31. Vento del nord

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Dicembre si ricordò di essere dicembre quando era già quasi a metà.

Quella mattina entrai in ufficio praticamente correndo. Il mio naso aveva perso completamente sensibilità.

«Buongiorno, capo.» Harry fu il primo a vedermi.

Scott e Adrien, in piedi accanto alla sua scrivania, si voltarono verso di me. Il ragazzo ridacchiò.

«Dovresti veramente prenderti un'auto, Willow.»

«Perché dovrei contribuire alla produzione di gas serra quando ci sono dei comodissimi autobus a disposizione?» chiesi, catapultandomi sulla tazza di caffè bollente che Adrien mi stava porgendo.

«Perché fuori ci sono cinque gradi e la fermata del bus è a un chilometro da qui?»

«Dettagli.» scrollai la testa. Presi un sorso del caffè, e subito mi sentii meglio.

«E' il vento del nord.» disse Harry, osservandomi dal basso.

Lo guardai con espressione interrogativa, per poi voltarmi verso Scott. Lui annuì.

«Sono arrivati.» disse soltanto.

Io sgranai gli occhi.

«Cosa?» esclamai, colta alla sprovvista, «Dovevano arrivare domani, no?»

«Hanno anticipato il volo.» spiegò Adrien, porgendomi dei fascicoli. «Vogliono chiarire le clausole prima della chiusura del loro trimestre.»

Mi voltai di nuovo verso Scott, boccheggiando.

Era passata una settimana da quando io e lui avevamo fatto pace, ed era stata la settimana più produttiva degli ultimi mesi. Avevamo scoperto che lavorare insieme ci rendeva il doppio più produttivi e, per quanto mi dolesse ammetterlo, mi ero sbagliata: Scott la sapeva lunga. Era bravo quasi - quasi, eh - quanto me, e in meno di sei giorni eravamo riusciti a definire i dettagli del piano operativo che avevo proposto, ricevendo l'approvazione da parte del direttivo amministrativo. Maddison aveva storto il naso, ma alla fine anche lui aveva votato a favore.

Il passo successivo era stato mandare i dettagli del piano agli investitori europei, in modo tale da metterli al corrente delle novità. Io e Scott ci eravamo occupati personalmente delle traduzioni, troppo competitivi per cedere. Lui si era occupato di Inghilterra e Spagna, visto che erano le uniche due lingue che conosceva, mentre io mi ero presa carico di Portogallo e Francia. E poi, giusto per garantirmi un vantaggio su di lui, mi ero offerta per occuparmi anche delle trattative con la Norvegia. Erano i nostri più grandi sostenitori, il dirigente della sede a Olso era un vecchio amico di Hugh.

Unico problema: le mie conoscenze del norvegese si limitavano ad una piccola quantità di reminiscenze di un corso base che avevo seguito all'università. Ero stata sveglia per due notti intere cercando di farne venir fuori qualcosa di sensato.

Alla fine tutti ci avevano inviato un buon responso.

Tutti, tranne gli amministratori della sede in Norvegia.

Avevano deciso di venire fino a Chino Hills per discuterne di persona, dandoci solo due giorni di preavviso.

E ora erano arrivati con un giorno d'anticipo.

«N-non sono pronta.» farfugliai impanicata, guardando il ragazzo accanto a me.

Lui si avvicinò, poggiandomi le mani sulle spalle.

«Coraggio Willow, sì che lo sei.»

«No.» ripetei, «Oggi dovevo ripassare il discorso e... e... pensi che possa parlare con loro in inglese? Lo sapranno, no?» tentai.

Questa non è una storia d'amore Where stories live. Discover now