12. Il treno

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C'è sempre un momento, in cui il treno inizia a uscire leggermente dai binari. E in teoria potresti benissimo cogliere quegli insignificanti segnali che preannunciano il disastro imminente.

Quella mattina, ad esempio, il bar era più silenzioso del solito.

Il gruppo di vecchiette che solitamente si riuniva per giocare a briscola non si era fatto vedere, il fornitore aveva rimandato, e, da quando lui e Jessica avevano litigato, Scott aveva iniziato a passare le ore rinchiuso nel retro a "sistemare alcune carte".

L'unico motivo per cui non andavo a disturbarlo era che volevo evitare di ritrovarlo a piangere su una loro foto. Avevo troppa stima di lui, per permettere a me stessa di vederlo sotto un'ottica così patetica.

Per fortuna, ad ammortizzare la pesantezza di quelle ore, Mike era venuto a farmi compagnia.

«Sono i tuoi appunti per il colloquio?» chiese, sfogliando i fogli che avevo abbandonato sul bancone mentre preparavo due tazze di caffè.

Subito mi lanciai nella sua direzione, strappandoglieli di mano.

«Non leggerli! Porta male!» esclamai, nascondendoli nel grembiule.

Lui mi lanciò un'occhiata scettica.

«Non ti devi mica sposare, Cami.»

Arricciai il naso e tornai a dargli le spalle. Mancava sempre meno al mio colloquio alla Murphy's & Co, ed io ero letteralmente terrorizzata.

«Quindi...» proruppe lui, schiarendosi la gola, «Per caso hai parlato con Cressida? Sai, per quanto riguarda quel suo amico mangia-baguette.»

Io ridacchiai, lanciandogli un'occhiata da sopra la mia spalla.

«Sì, è andata un'ora fa all'aeroporto a prenderlo. Era così emozionata...» risposi.

Lui storse il naso, puntellando i gomiti sul bancone.

«Mi chiedo cosa mai ci trovi in lui.» sbuffò.

Lo osservai confusa.

«Ma se neanche lo conosci! Non puoi sparare sentenze a caso.» risi.

Lui sbuffò.

«È francese. I francesi sono tutti degli idioti.» borbottò.

Scossi la testa con fare deluso.

«Non ti facevo un tipo razzista, Phils.» lo presi in giro.

Mike mi scoccò un'occhiataccia, per poi affondare il volto nelle braccia, lasciando che i riccioli neri sfiorassero la superficie di legno del bancone.

Proprio in quel momento, i campanelli posti sopra la porta tintinnarono, ed io mi voltai istintivamente in quella direzione. Non appena ebbi messo a fuoco la testa rossiccia della ragazza ferma sull'uscio, però, non potei fare a meno di sgranare gli occhi.

«Jessica.» dissi, sorpresa.

La ragazza si voltò verso di me, piantando quei suoi occhi verdi dal taglio felino nei miei. Mi sorrise, e per un secondo mi parve di scorgere una nota sarcastica nella sua espressione.

«Ciao, Camille.» ripose, strascicando il mio nome.

Mike mi lanciò un'occhiata confusa, ed io scrollai le spalle.

«Sai dove posso trovare il mio fidanzato?» chiese, sbattendo le ciglia.

Io la guardai stranita.

Proprio in quel momento, dietro di noi, la porta del retro si spalancò, e Scott comparve sull'uscio con occhi sgranati. Sembrava essere stato richiamato dalla sua voce.

Questa non è una storia d'amore Where stories live. Discover now