3. Salvami

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Chiusi il mio armadietto e mi incamminai verso l'aula di matematica. Lisa non aveva sentito la sveglia e quel giorno era come essere una mina vagante, senza la mia compagna preferita. Mi aveva mandato un sms dopo essersi svegliata con un'ora e mezza di ritardo.

Lei sapeva rendere una giornata migliore, egocentrica ed esuberante com'era.

Anche quando arrivai in classe, fu strano non sentirla lamentarsi per le lezioni private di matematica, ma allo stesso tempo fu una forma di relax. Presi posto, aspettando l'arrivo del professore come tutti i giorni. Era sempre in ritardo e ormai ci avevamo fatto il callo. Ne approfittai per prendere quaderno e penne ed istintivamente iniziai a tracciare linee sul quaderno. Non disegnavo mai, in realtà. Quelli erano solo scarabocchi per ammazzare il tempo.

Percepii quel formicolio dietro la nuca e alzai la testa lentamente. Era la sensazione che si prova quando ti senti osservata, quando il tuo corpo ti manda dei segnali per dirti che un paio di occhi sono posati su di te a tua insaputa. Davanti a me non vi era nessuno, quindi guardai alla mia sinistra e poi a destra.

I miei occhi si fermarono su quello sprazzo di colore intenso. Aiden Evans se ne stava seduto leggermente scivolato sulla sedia, facendo dondolare una biro nera tra pollice e indice. Mi chiesi se avesse già fatto amicizia con qualcuno e la parte più buona di me mi fece sperare di sì. In fondo, non sembrava così antipatico.

Come fai a dire che non è antipatico se non ci hai mai parlato?, mi fece notare il mio subconscio.

In quei due giorni non ero riuscita a smettere di pensare a quello che aveva scritto sulla finestra. Mi ero chiesta se lo aveva fatto perché voleva mostrarsi scherzoso, oppure per prendermi in giro. Forse perché voleva provare a fare amicizia. O peggio ancora perché gli aveva dato fastidio. Dentro di me, qualcosa mi diceva che l'ultima delle opzioni era la più veritiera.

I suoi occhi si alzarono di scatto su di me, riportandomi bruscamente all'interno della classe. Mi voltai con il volto in fiamme. Mi aveva beccata un'altra volta a spiarlo. Non sapevo nemmeno perché stavo avendo quel comportamento. Una strana sensazione mi spingeva a fissarlo e a cercarlo nella folla quando gli altri non se ne accorgevano. Lui era una calamita per i miei occhi.

Non avevo mai provato una cosa del genere e ne avevo quasi paura.

***

Udii il suono di un clacson fuori casa mia e capii che i ragazzi erano arrivati. Scesi in fretta le scale, facendo un tale frastuono con quei tacchi da sembrare ad una corsa ippica. Presi la borsa e mi affacciai dalla porta del salotto. - Mamma, sto andando - dissi. Era seduta sul divano con i ferri fra le mani e un gomitolo di lana che penzolava sul pavimento. La tv era sintonizzata sul suo programma di gossip preferito e i suoi occhi saettavano dallo schermo alle sue mani di continuo. - Comportati bene e ricorda a chiunque guidi di non bere -.

Quelle due prime parole comprendevano quasi la metà delle regole che dovevo rispettare. Non bere, non dare spettacolo, non strusciarsi su qualcuno quando si balla, non finire in una delle camere da letto con qualcuno e non rientrare troppo tardi.

- Certo. Dov'è papà? Se ho bisogno può venire a prendermi? - chiesi, ma la mia voce venne sovrastata dal clacson. Stavo facendo aspettare troppo i miei amici. Non ascoltai la risposta e uscii in fretta, prima che i vicini iniziassero a lamentarsi. Quegli scapestrati avevano la musica a tutto volume e i finestrini aperti. Josh aveva un braccio che gli penzolava fuori e gli occhi su di me. Attraversai il vialetto e dopo aver aperto e richiuso il cancelletto aprii la portiera posteriore. Bryan e Lisa erano lì dietro, mentre al posto di guida vi era Dylan, ovviamente.

- Ciao! - salutai con un sorriso a trentadue denti. Avevo messo un gloss trasparente che faceva sembrare i miei denti come quelli di una pubblicità per dentifricio. - Non è che ti fai trovare già fuori la prossima volta? - chiese Bryan con una buona dose di ironia, mentre la musica continuava a rimbombare all'interno dell'abitacolo. Dylan ripartì senza dire nulla.

Come la peceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora