Rosa~Capitolo 10

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Brandon si svegliò con un mal di testa fortissimo e una strana sensazione. Ossia quella di essere stato preso a pugni. Si tirò su a sedere e gli parve che il mondo iniziasse a girare.

«Merda! Ma quanto cazzo ho bevuto ieri sera?»

Si chiese rendendosi conto che ogni parola che diceva gli faceva aumentare il mal di testa. Si guardò attorno per cercare, almeno in parte, di ricordare dove si trovasse. Ricordava la voce di Filippo che gli diceva che era un coglione, le scale che l'amico l'aveva costretto a fare...ma non ricordava molto altro. Per quanto ne sapeva poteva essere finito a una festa e aver vomitato anche l'anima.

«Oh ti sei svegliato. Bene, lì sul tavolino ci sono gli oki, gentile omaggio del tuo fidanzato, e se devi lavarti la faccia il bagno è in fondo a destra. Ma credo ti convenga farlo a casa perché il padrone di casa ci vuole fuori di qui per le otto.»

Brandon guardò Filippo entrare nel salotto con i capelli mezzi bagnati e una felpa che non era sua e che aveva già visto, solo che in quel momento non ricordava dove. Dopodiché si voltò lentamente verso il tavolino, per evitare di far girare il suo mondo come una trottola, e vide che, effettivamente, c'erano due bustine di okitask che lo stavano fissando. Il ragazzo ne prese una con la speranza di attutire quel dannato mal di testa.

«Fil ma dove siamo? Che cazzo è successo?»

«Ah amico, se ti raccontassi tutto quello che è successo si farebbero le nove. E noi dobbiamo essere fuori di qui per le otto, te l'ho già detto, quindi muoviti e alza il culo dal divano.»

«Non mi hai neanche detto dove siamo...»

Filippo fece spallucce e recuperò il suo inseparabile cappello da un attaccapanni a muro. Solo in quel momento Brandon notò che in quella casa non c'era neanche un quadro, nemmeno una piccola foto.

«Siamo a casa di Gio. E ora muoviti...e fai piano sennò lo svegli.»

«Mi hai portato da Gio? Nello stato in cui ero?»

Gli chiese Brandon cercando di non urlare e alzandosi piano dal divano per avvicinarsi alla porta dove Filippo se ne stava bello e tranquillo con le braccia incrociate.

«Era il posto più vicino. Dubito che tu preferissi tua zia. Comunque...questa è sua, di Gio intendo.»

Rispose Fil indicandosi, con un sorrisetto malefico sulle labbra, la felpa della Pantera Rosa che indossava.

«Che stronzo che sei.»

«Invidioso eh?»

Lo prese in giro il riccio prima di aprire la porta e uscire dall'appartamento.

«Dai andiamo, magari hai anche qualche possibilità di non farti scoprire da Penny.»

***

Appena Gio sentì la porta chiudersi e le voci dei ragazzi sparire si alzò dal letto per appendere di nuovo i quadri alle pareti. La sera prima si era fatto aiutare da Filippo a toglierli e a nasconderli nello sgabuzzino per non farli vedere a Brandon. Suo padre sarebbe arrivato di lì a poco e il ragazzo non poteva rischiare che l'uomo non trovasse tutte quelle foto appese alle pareti.

Quando la porta dell'appartamento si aprì nuovamente, questa volta per permettere a suo padre di entrare, Gio era in bagno a lavarsi i denti e a finire di sistemarsi.

«Ciao papà. Com'è andata al lavoro?»

Chiese il ragazzo capitando in cucina e sedendosi per finire di bere il tè che si era preparato prima. Ettore si passò una mano sugli occhi per poi farla scorrere sulla barba.

«Ieri sera c'è stato qualcuno qui?»

Gli chiese a bruciapelo invece di rispondere alla domanda che gli aveva fatto. Gio rimase immobile con la tazza a mezz'aria.

«Perché?»

«C'è una felpa assolutamente non tua stesa in terrazzo. Credo che sia anche più grande di tipo tre taglie.»

«L'ho comprata ieri...?»

Tentò Gio ma quello che uscì dalla sua bocca sembrava molto di più una domanda che un'affermazione ben precisa. Suo padre sorrise e scosse la testa, forse divertito.

«Chi è venuto?»

«Filippo, Gaia e un amico di Filippo.»

Balla! Balla, balla e balla! Ma è per sopravvivenza. Se papà sapesse che sono stato una notte intera con due ragazzi a casa da solo mi ucciderebbe...e poi ucciderebbe loro.

Si disse Gio cercando di rimanere calmo. Ettore Marchi, uomo molto calmo ma anche molto furbo e sospettoso per natura, fissò Gio per qualche secondo prima di rilassarsi sulla sedia.

«Ok, riporta quella felpa a chiunque l'abbia dimenticata e, la prossima volta, avvertimi che così non li fai andare via prima che io ritorni.»

«Ma come...?»

«Chiamalo sesto senso. Oppure chiamalo signora Marina che spettegola tutto. E, soprattutto, vede tutto.»

Gio avrebbe voluto chiedere a suo padre se la signora Marina aveva visto anche Gaia...ma poi preferì non impelagarsi da solo.

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