CAPITOLO TERZO - parte 1

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Rouge passeggiò nella notte a lungo, e rientrò a casa del padrone all'alba.
Era seduto al tavolo della cucina, con il giornale aperto davanti al volto.
-Hai gli occhi?- chiese freddamente senza nemmeno scoprirsi la faccia.
-Sì-.
Solo allora il padrone chiuse il giornale e lo appoggiò sul tavolo, lanciando al cane uno sguardo di approvazione. Si alzò e le fece cenno di mostrarglieli.
Rouge aprì i guanti muniti di artigli, e mostrò la coppia di occhi posta nei suoi palmi.
Il padrone li prese con delicatezza e si diresse subito alla porta che dava sul seminterrato. Era lì che conservava tutti gli occhi, in barattoli cilindrici riempiti di una sostanza conservante.
Rouge si diresse nella sua stanza e si sfilò i guanti e la maschera.
Si mise a sedere sul letto, sbadigliando. In quel periodo si sentiva molto stanca, probabilmente a causa del fatto che ultimamente stava mangiando poco più di niente. Non che non ci provasse; ma ogni volta che metteva sotto ai denti qualcosa, finiva per rimettere tutto, acidi gastrici compresi.
Il rumore della porta dello scantinato confermò che il padrone fosse tornato di sopra.
Il rumore di quella della stanza di Rouge, invece, confermò che vi fosse entrato.
-Niente male gli ultimi occhi, cane- disse con entusiasmo, passandosi una mano dietro alla nuca.
Rouge annuì con un lieve cenno del capo.
-Adesso devo uscire. Ho della roba da consegnare- disse mentre già si stava avviando verso l'uscita.
La ragazza approfittò per sfilarsi la felpa ed i pantaloni, e mettersi a letto. Sollevò la coperta e si sdraiò sotto, poggiata sul lato destro.
Chiudendo gli occhi, sentiva il suo corpo rilassarsi, abbandonarsi al calore della coperta.
Fece un respiro lento e profondo, e si lasciò catturare dal sonno.
Dormì beatamente per più di quattro ore, recuperando in parte le energie di cui aveva bisogno, e venne poi svegliata dal rumore metallico proveniente dalla toppa della porta principale. La chiave era stata inserita, e girata.
Il padrone era rientrato.
Rouge scansò le coperte e si mise a sedere ad un lato del letto; sapeva che si sarebbe arrabbiato se l'avesse trovata a dormire.
Non fece neppure in tempo ad alzarsi in piedi, tuttavia, perché il padrone andò dritto nella camera. Era una cosa insolita.
Non appena l'esile uomo dal volto sciupato dalla droga varcò la porta, Rouge notò uno strano nervosismo in lui.
Il padrone andò dritto verso il letto, e senza dire neppure una parola afferrò saldamente la ragazza per le spalle e la sbattè con violenza sul materasso. Sempre senza dire nulla, le sfilò le mutande con un gesto rapido e per nulla carino, e le saltò addosso facendosi spazio tra le sue gambe magre.
Era nervoso, arrabbiato. Forse era successo qualcosa con i clienti.
Rouge non osò ribellarsi in alcun modo, e lasciò che si sfogasse. Sapeva fin troppo bene qual'era l'alternativa.
Il padrone afferrò una ciocca dei suoi capelli e la strinse, ansimando e respirando affannosamente sul suo collo. Poi estrasse il coltellino a serramanico che teneva in tasca e fece scattare fuori la lama.
"No, ti prego" pensò Rouge.
Il coltello si avvicinò al suo petto caldo, e la lama penetrò superficialmente nella pelle morbida. Il sangue uscì subito, diramandosi sul petto e sul seno. Il padrone iniziò a leccarlo, mentre incideva altri tagli sulle braccia della ragazza, stavolta più profondi. Leccò anche quelli, ridendo come un pazzo sadico, finché non raggiunse il culmine del piacere.

...

-Domani ne voglio un altro paio- disse riallacciando i jeans -Li voglio castani, di uomo-.
Rouge annuì. Il padrone doveva essere davvero stressato, non chiedeva mai occhi per due giorni consecutivi.
La ragazza si diresse verso il bagno, ancora nuda, e si buttò frettolosamente sotto al getto d'acqua della doccia. Lavò via il sangue che aveva sul petto, e fece scorrere l'acqua fredda sulle nuove ferite, che bruciavano.
All'improvviso, senza un motivo apparente, a sua forza d'animo vacillò per pochi attimi; ma questo fu sufficente.
Si ritrovò accasciata a terra, sul fondo della doccia, a piangere.
La sua vita era un inferno, il suo corpo era ammalato, la sua mente era ammalata. Quanti anni avrebbe resistito ancora, prima di impazzire del tutto?
La sua sicurezza era costruita su fondamenta fragili, su un mucchio di bugie, su una falsa forza. Si era convinta di essere una grande assassina, si era convinta di avere in mano le redini della sua vita, si era convinta perfino che quella era stata una sua scelta.
Ma la verità che la sua mente sofferente si imponeva di non accettare, era tutt'altro:
Rouge era schiava di un mostro fin dall'età di undici anni, che la aveva trasformata in un mostro a sua volta.

Rouge - Sangue e Ferro (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now