23. Ambarabà ciccì coccò, quanta sfiga che io c'ho!

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Sono comodamente sdraiata sul mio letto, con la pancia di sotto e le gambe piegate all'aria, e non ho idea di cosa fare.

Oggi dovevo lavorare solo la mattina, e ora mi sto annoiando.

I miei genitori sono entrati almeno due volte ciascuno, dicendo che al posto di stare qua a far niente potrei fare i compiti.
Inutile dire che ho riso tutte le volte.

Decido di scrivere a Carly, dato che ora che ci penso è un po' di tempo che non ci vediamo.
A quanto pare sono stata troppo presa dalla famiglia Reid.

Decido di fare una video chiamata, ma vedo che non risponde, e dopo circa trenta secondi rimetto giù.
Riprovo più volte, ma non risponde mai.

Che strano, Carly vive attaccata al cellulare.

Poi guardo l'ora, e mi rendo conto che è pieno pomeriggio e siamo in estate.

Carly starà di sicuro dormendo.

Mi guardo in giro, alla ricerca di qualcosa da fare, e la mia vista di sofferma sul computer.

Se questo non è l'universo che mi sta dicendo di stare a casa...

Mi siedo davanti alla scrivania, accendo il computer e aspetto che si apri la pagina di google, dopodiché scrivo il solito sito streaming che uso e vedo che non si apre.
Provo a cercare altri siti, ma succede sempre la stessa cosa.
Provo a cercare in internet se si sa il perché di tutto questo, e scopro che molti siti streaming sono stati chiusi perché illegali.

A quanto pare l'universo ha cambiato idea.
Adesso mi sta dicendo di uscire e avere una vita sociale.

Digito tutti i nomi dei siti streaming che conosco, ma manco uno si apre.

Inizio a disperarmi, pensando a quante serie tv non avevo ancora finito, come per esempio Pretty Little Liars, di cui non so chi sia "-A".

Valuto la possibilità di farmi un account Netflix, ma poi mi ricordo che sono troppo povera anche solo per l'account gratis.

Spengo il computer e inizio a girare sulla sedia, spingendo con i piedi, e mi metto in attesa di un'illuminazione divina che mi dica cosa fare.

La sedia rallenta e fisso i miei piedi fino a quando non si ferma definitivamente, e quando rialzo lo sguardo vedo la mia libreria.

Mi alzo in piedi e mi dirigo verso di essa, e osservo i libri che devo ancora leggere.

Mi viene in mente la filastrocca che si usa quando si è bambini per decidere qualcosa, e così faccio lo stesso.

«Ambarabà ciccì coccò, quanta sfiga che io c'ho!» inizio a dire, spostando il dito tra un libro e l'altro.
Poi mi fermo e rifletto sulle parole che ho appena detto.
«Sono abbastanza sicura che non fosse così l'inizio della filastrocca...» mormoro.

Chiudo gli occhi e tocco i libri a caso, fino a quando non fermo la mano.
Apro gli occhi e guardo il libro che leggerò, ovvero Lontano da te di Jennifer L. Armentrout.

Mi sdraio sul letto e inizio a leggere, e devo ammettere che già il primo capitolo mi ha completamente conquistato.

Sento delle urla che provengono dal piano di sotto, ma non presto attenzione alle parole e a chi le dice, troppi immersa nella lettura del libro, e sussulto quando sento aprire la porta di camera mia.
Smetto di leggere e alzo lo sguardo, pronta ad incenerire chiunque abbia disturbato il mio momento di lettura.

Vedo che si tratta di mia madre, che è a dir poco infuriata, e aspetto che mi dica qualcosa.

Mia madre inizia a camminare avanti e indietro per la camera. «Ma non hai sentito che ti chiamavo?» sbraita.

Ah, ecco chi urlava a squarcia gola prima.
Pensavo che stessero uccidendo qualcuno.

«No, stavo facendo altro» ammetto.

Mia mamma mi guarda stralunata. «E cosa stavi facendo di così importante da non sentire le mie urla?»

«Leggevo» ribatto, alzando il libro che ho in mano, come prova di quello che ho appena detto.

A questo punto mia madre scoppia a ridere, con tanto di mani premute sulla pancia e lacrime agli occhi.

Incrocio le braccia al petto e inarco un sopracciglio, aspettando che lei smetta.

«Brianna, cosa ti avevo detto a proposito di una figlia che si droga?»

Alzo gli occhi al cielo. «Che è meglio avere una figlia che fa l'assassina» cantileno.

«Comunque», riprende lei, «mi serve una mano in cucina. Stasera ho invitato Julie e Paul a cena e ovviamente i figli. Dammi una mano a cucinare.»

Non mi lascia il tempo di ribattere che  ritorna in cucina.

Sospiro, cerco qualcosa da usare come segna libro, anche perché piegare gli angoli delle pagine per me è un sacrilegio, e scendo in cucina.

Vedo pentole e ciotole ovunque, e già mi sento male, perché io sono una frana in tutto.

Mi faccio il segno della croce mentalmente, e mi avvicino piano a mia madre, che si sta spostando velocemente da una parte all'altra della cucina.

«Allora, tesoro, tu inizia a fare il dolce, okay? Non è niente di complicato, è una semplice torta di mele.»

Sospiro di sollievo, perché questo dolce l'ho fatto più di una volta e devo ammettere che ormai mi viene piuttosto bene, e inizio a prendere tutto il necessario.

Inizio a sbucciare le mele e poi inizio a tagliarle a pezzetti, per poi metterci sopra del limone.

In una ciotola mischio gli ingredienti, e per ultimo aggiungo le mele e il lievito.
Metto l'impasto in una teglia e sopra ci metto una mela tagliata a fettine, per poi ricoprire tutto con lo zucchero di canna, per far si che le mele si caramellino nel forno.

Dopo aver messo la teglia in forno abbasso lo sguardo sui miei vestiti e noto che sono ricoperta di farina.

Ora sono in pan dan con il resto di me.

Mi giro verso mia madre. «Ti servo aiuto per qualcos'altro?» chiedo.

«No, tranquilla.»

«Okay, vado a farmi una doccia.»

Salgo in fretta le scale, rischiando di rompermi l'osso del collo, e vado in camera a prendere dei vestiti puliti.

Entro in bagno, apro l'acqua calda e mentre mi spogli faccio partire la mia playlist.

Dopo essermi fatta una doccia scendo di nuovo in cucina, incurante dei miei capelli che sgocciolano ovunque, e sento suonare il campanello, e mia madre che urla. «Brianna, vai tu ad aprire, sono impegnata!»

Bene, diamo inizio a questa cena.
Mi auguro che non finisca con qualcuno che prova ad esorcizzare qualcun'altro.

Mai andare dal tatuatore se la sfiga ti perseguitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora