28. La prima battaglia

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La parte fondamentale dell'iniziare una guerra consiste nell'avere un piano d'attacco. E, modestamente, ero sempre stata una regina in quello.

Dopo i disastrosi esiti della della prima riunione con il direttivo amministrativo ammetto che mi ero lasciata leggermente abbattere. Ma dopo aver passato gli ultimi vent'anni della mia vita aspettando solamente di riuscire a raggiungere il lavoro dei miei sogni non avrei lasciato che un gruppo di uomini maschilisti e misogini mi mettesse i bastoni fra le ruote.

La mattina dopo io e Scott avremmo dovuto presentare la nostra idea per il piano degli investimenti del prossimo anno, ma visto che era stato lui a decidere di iniziare quella faida approfittandosi dell'appoggio di quegli scimmiotti io avrei presentato la mia idea da sola, e lui la sua. E visto che io avevo basato la mia tesi di laurea su quell'argomento, mi sentivo abbastanza sicura di me stessa.

Questo certo non mi trattenne dal passare la notte insonne a preparare la mia presentazione, ovviamente.

Quella mattina mi presentai in ufficio con un termos colmo di caffè nero e due strati di correttore sotto agli occhi, ma ero pronta. Entrai nella sala conferenze spalancando la porta, a testa alta. Tutti i presenti si zittirono, alzando sorpresi gli occhi su di me. Io li squadrai dall'alto, senza emettere un fiato, e mi avvicinai direttamente al proiettore. Infilai la chiavetta con la presentazione nel computer, spensi la luce e feci partire la presentazione. Sentii lo sguardo di Scott su di me, ma lo ignorai.

«Ora la cosa funzionerà così: io vi spiego il mio progetto, voi lo ascoltate in silenzio, cercate di capire cosa vi sto dicendo e poi alla fine, eventualmente, potrete parlare. Chiaro?»

Quell'uomo, Steven Maddison, dalla sede di Dallas, fece per dire qualcosa, ma io lo interruppi subito.

«Bene. Allora, il mio programma si basa su tre punti: sostenibilità, evoluzione e progresso. Hugh parlava spesso del suo sogno di esportare l'azienda nei paesi del terzo mondo, in modo da agire per aiutare le economie più deboli ad autosostenersi e, allo stesso tempo, investire per essere i primi ad entrare in un mercato non-concorrenziale. Questo tipo di imprenditorialità solidale è esattamente ciò che sognavo quando ho deciso di entrare in questo campo, motivo per cui ho preparato da tempo un piano di azione accurato e preciso.»

«Ma investire in un-» cominciò Maddison, aggrottando la fronte.

«Se ha qualcosa da dire, Steven, lo dirà alla fine della presentazione.» sentenziai, senza rivolgergli neanche uno sguardo.

Alcuni uomini ridacchiarono. Scott era fra loro.

Quella fu l'ultima volta che qualcuno cercò di interrompermi. Per l'ora successiva parlai solo io, facendo scorrere le slide con tutti i dettagli del mio progetto. Qualcuno iniziò a prendere appunti, alcuni degli uomini si scambiarono delle occhiate sorprese. Maddison tenne lo sguardo basso per tutto il tempo. E Scott...

Diciamo che cercai di evitare di guardarlo.

«Quindi, per concludere, il mio è un piano su base annuale ispirato agli appunti di Hugh. Tutto quello che ci serve è convincere i soci europei ad investire nel progetto, e con quei soldi saremo coperti per tutte le spese. A quel punto potremmo dare inizio al progetto Murphy.»

Detto questo, spensi il proiettore. Adrien, accanto alla porta, premette l'interruttore per accendere le luci. Mi rivolse un sorriso a trentadue denti, che io ricambiai soddisfatta. Mi avvicinai al mio posto a capotavola, e mi sedetti fiera di me stessa.

L'uomo accanto a me, che ancora non avevo mai sentito parlare, mi sorrise. Lentamente, iniziò ad applaudire.

«Davvero un gran bel lavoro, signorina Cooper.»

Questa non è una storia d'amore Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora