5. Insonnia

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Quel giorno al Tina's non vi era molta confusione, ma i pochi che se ne stavano seduti ai tavoli non facevano altro che parlare della scomparsa di quel giovane studente.

Josh, Bryan, Dylan e Lisa chiacchieravano ad un tavolo. La maggior parte dei tavoli era costituita da divanetti di pelle, tipici dell'arredamento americano anni '80.

Mi pulii le mani sul grembiule e andai da loro.

- In effetti, se ci pensi bene ha senso - disse Lisa, nel pieno della loro conversazione.

- No, no, non mi convince questa cosa - si oppose Josh.

- Cosa? - chiesi curiosa, scivolando accanto alla mia migliore amica. Alla sua destra era seduto Bryan, difronte a noi Dylan e Josh.

- Che Stephen possa essere scappato perché non andava d'accordo con i suoi. È una cosa che capita a tutti noi, ma non scappiamo di casa per giorni per una discussione - spiegò con fare ovvio, le sopracciglia inarcate.

- E quindi? Qual è la tua teoria? -.

- In realtà non ce l'ho ancora, una teoria, ma deve esserci per forza qualcosa sotto - continuò, giocando con la cannuccia del suo frullato.

- Forse stai semplicemente giocando a fare il detective - lo canzonò Dylan, seduto al suo fianco. Indossava la giacca della squadra di baseball e se ne stava seduto con un braccio oltre lo schienale. Josh lo fulminò con lo sguardo, senza dire nulla. Spostò lo sguardo fuori dalla finestra e si perse nei suoi pensieri.

Sentii lo scaccia-sogni tintinnare e mi alzai, pronta ad andare a servire i nuovi clienti.

Sentii il cuore accelerare alla vista dei due poliziotti davanti la porta. Gli sorrisi, senza mostrarmi sorpresa. Sapevo perfettamente perché erano lì.

- Buonasera - li salutai, senza smettere di sorridere.

Mi guardarono diffidenti, giudicandomi ad un solo sguardo. Uno di loro prese un respiro profondo dopo avermi studiata e spostò lo sguardo altrove, esaminando il locale. Era il più vecchio dei due e il più alto, i capelli erano brizzolati e il viso stanco. La scomparsa di Stephen lo doveva tenere parecchio impegnato.

- Dovremmo fare alcune domande. Al proprietario, a qualcuno qui, a te... Tu lavori qui, vero? - annunciò con tono superiore e distaccato, come se ogni persona in quella stanza gli stesse nascondendo qualcosa. Compresa io.

- Chiamo la titol... -.

- C'è qualche problema? - si intromise Tina, il mio capo.

- Be', vorremmo semplicemente fare qualche domanda in giro -.

- Non nel mio locale, bellimbusto -.

L'uomo si schiarì la voce, chinò la testa e si porto le mani sui fianchi. Evidentemente quella non era tra le opzioni disponibili.

- Stiamo indagando per la scomparsa di un diciottenne - continuò ad insistere.

- E io le sto dicendo che non le è permesso disturbare i miei clienti - ribatté, puntando un dito nella sua direzione.

- Qualcuno di voi due può semplicemente dirci se avete mai visto qui questo ragazzo? -.

Indicò il suo giovane collega con un gesto del pollice. Quello mise in mostra una foto di Stephen. Era stata sicuramente ritagliata da una foto di gruppo e lo sfondo era costituito da un piccola fetta di cielo azzurro e il verde di una grande siepe.

- Sì, tutti i ragazzi vengono qui. Che domande... - rispose Tina con fare ovvio. Aveva una faccia a metà tra sconvolta e disgustata. Tutti sapevano che tutti frequentavano il suo locale.

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