevo che era una cosa ovvia.

"Era qui accanto a lei fino a poco fa... Non ricorda nulla?"

Feci una faccia infastidita.

"E cosa dovrei ricordare, esattamente?"

Vidi mia madre e Mariam lanciarsi un'occhiata.

"È stata con lei tutto il tempo. L'abbiamo mandata poco fa a riposare"

"Che brava ragazza..." mormorò mia madre assorta.

Mi sentivo così... debole.
Mentalmente, fisicamente, decidete voi quale sia peggio.

Ma non so che mi fosse preso a gettarmi nella neve.

Forse speravo di dormire.
Non ne ho idea.

Guardai mia madre e le lanciai un'occhiata che lei riconosceva fin troppo bene.

"Lui non è qui, Tristan" mi disse.
Io sbuffai girando la testa di lato. "Lo sai che è molto occupato. Era venuto per parlarti, ma dopo questo... inconveniente, non è più potuto rimanere. Prova a capirlo"

Sgranai gli occhi.

"Capire mio padre? Non mi conosci, madre" biascicai amareggiato.

Allungò il braccio per toccare il mio.

"Lo fa per il tuo bene..."

Si fermò quando mi ritrassi al suo tocco e mi spostai.
Poi incrociai gli occhi di mia madre, così terribilmente uguali ai miei.

"Se pensasse al mio bene farebbe ben altre cose"

Rimase ferma a guardare la sua mano a peso morto sulle coperte per alcuni secondi.

Poi si alzò.

"Fatelo riposare il più possibile. Torneremo quando ne avremo la possibilità" disse a Mariam, che fino a quell'istante se n'era restata immobile in fondo alla stanza.

"Certamente signora"

Quando arrivò alla porta si girò a guardarmi. Ma i miei occhi erano catturati dalla neve.
Sentii il tonfo del legno, e tutto tremò per un secondo.

Quella neve non li avrebbe fermati dall'andare via.

E io lo sapevo

Siamo Sotto la Stessa PioggiaWhere stories live. Discover now