Blu~Capitolo 1

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È stranamente bello pedalare per le strade con il sole sul viso e il vento nei capelli. Anche se il sole è caldo e i capelli troppo lunghi.

"Dio ti ha donato il tuo corpo." "Il tuo corpo è la cosa più preziosa che hai." "Se insulti il tuo corpo insulti un lavoro di Dio." Dio. Dio. Dio. Sempre e soltanto Dio. Lui ha creato il cielo e la terra. Lui ha separato il buio dalla luce. Lui ha creato la vita. Certo, un bel lavoro, nulla da dire...ma allora perché alcune persone le ha impacchettate male? Perché Giorgia si deve svegliare ogni mattina con i capelli, troppo lunghi per lei, davanti agli occhi? Perché lei si deve svegliare ogni mattina con l'immagine di quel Dio che l'ha imprigionata nell'involucro sbagliato davanti? Perché le persone si devono portare sulle spalle tutti i dolori presenti in questo mondo?

Anche quella mattina Giorgia si tirò a sedere sul suo letto fissando la fotografia del Signore, che suo padre le aveva affisso sopra alla porta della camera, e sbuffò.

«Sempre lì stai eh?»

La ragazza scosse la testa alzandosi dal letto e infilandosi le ciabatte. Uscì dalla sua camera per poi dirigersi in bagno e chiudersi la porta alle spalle.

Si guardò allo specchio e sbuffò nuovamente. I suoi capelli, ricci e veramente troppo lunghi per i suoi standard, sembravano un nido di vespe e le davano un'aria abbastanza ridicola. Giorgia si guardò il petto dove la maglietta del pigiama le metteva in evidenza il seno e scosse la testa.

«Non pensarci Gio.»

Afferrò uno dei tanti elastici che stavano dentro un astuccio sul lavandino e si legò i capelli. Quando ebbe finito di lavarsi si infilò un paio di jeans, una felpa rossa e uscì dal bagno.

«Buongiorno papà.»

Disse mentre entrava in cucina dove suo padre stava bevendo un caffè.

«Ciao Gio.»

A Giorgia faceva male al petto quando suo padre la chiamava così. Certo, era il nome che usavano tutti, ma lui la chiamava così per abbreviare. Per lui lei sarebbe sempre rimasta la sua bambina, la sua principessa...tutto fuorché quello che voleva lei.

«Io vado papà.»

Giorgia si mise in spalla il suo zaino e uscì dall'appartamento. Scese in strada e recuperò la sua bicicletta per poi iniziare a pedalare verso la sua scuola, non molto lontana dal suo condominio.

Appena arrivata a scuola Gio incatenò la sua bici a una ringhiera e andò a sedersi sugli scalini della sua scuola. Frequentava il liceo scientifico dell'istituto Marie Curie e andava in quarta A. Una bella classe, non poteva lamentarsi, che nel corso degli anni aveva avuto molti tagli per quanto riguardava i compagni. Bastava pensare che in prima erano in ventisette e ora erano stati ridotti a quindici. Non male, veramente.

«Ehi Gio!»

Giorgia alzò la testa dal cellulare e sorrise alla sua migliore amica, Gaia, che le stava correndo incontro. Gaia aveva la bellissima caratteristica di non riuscire a passare inosservata. Se non era per il suo tono della voce naturalmente alto era per il suo abbigliamento. Quel giorno era un po' un mix di entrambe le cose.

Indossava una maglietta bianca con una grossa macchia arcobaleno nel mezzo, dei jeans con alcune chiazze di arancione molto evidenti, un paio di stivali da cowboy e un giaccone (esagerato visto che era aprile) di colore rosso e blu. I capelli, che la sua amica portava da sempre corti, erano sporchi sulle punte dello stesso arancione che stava sui pantaloni. Giorgia si alzò da terra e si sistemò lo zaino sulle spalle.

«Ehi persona che urla sempre.»

Gaia sbuffò e le tirò un leggero pugno sulla spalla.

«E smettila! Lo sai che è il mio tono naturale della voce, non posso farne a meno.»

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