32. Ikke det første kysset

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Non riesco a vedergli il volto, so solo che mi sta baciando.

Mi sta baciando e le sue labbra sono... ahhh.

Le sue mani mi percorrono lente, decise, ruvide. Mi sfiora la pelle dei fianchi, della schiena, il sedere. La montatura dei suoi occhiali preme contro il ponte del mio naso. La sua bocca... non sono mai stata baciata così. Con forza. Con virilità. Con... passione.

Ansimo contro le sue labbra. Sento che le mie gambe sono sul punto di cedere, ma le sue braccia mi sorreggono. Preme il suo corpo contro il mio. Mi sovrasta. La sua pelle è bollente.

Vorrei aprire gli occhi, ma sono troppo ipnotizzata per farlo. Dalle palpebre socchiuse potrei intravedere i suoi occhi, ma le lenti sono appannate dai nostri respiri.

Poi la sua voce inizia a sussurrare qualcosa. Sembra lontana, non capisco quello che dice. Continua, imperterrito. Mi sta chiamando, sta dicendo il mio nome.

No, non è il mio nome.

«Willow...» sussurra contro le mie labbra.

E a quel punto, apro gli occhi.

* * *

Mi svegliai di colpo, in un bagno di sudore. Sentivo il cuore battermi a mille nel petto, il respiro accelerato e le lenzuola aggrovigliate ai miei piedi. Ci misi alcuni secondi per realizzare cosa fosse appena successo.

Oh. Mio. Dio.

Quel sogno... le immagini ripresero a scorrere nella mia testa, e io affondai il volto nel cuscino, cercando di soffocarle.

«No. No, no, no, no.» farfugliai, maledicendomi mentalmente.

Sì. Sì, sì, sì, sì.

Mi alzai di colpo e mi avvicinai allo specchio appeso sull'anta dell'armadio di camera mia. Puntai il dito contro la mia immagine riflessa, con aria minacciosa.

«Cooper, sei fuori di testa!» mi ammonii da sola.

Il tuo subconscio ha parlato, sorella. Accettalo.

Ignorai la vocina nella mia testa, catapultandomi in doccia. Ecco, era quello che mi serviva. Acqua fredda per annegare i pensieri impuri.

Quindi ammetti di aver fatto pensieri impuri?

Accesi il phon. Mi serviva rumore per zittire i pensieri. Dio, se solo ci fosse stato un modo per cancellare le immagini...

Mi vestii in fretta e furia. Indossai i vestiti che avevo preparato la sera prima - un completo blu e un paio di decoltè nere - e mi truccai. Per tutto il tempo ripensai a quelle labbra, quelle mani, quella pelle...

Evitai di passare davanti a camera dei miei, sicuramente la cosa peggiore in quel momento sarebbe stata sorbirmi l'interrogatorio di mia madre. Ci aveva già provato la sera prima, prima di  convincermi a tornare a casa da loro a dormire. Lei non apprezzava particolarmente la mia sistemazione provvisoria all'appartamento

Avevo chiesto a Mike di accompagnarmi in ufficio quella mattina, e lo trovai ad aspettarmi nel vialetto, puntuale come al solito. Mi scaraventai in auto ancora sconvolta, tenendo lo sguardo fisso davanti a me. 

Il ragazzo mi osservò in attesa.

«Ehm... buongiorno?» abbozzò un sorriso.

Io strinsi le labbra. Dio, no, Camille non pensare alle labbra.

«Ciao.» mi sforzai di dire. «Parti.»

Lui parve confuso, ma non replicò. Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti, ma al primo semaforo rosso lui si voltò verso di me.

Questa non è una storia d'amore Where stories live. Discover now