37. La partita

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Il suono dell'ultima campanella della giornata mi regalò un attimo di gloria. Un secondo di piacere in quella giornata da dimenticare.

Corsi fuori, superando i ragazzi che camminavano in modo rilassato e quelli che avevano ancora tempo da perdere in chiacchiere. Lisa non era ancora uscita, ma dovevo aspettarla. Eravamo rimaste d'accordo che sarebbe venuta a studiare a casa mia. Sapevo che era una scusa per farmi distrarre un po', dato che lei e lo studio erano pessimi amici.

La aspettai sul marciapiede con il telefono in mano. Fu in quel momento che mi venne un lampo di genio. All'inizio non avevo trovato Aiden sui social e in seguito, quando eravamo diventati amici, mi aveva detto che i social non gli erano mai piaciuti.

Qualcuno in mezzo tutta quella gente avrebbe potuto vedermi cercare Aiden Hale sul cellulare. Avrebbe potuto pensare qualsiasi cosa, ma non volevo che qualcuno mettesse in dubbio la sua identità.

Tornai alla schermata iniziale ed ebbi un sussulto. Avevo dimenticato di avere quella foto come sfondo. Io ed Aiden con le guance una appoggiata all'altra, le bocche sorridenti e gli occhi ancor di più. Avevamo scattato quel selfie nel piccolo bar di fronte scuola, appena quattro giorni prima.

Ero un'ingenua. Mi ero fidata di lui.

Aprii la galleria e cliccai sulla prima foto decente che avevo con Lisa, impostandola come sfondo. Non avevo nessuna voglia di vedere la sua faccia ogni volta che guardavo il telefono.

Bloccai lo schermo e alzai allo sguardo, ma anziché trovare Lisa, vidi Aiden. Stava scendendo la scalinata con lo zaino in spalla.

Una fitta atroce mi colpì inaspettatamente al centro del petto, provandomi di ossigeno. Mi ripetevo mentalmente di inspirare ed espirare. Dov'era finita Lisa?

Se fosse uscita prima, non lo avrei visto.

Avevo il respiro affannato. Aiden scomparse tra la folla e un secondo dopo vidi Lisa sbucare fuori e venire verso di me.

- Che hai? - mi chiese.

- Credo che avrei dovuto mangiare qualcosa -.

- Andiamo a casa e mangiamo qualcosa -.

La guardai negli occhi. Non sapevo se credere a quel "noi", ma non mi soffermai sul quel piccolo particolare e iniziai a camminare al suo fianco verso casa mia. Quando svoltammo l'angolo, vidi Aiden camminare a pochi metri da noi. Mi mancava.

Quel pensiero mi aveva sfiorato inevitabilmente la mente. Mi ero abituata alla sua presenza, a vederlo affacciato alla finestra, a sentirlo al mio fianco mentre camminavamo verso casa.

Spinse il cancelletto, poi entrò. Non mi aveva nemmeno guardata per sbaglio. Davvero non voleva parlarmi? Davvero non aveva bisogno di spiegarmi cosa stava combinando?

Probabilmente avrei avuto paura di lui, del suo segreto. E forse allontanarsi era veramente la soluzione migliore.

***

Il vapore salì in una densa nuvoletta verso il soffitto della mia camera e il pensiero che mi sarei alzata di lì senza capelli mi sfiorò per un secondo la mente. Quel pomeriggio non avevo alcuna voglia di andare alla partita di baseball, ma Dylan aveva insistito.

Ormai erano due giorni che non parlava di altro e, ora che sembrava essere tornato tutto come prima, non volevo deluderlo. E poi, Lisa mi aveva detto che era inutile stare a casa.

Era ancora incerta, dato che non sapeva il motivo per cui io e Aiden avevamo chiuso, ma almeno cercava di confortarmi. Il pomeriggio precedente avevamo studiato insieme, poi mia madre ci aveva preparato un frullato. Lo aveva portato su in camera mia insieme a due fettone di panettone al cioccolato. Lisa aveva mangiato tutto e, quando si era alzata per andare in bagno pensai che avrebbe vomitato tutto, ma aveva lasciato la porta aperta mentre si lavava le mani.

Come la peceWhere stories live. Discover now