34. Questo non dovevo dirlo. Non dovevo proprio dirlo.

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Quella mattina arrivai in ufficio in ritardo. Cosa assurda, davvero. Io non arrivavo mai in ritardo.

Perfino Harry ne fu sorpreso.

«Ehi Cami, tutto bene?» chiese, venendomi incontro nell'atrio.

Io annuii, con poca convinzione. In realtà no, non andava bene per niente. Sentivo la testa scoppiare, gli occhi gonfi e le palpebre pesanti.

Avevo chiuso occhio, quella notte? Potrei dire di sì, ma avevo deciso che la strada migliore, arrivati a quel punto, era essere sincera con me stessa. Quindi no, non avevo chiuso occhio. E la ragione era abbastanza ovvia.

«Devo...» deglutii, sentendo le mie stesse parole vibrarmi nella testa. «Hai visto Scott? Dovrei parlargli.»

Harry mi guardò confuso, ma annuì.

«Sì, ha accompagnato Henny a fare colazione. Credo siano da Starbucks.»

Mi sentii congelare sul posto. Aggrottai la fronte, accentuando la fitta alle tempie.

«Oh.» mormorai, stringendo la tracolla della mia borsa. «Okay...»

«Aspetta, eccoli.» sorrise il ragazzo, indicando la porta automatica che si stava aprendo dietro di me.

Mi voltai, mordendomi nervosamente il labbro. Scott entrò nell'edificio tenendo gli occhi fissi su Henny. Lei aveva il braccio intrecciato a quello di lui, che dall'altro lato la teneva stretta a sé, sotto all'ombrello che reggeva con l'altra mano.

Sentii un groppo crescermi in gola.

Henny stava ridendo per qualcosa che lui aveva detto, e quando mi vide corse subito verso di me, senza smettere di sorridere.

«Ehi, Camille! Ti ho preso un caffè. Scott mi ha detto che ti piace con molto latte.» disse, porgendomi uno dei due bicchieri che teneva in mano.

Io cercai di ricambiare il sorriso, prendendo il bicchiere. Mi voltai verso Scott, ma il suo sguardo rimase fisso su Henny. Di nuovo quel groppo in gola.

«Stavamo giusto parlando di voi.» proruppe Harry, affiancandomi. «Camille doveva parlare con te, Scott.»

Quest'ultimo, finalmente, si decise a portare lo sguardo su di me. Mi squadrò, in attesa, e i suoi occhi mi catapultarono per un secondo alla sera prima.

Guardai Henny. Guardai le sue gambe chilometriche, le sue labbra perfette, il suo sorriso, i suoi occhi, i suoi capelli dorati...

Deglutii a vuoto e scossi la testa.

«Niente. Non... non fa niente.» farfugliai.

Meno male che avevi deciso di essere sincera.

Per un secondo mi parve quasi di vedere la delusione sul volto di Scott.

«Okay, beh, ora che siete entrambi qui possiamo finalmente parlare!» esclamò Henny, senza rendersi conto di niente.

«Parlare?» chiese Scott, voltandosi confuso verso di lei. «Parlare di cosa?»

«Il signor Larsen mi ha chiesto di avanzare una proposta.» spiegò, avvicinandosi alla scrivania di Harry lì accanto. Poggiò la sua borsa firmata sulla superficie e iniziò a frugare fra i vari documenti. «Visto che da quest'anno amplieremo il mercato europeo e voi qui siete in due, il signor Larson ha pensato che poteva essere una buona idea se uno di voi si trasferisse nella nostra sede a Oslo, in modo da dividervi equamente i mercati e avere maggior controllo sui soci europei.»

Io battei le palpebre un paio di volte, cercando di capire cosa stesse dicendo.

«Aspetta... cosa?»

Questa non è una storia d'amore Where stories live. Discover now