42. The end

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Il fatto che avessi passato tutto il resto della giornata chiusa in camera mia senza toccare cibo e senza uscire fece insospettire i miei. Mia madre era venuta a controllare che fossi viva nel tardo pomeriggio, ma l'avevo mandata gentilmente via dicendole che stavo bene.
In realtà non era assolutamente vero.

Sospirai, asciugandomi le guance con il dorso delle mani. Avevo la testa così pesante e dolorante da sentire un martello pneumatico contro le tempie. Ad ogni minimo movimento, sembrava che il cervello volesse staccarsi. Non avevo mai pianto fino al punto di aver fitte tanto lancinanti. Ma tutto quel dolore non mi impediva di smettere, da perfetta masochista.

Stavo male, avevo bisogno di sfogarmi e chiusa in quelle quattro mura l'unica cosa che mi restava era piangere. Non avevo mai provato una cosa del genere in vita mia e fui letteralmente colta alla sprovvista. Il mio mondo si era sgretolato in tatti piccoli pezzi e toccava a me rimettere in ordine quel puzzle infinito.

Bussarono alla porta proprio in quel momento. Era calato il buio fuori e sicuramente mia madre era salita ancora una volta a chiamarmi per la cena.

- Non ho fame - dissi, girandomi nel letto e dando le spalle alla porta.

La porta si aprì ugualmente e dal rumore dei passi pesanti capii che non era mia madre. Girai la testa, scorgendo da dietro le spalle il volto sciupato di mio padre. Non avevo nemmeno fatto caso a quanto sembrasse stanco in quell'ultimo periodo. Passava intere giornate al lavoro, anche nel weekend, ed era quasi un miracolo vederlo lì prima dell'ora di cena.

- Posso parlarti? -.

- Non mi va molto di parlare... - mormorai, sperando che bastasse per farlo andare via e poter sprofondare di nuovo nel mio mondo.

- È da tempo che io e la mamma dovremmo dirti delle cose, ma adesso è arrivato il momento -.

Quel commento mi fece capire che non aveva nulla a che fare con il mio stato, con quello che era successo e con Aiden. Perciò, l'unica cosa che mi rimase da fare fu mettere i piedi giù dal letto e seguirlo fino al salotto con un'espressione perplessa. Quella mattina, quando ero corsa da Aiden, mi aveva già chiesto di parlare e io avevo spostato quella conversazione in secondo piano.

Mia madre stava stirando una delle camicie di mio padre, ma quando ci vide lasciò tutto e venne a sedersi con noi sul divano spazioso al centro del salone.

Mi passai una mano fra i capelli arruffati. Affrontare altre discussioni era l'ultimo dei miei pensieri.

- È successo qualcosa? - chiesi titubante. La testa rischiava di scoppiarmi ad ogni battito e avevo la gola secca come se non avessi toccato acqua per due giorni interi.

- No, sta' tranquilla. - rispose dolcemente mia madre - È solo arrivato il momento di spiegarti alcune cose -.

La fronte era tornata a corrugarsi un'altra volta. O forse non si era mai rilassata.

- Gli Hale stamattina mi hanno detto che Aiden ti ha informato su quello che è successo -.

Hale. Sapeva tutto anche lui? Che i nostri vicini erano due agenti dell'FBI? Che proprio in quel momento stavano interrogando il Capo, ovvero l'uomo che gestiva il circolo illegale di West Chester e che il padre di uno dei miei amici fosse il suo braccio destro? Le voci dovevano essersi sparse in fretta, come sempre d'altronde. Potevo considerarlo un fattore positivo, dato che era l'unica cosa che non era cambiata in quella cittadina.

Come la peceWhere stories live. Discover now