1. La ragazza della porta accanto

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Infilai la chiave nella serratura e aprii la porta di casa. L'inconfondibile profumo del cioccolato mi invase le narici, spingendomi ad alzare il mento per potermi compiacere di quell'aroma. - Wendy, sei tu? - urlò mia madre dall'altra stanza. - Sì -.

Lasciai lo zaino ai piedi del divano, accanto al tappeto persiano. - Sto preparando una torta al cioccolato - mi informò, come se non l'avessi capito appena aperta la porta. Si pulì le mani su uno strofinaccio a quadri rossi e bianchi e tornò in cucina. La raggiunsi, sedendomi sullo sgabello della penisola. Mia madre stava versando il contenuto denso e marrone in una teglia imburrata e infarinata, aiutandosi con un mestolo di legno. - Com'è andata a scuola? - mi chiese, abbandonando la grande ciotola per voltarsi ad infornare. Approfittai della sua distrazione per rubare il contenitore e infilarci un dito. Lo passai sulla superficie sporca di cioccolato e me lo portai alla bocca.

- Bene - mugugnai, prendendone ancora un po', mentre lei puliva la cucina dai residui di farina e cioccolato. Non vedevo l'ora che sfornasse quella torta. - Hai fame? Vuoi che ti prepari dei toast? - chiese, continuando il suo lavoro.

- No -.

- Nemmeno un frullato? -.

- Aspetto che la torta sia pronta - dissi e posai la ciotola sporca sul piano in marmo rosato.

- Oh, ma non è per noi -.

Mi stupii di non sentire lo schianto della mia mandibola contro il marmo. Fissai le spalle di mia madre, iniziando a dire addio al piacere di quella torta.

Lei si girò, appoggiandosi al piano della cucina alle sue spalle. - Questa mattina sono arrivati dei nuovi vicini, è per loro - mi spiegò, sorridendo. - Fantastico... - commentai sarcastica.

- Dai, tanto la faccio sempre per te - cercò di rincuorarmi. Annuii sconfortata e mi tenni la testa fra le mani, con i gomiti sul marmo.

- E come si chiamano questi nuovi vicini? - domandai, usandolo come pretesto per non stare muta. - Se non sbaglio, Evans -.

***

Mezz'ora più tardi eravamo davanti il cancelletto dei nostri nuovi vicini.

Una donna dal fisico snello rivestito da un tubino nero si affacciò sul portico, con estrema eleganza nei modi. Aveva i capelli scuri e ricci, la pelle abbronzata e una sottile collana di perle al collo.

- Salve! - squittì mia madre - Ho portato una torta di benvenuto -. Sorrisi leggermente, aspettando che venisse ad aprirci il cancelletto. In realtà si poteva aprire anche dall'esterno, visto che arrivava appena ai fianchi e la chiusura era estremamente facile da aprire.

- Oh, be'... - disse quella, presa alla sprovvista - Grazie, ma... in questo momento non accettiamo visite -.

Non aveva un tono cattivo o di superiorità, semplicemente sorpreso e distaccato, di chi preferiva mantenere le distanze. Il mio sorriso si spense all'istante, non di certo abituata ad un simile trattamento. Tra vicini eravamo sempre andati d'accordo. Eravamo tutte famiglie tranquille, senza grossi problemi, e spesso ci riunivamo per feste di quartiere e grigliate in giardino, soprattutto nei mesi caldi.

- Sì, sì, certo, capisco! - disse velocemente mia madre - Comunque qui c'è la torta che ho fatto io stessa -.

- Grazie - rispose quella, esitando un paio di secondi prima di scendere dal porticato e venire verso di noi. Senza nemmeno degnarsi di aprire, prese la torta che le passò mia madre e stirò le labbra in sorriso di cortesia.

Io e mia madre facemmo un passo indietro. - Benvenuti, spero possiate trovarvi bene - disse mia madre, continuando a sorridere nonostante le stranezze della nostra nuova vicina.

Come la peceWhere stories live. Discover now