35. Rabbia, autocommiserazione, rabbia, isolamento

7.1K 404 146
                                    

Tornai a sedermi, con quel piccolo foglio di carta in mano. A che gli serviva un documento falso?

L'anno di nascita era sempre lo stesso, di certo non la usava per bere.

Sentii la porta del bagno aprirsi e il umore dei suoi passi sul parquet. Lo vidi comparire un attimo dopo con i capelli bagnati.

- Che libro leggi? - mi chiese, ma si fermò quando vide che non avevo nessun libro in mano.

- A che ti serve un documento falso? - chiesi ridacchiando. Alzai la carta d'identità a mezz'aria, mostrandogliela.

Schiuse la labbra, fissandomi terrorizzato. Era inerme, incapace di pronunciare una sola parola o muoversi.

Il sorriso si spense lentamente sul mio viso e abbassai il braccio. Perché non rideva? Perché non mi aveva ancora risposto? Perché mi stava fissando come se avessi una bomba in mano?

- Aiden? -.

- Per gli alcolici -.

Corrugai la fronte, sentendo i brividi scorrermi sulla colonna vertebrale. Stava mentendo.

- La data di nascita è sempre la stessa - balbettai confusa. Non era la persona che dimostrava di essere.

Gettai il documento per terra, scattai in piedi e afferrai il mio cellulare.

- Fermati, Wendy. - disse - Posso spiegarti -.

Non lo guardai nemmeno, sicura che se lo avessi fatto sarei scoppiata in lacrime. Non riuscivo a guardarlo.

- A che ti serve, Aiden? - gli urlai, sentendo le corde vocali vibrare.

Boccheggiò, prima di serrare le labbra.

Lo guardai con diffidenza, sentendo già il dolore diffondersi nel petto. Cosa nascondeva?

Lo spintonai, superandolo per andare via da quella casa. Non volevo passare un altro minuto lì, con un ragazzo di cui non sapevo più nulla.

- Aspetta - mormorò, afferrandomi per un polso.

- Lasciami stare. Non so cosa stai facendo, ma non voglio avere più nulla a che fare con te - urlai di nuovo, strattonando il braccio verso di me per liberarlo.

- Sono io, Wendy. Sono io -. Mi stava urlando contro, sbattendosi la mano sul petto. Aveva il volto rosso e stava quasi per piangere. Non capivo cosa voleva dire.

- Non sei tu, non sei la persona che conosco se non vuoi dirmi cosa te ne fai dei documenti falsi -.

Fece un passo indietro, passandosi il palmo sul viso per controllarsi. Lo faceva sempre quando stava per perdere la calma.

- Sono io. Aiden Hale è il mio vero nome -.

Sbattei le palpebre, poi annaspai alla ricerca d'aria. Avevo capito, lui era un'altra persona. Vedevo le pareti girare attorno a me e la vista offuscarsi. Feci un passo indietro, pervasa da un conato di vomito.

No, no. Non può essere.

Raggiunsi il bagno, accovacciandomi davanti il water per buttare fuori il cibo della mensa che avevo nello stomaco.

Dovevo uscire da quella casa. Mi sentivo in un film dell'orrore, nella casa di un perfetto estraneo. Quel pensiero mi fece aumentare la nausea. Ero sconvolta. Mi girava la testa e sentivo di non poter rimettermi in piedi senza cadere.

- Wendy... - sospirò Aiden, avvicinandosi per tirarmi indietro i capelli.

Lo spinsi via con un braccio e cercai di alzarmi.

Come la peceWhere stories live. Discover now