06. È meglio che la porta la apra io.

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Una volta usciti dal negozio, James si dirige verso un parcheggio, e lo seguo, non sapendo a quale gelateria siamo diretti.
Qui a Cleveland fa un caldo micidiale in estate. Tipo girone infernale. Tipo che dopo un paio d'ore passate sotto al sole puoi prendere fuoco, così che la gente si possa avvicinare a te con i bastoncini e arrostire i marshmellow.

Sì, perché ovviamente la gente si mette ad arrostite marshmellow sulle persone mentre prendono fuoco.

Arrivati al parcheggio, James si dirige sicuro verso una macchina nera. La apre e ci entra, e mi invita a fare lo stesso.

Appena ci entro allungo la mano verso la radio, ma lui me la schiaffeggia e mi lancia un'occhiataccia.

«Non vorrei essere scortese, ma non toccare la mia bambina.»

Lo guardo basita. Provo ad allungare di nuovo la mia mano verso la radio, ma lui me la schiaffeggia di nuovo.

Giro di scatto la testa verso James.
«Se proprio non posso toccare la tua radio, puoi almeno mettere della musica tu?» brontolo.

Lui gira la testa verso di me per un momento, per poi ritornare a guardare la strada.
Toglie la mano destra dal volante e la allunga verso la radio, per poi accenderla. Parte la canzone Shape Of You di Ed Sheeran di almeno un anno fa e inizio a cantarla, o come una qualsiasi ragazza con delle doti canore fantastiche, inizio ad urlare parole a caso che non si avvicinano neanche lontanamente alle parole della canzone.

Giro la manovella posta sulla portiera alla mia destra, e piano piano si abbassa il finestrino. Lascio che l'aria mi arrivi in faccia, e miei capelli iniziano a muoversi indemoniati come se in testa avessi i serpenti di Medusa.

Però sarebbe una figata averceli, così ogni persona di cui ho pianificato la morte nei minimi dettagli potrei trasformarla in pietra, e usare le statue come se fossero degli arieti e usarli per aprire le porte quando io non ci riesco perché confondo il "tirare" con lo "spingere".

Mentre continuo a cantare inizio a muovermi come un pesce fuori dall'acqua.

All'improvviso sento qualcosa sulla mia bocca, e noto che è la mano di James, che mi ha messo per farmi stare zitta.
«Brianna, non vorrei risultare di nuovo stronzo, ma fai schifo a cantare, e anche a ballare. E al momento i tuoi capelli sono così spettinati che sembra che tu abbia preso una scossa.» Toglie la sua mano dalla mia bocca, e torna a guidare tranquillamente come se non mi avesse appena insultato.

Giro lentamente la testa verso lui, e lo guardo malissimo. Sono sicura che la mia bocca abbia assunto la forma di un cerchio perfetto.
Penso a come fare in modo di ottenere una piccola rivincita, e mi viene un'idea.

Ghigno nella sua direzione, e lui mi guarda leggermente preoccupato.

Forse perché l'ultima volta l'hai riempito di vernice davanti i suoi amici.

«Allora James, tu hai detto di tenere alla tua macchina, giusto?» chiedo, continuando a fissarlo.

Lui si muove nervosamente sul sedile, ma cerca di non darlo a vedere. «Tengo alla mia macchina come ogni qualunque altro ragazzo.»

«Quindi ci tieni come se fosse la tua ragazza!» Ridacchio.

«Beh, in mancanza di una ragazza, tratto la mia adorata auto come tale.»

Non mi lascio distrarre, ed inizio a slacciare le stringhe della mia scarpa destra.

Lui mi lancia una rapide occhiata, e quando si accorge di quello che sto facendo, spalanca gli occhi.

«Che... che stai facendo?» chiede agitato.

«Tu hai detto che tieni alla tua auto, no?» chiedo retorica.

Non gli lascio neanche il tempo di rispondere che continuo con il mio discorso.

«Non ti dispiace se io dovessi slacciarmi le scarpe.» sciolgo le stringhe anche della scarpa sinistra, «Togliermele.» tolgo entrambe le scarpe dai piedi. «E appoggiare entrambi i piedi sul cruscotto!» sclamo.

Lui impallidisce. «Tu non oserai mica...»
Non finisce di parlare perché io nel frattempo ho appoggiato i piedi sul cruscotto della macchina, accavallando le gambe.
E dato che lui è abbastanza basito dal mio gesto, mi avvicino alla radio e cambio stazione finché non trovo una canzone che mi piace, e lui non mi ferma. Probabilmente sta ancora metabolizzando ciò che ho fatto alla sua cara macchina.

Dopo un po' riprende l'uso della parola, che aveva momentaneamente perso. «Ma tu sei figlia del demonio!» esclama.

Io ridacchio. «In effetti mia madre se è incazzata e ha il ciclo può benissimo essere scambiata per il Diavolo!»

Sbatte le palpebre incredulo, e mormora un «ma fantastico.»

Dopo che è passata mezz'ora da quando siamo partiti, parcheggia la sua adorata auto vicino una gelateria mai vista prima.

Scendiamo, e giusto perché oggi non avevo fatto ancora una figura di merda in un luogo pubblico, una spallina del mio zaino rimane chiusa nella portiera, contro la quale vado a sbatterci contro.

James mi guarda e scoppia a ridere. «Ma allora Paul aveva ragione quando diceva che sei la sfiga fatta persona!»

Rido senza emozione. «Molto simpatico, davvero. Ora ti dispiacerebbe aprire la portiera della macchina? Grazie.»

Lui mi si avvicina e mi aiuta.

Ci avviciniamo alla gelateria, e quando sto per aprire la porta lui mi blocca la mano. «Dati gli avvenimenti passati, forse è meglio che la porta la apra io. Non vorrei veder veder cadere qualcos'altro a causa tua.»

Lo guardo offesa, ribadendo che il quadro non è caduto a causa mia, e gli colpisco il braccio con un pugno, e fa una smorfia di dolore. «Cazzo, per essere una ragazza bassa, hai parecchia forza!» Nel frattempo si massaggia con l'altra mano il punto in cui l'ho colpito.

«Ho un padre con cui ogni volta faccio a gara per uscire prima di casa appena la mamma chiede se uno dei due può fargli un favore. Ho dovuto mettere muscoli per spingerlo via e uscire prima dalla porta. E in più ogni volta che mio cugino viene a trovarci finiamo sempre per picchiarci per chi deve prendere l'ultimo pezzo di torta rimasto, dato che mia mamma sforna dolci ogni volta che viene qualcuno a casa nostra.»

«Famiglia strana la tua!» esclama, senza alcuna traccia di cattiveria.

«Già. Però siamo molto unito ed è una cosa che adoro. Su questo posso considerarmi fortunata.»

James mi sorride. «Anche la mia famiglia è unita.»

E detto questo entriamo definitivamente nella gelateria, e ovviamente è stato lui ad aprire la porta.

Mai andare dal tatuatore se la sfiga ti perseguitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora