37. La persona con cui mi ubriaco di solito

14.2K 789 1.1K
                                    

Scott sembrava un bambino quando dormiva. 

Se non fosse stato per quell'accenno di barba che gli stava ricrescendo sulle guance, a guardarlo gli avresti dato sedici anni. Diciassette, al massimo. Tutto merito di quell'espressione serena e pacifica che aveva stampata sul volto, le ciglia così lunghe, le labbra schiuse...

Con la punta delle dita gli sfiorai i lineamenti del viso, spostandogli un ciuffo di capelli che gli copriva la fronte.

Sospirai.

Che diamine avevo fatto?

Mi tirai a sedere e mi passai una mano fra i capelli. Il fuoco nel camino era oramai spento da ore, e la stanza aveva ricominciato a raffreddarsi. Recuperai i miei vestiti e li rinfilai velocemente. Osservai la pioggia battere contro la finestra del salone. Fuori, oltre la collinetta del giardino, il sole aveva iniziato a sorgere.

Osservai il ragazzo sdraiato a terra, sul tappeto. Più lo guardavo più sentivo la pelle bruciare. Lì, nei punti dove le sue labbra l'avevano sfiorata. Mi chinai i avanti e, quasi inconsciamente, premetti appena le labbra sulle sue. Scott non fece una piega.

Presi una coperta dallo sgabuzzino e gliela stesi sopra. Dopodiché recuperai le mie cose, cercai l'ombrello che avevo abbandonato nell'ingresso e uscii.

Ripeto: cosa diamine avevo fatto?

Il mio cervello era nel caos più completo. Insomma, era sbagliato. Nel giro di una notte ero riuscita a complicare qualcosa che era già complicato di per sé. 

E allora... perché sembrava così giusto?

Presi il primo pullman che passò, che mi fece fare il giro largo della città. Il ché mi diede il tempo necessario per A) pensare, B) insultarmi e C) osservare con nostalgia le gocce di pioggia che scendevano lungo il finestrino come la protagonista di un video di Adele.

Alla fine scesi alla fermata davanti all'ufficio.

Entrai tenendo la testa bassa, e quasi non mi accorsi di Harry che mi aveva affiancata praticamente subito. 

«Ehi Cami...» si schiarì la gola.

Io sobbalzai.

«Ehi...» mi voltai verso di lui, «C-come va?»

Lui alzò un sopracciglio, osservandomi attentamente.

«Tutto bene?»

Strinsi le labbra, schiarendomi la gola.

«Mh-mh.» annuii. «Dovevi dirmi qualcosa?»

Il ragazzo esitò per un attimo. Si guardò attorno per un paio di secondi, per poi infilare le mani nelle tasche.

«Volevo chiederti... Cressida. So che hai detto che lei non è interessata, però ieri... non so. Sento un certo feeling. Me lo sto immaginando? Sai, non voglio illudermi di avere una possibilità se poi-»

«Harry.» lo fermai, poggiandogli una mano sulla spalla. «Ascolta, diciamo che lei è appena uscita da una specie di relazione, che in realtà non era proprio una relazione. Però credo che... sì, credo che tu le piaccia.»

Vidi i suoi occhi illuminarsi.

«Davvero?» chiese, con voce strozzata. «E cosa dovrei fare? Dirglielo? Invitarla a uscire? Oh Cami ti prego aiutami a-»

Ma io lo fermai subito.

«Se c'è una cosa che ho imparato negli ultimi mesi è che ogni volta che mi intrometto nelle questioni d'amore altrui finisce sempre tutto a puttane. Quindi credo che dovresti fare quello che più ti senti. Sii te stesso, e vedrai che per lei sarà impossibile non innamorarsi.»

Questa non è una storia d'amore Where stories live. Discover now