33. Alzarsi e sorridere

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Bianco.

Il bianco era tutto quello che vedevo in quel momento, sdraiata supina sul mio letto a fissare il soffitto. Avevo appena finito il mio turno al Tina's e non mi sentivo più le gambe. Mi stavo rendendo conto che, dopo la morte di Stephen, tutti i segreti degli abitanti di West Chester stavano venendo a galla. E, se fino a due mesi prima, ignoravo la presenza di corse di auto illegali, di assassini, di ragazzi impantanati in brutti giri, in quell'esatto istante, avevo la piena consapevolezza di vivere in una città che avevo da sempre ritenuto perfetta.

Fissare il bianco mi calmava, mi faceva credere di essere altrove, lontana da Lisa, da Dylan, dai miei genitori, dai genitori di Stephen. Lontana da tutti quei segreti che avevo scoperto. Pensai che era tutta colpa di Stephen e che, se non fosse morto, avrei continuato serenamente la mia vita. Mi diedi della stupida per aver pensato una cosa del genere.

Stavo avendo un crollo mentale e rendermene conto mi faceva sentire forte e debole allo stesso tempo. Io e Dylan non parlavamo da quasi due settimane, Lisa continuava a saltare la mensa o a correre in bagno dopo aver mangiato, anche se era tornata a casa sua dopo un solo giorno. Un raggio di sole mi colpì gli occhi, costringendomi a socchiuderli.

Mi appoggiai sui gomiti, notando come si fossero allungate le giornate. Erano le sette della sera e stava ancora tramontando. Fissavo fuori dalla finestra, incantata da quella tavolozza di colori caldi.

Sei forte, Wendy.

Presi un sospiro, sorrisi e mi alzai. Non potevo buttarmi giù. Feci una doccia e mi cambiai, indossando dei vestiti comodi. Avevo usato il mio bagnoschiuma preferito, quello alla fresia, e mi ero cosparsa di crema idratante. Avevo in mente di cercare su internet una maschera per il viso fai da te, ma ci rinunciai immediatamente. Quando scesi, mia madre era seduta sul divano con la televisione accesa, ma accanto a lei vidi la signora Sanders.

- Salve - borbottai. Ero decisamente in imbarazzo. Mi aveva preso alla sprovvista: non veniva a trovarci da un mare di tempo. Lei e mia madre erano sempre state in ottimi rapporti, ma dopo la morte di Stephen, sua madre era decisamente cambiata. Mia madre mi raccontava di quanto tempo passasse alla centrale di polizia alla ricerca dell'assassino.

- Ciao, Wendy -. Fu strano non vederla sorridere. L'ultima volta che avevamo parlato era stata durante la grigliata di quartiere e non mi era sembrata spossata quanto ora.

- Vai a preparare due tazze di camomilla, Wendy? - mi chiese mia madre. Solo allora mi resi conto di star fissando la donna. Annuii, dirigendomi in fretta verso la cucina. Riempii la teiera d'acqua e la misi sul fuoco, cercando di ascoltare cosa dicevano nell'altra stanza.

- Troveranno presto il colpevole - la rassicurò mia madre.

- Ma nessuno mi ridarà più mio figlio! - esclamò angosciata. Quello che aveva detto e il tono che aveva usato mi provocarono una fitta allo stomaco.

Mi appoggiai al bancone, cercando di guardare la scena senza farmi notare da mia madre, che era seduta nella mia direzione.

Le passò una mano sulla schiena, accarezzandola lentamente.

- Me l'hanno ridato dopo quasi due mesi e non hanno concluso nulla! - sbottò, scoppiando in lacrime.

Il corpo di Stephen Sanders era finalmente uscito dall'obitorio, dove per settimane intere si era cercato di trovare sulla sua pelle indizi riguardo l'uomo che lo aveva privato della vita. Era pronto per una degna sepoltura.

Il fischio della teiera mi fece balzare in aria, prima che spegnessi il fuoco e versassi l'acqua bollente in due tazze con l'infuso. Le portai in salotto, porgendole alle due donne e dileguandomi in silenzio.

Come la peceWhere stories live. Discover now