18. Il colloquio (aka: la catastrofe)

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Questo è l'ultimo capitolo del 2019, amici. Come vi avevo anticipato su Instagram ho deciso di lasciarvi, quest'anno, con il fiato un po' in sospeso... Non odiatemi haha.
Vi lascio questa canzone. Ascoltatela mentre leggete l'ultima parte del capitolo. Fidatevi, poi capirete.
Ci vediamo nel 2020. Buona lettura!

Il fatidico giorno era arrivato. Il colloquio che aspettavo da tutta la vita era ormai alle porte. Avevo poche ore per prepararmi. Tutto doveva essere perfetto...

Se non fosse che la mia vita stava lentamente cadendo a pezzi.

Uscendo di casa, quella mattina, ebbi come la sensazione che ogni singolo osso del mio corpo fosse sul punto di frantumarsi. Avevo voglia di piangere e lasciarmi morire di stenti.

Avevo preparato un piano perfetto. Nove ore di sonno, yoga, una colazione sana, una maschera per il viso, una doccia, una manicure, un completo elegante ma casual e via, pronta per il colloquio.

Ma quella notte non ero riuscita a chiudere occhio. Avevo chiamato Mike e Cressida centinaia di volte e lasciato decine di messaggi, ma nessuno dei due aveva mai risposto. Avevo pianto un po'. Avevo fissato il soffitto. Riflettuto sugli errori della mia vita.

Risultato: quella mattina l'emicrania sembrava uccidermi. Avevo lo stomaco chiuso, quindi niente colazione. Ero passata a casa di Cressida e Mike, ma zia Clover e zia Riley mi avevano detto che non stavano molto bene. Che era un modo carino per dirmi che non volevano vedermi.

Avevo chiamato Nick. Non mi aveva risposto, probabilmente era alle prove con la band. Valutai la possibilità di lasciargli un messaggio in segreteria, ma poi mi dissi che non ero il tipo. Cercai di inghiottire quella parte di me che c'era rimasta male quando la sera prima non era rimasto da me. Non ero il tipo neanche per quello.

Alla fine, la cosa migliore che mi venne in mente per distrarmi dai pensieri fu andare a lavorare. Feng rispose a un messaggio che le avevo mandato, dicendo che mi avrebbe raggiunta lì. Aveva delle cose di cui parlare.

Per lo meno, mi era rimasta lei.

Come entrai nel locale, Scott mi guardò sorpreso.

«E tu che diavolo ci fai qui?» chiese, venendomi incontro.

«Tu sì che sai come far sentire voluta una donna, Altman.» lo canzonai. Perfino la voce mi uscì meno acida del solito.

Il mio capo si accorse subito che c'era qualcosa che non andava.

«Dio, Willow. Hai una faccia...»

Tirai su col naso, schiarendomi la gola con un colpo di tosse.

«Non ho dormito molto.»

«Perché non sei a casa a prepararti per il tuo super colloquio?»

Abbassai lo sguardo. Chiusi gli occhi per un secondo, le tempie smisero di pulsare per un attimo.

«H-ho bisogno di tenere la mente occupata.» ammisi.

Sperai che non insistesse, che non facesse altre domande. Fortunatamente, Scott capì che non ero in vena di chiacchiere.

«Okay. Ma per favore, stai seduta. Non hai una bella cera. Ti preparo un thè.»

Non mi sentii di ribattere.

Mi sedetti al bancone, poggiando la fronte calda contro la superficie fredda di legno. Con la coda dell'occhio osservai Scott che, fischiettando, riempiva una tazza di acqua calda. Di solito odiavo quel suo perenne buonumore, ma quel giorno sembrava essere qualcosa di cui avevo bisogno.

Questa non è una storia d'amore Where stories live. Discover now