CAPITOLO DODICESIMO - parte 2

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Tyler salì in macchina muovendosi con fare nervoso. Sapeva dove si trovava il rifugio del datore di lavoro, ma sapeva anche che andarci sarebbe stata una missione suicida.
E non solo: quel bastardo, o uno dei suoi scagnozzi, avrebbe ucciso Rouge e la sua amata ex moglie, se lui si fosse diretto là. Non poteva permettere tutto questo.
Restò fermo in macchina a lungo, con la fronte poggiata sul volante. Che cosa avrebbe dovuto fare?
L'odio che provava nei confronti di quell'uomo era scoppiato. Non avrebbe potuto accettare anche questo.
Aveva ucciso Giusy.
Minacciava di uccidere la sua ex moglie.
Si approfittava di lui.
Mieteva vittime su vittime caricando la colpa sulle spalle degli altri, a fini di lucro.
E come se tutto questo non fosse già sufficiente, aveva fatto del male a Rouge.
Tyler ripensò alle ferite e cicatrici che aveva visto sulle braccia di quella povera ragazza, ed il suo cuore si strinse. Chissà quanto aveva dovuto soffrire, chissà cosa le aveva fatto, in questi anni.
Una scarica d'adrenalina percorse interamente il suo corpo.
Doveva agire.
Adesso.
Premette il piede sull'acceleratore e partì facendo fischiare le gomme. La sua destinazione era la casa in cui attualmente viveva la sua ex moglie.
Doveva avvertirla.

...

Il padrone scattò in avanti ed afferrò il collo di Rouge. Lei si dimenò, ma realizzò presto di essere bloccata in quella morsa.
Le dita dell'uomo si strinsero, ed i palmi premettero contro alla carotide, bloccandole la respirazione.
-Credevi davvero di farla franca?- gridò, sbattendole la testa più volte contro al muro. Mollò la presa solo quando il volto della ragazza era diventato rosso, poi l'afferrò per i capelli.
Rouge iniziò a singhiozzare, fragile ed impotente, mentre quel mostro la spingeva a terra per prenderla a calci nello stomaco.
Si ritrovò lì, distesa sul pavimento freddo, a contare i colpi che riceveva.
Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Il settimo arrivò in volto.
Poi ancora.
Otto.
Nove.
Dieci.
Undici.
Con gli occhi chiusi e le mandibole serrate, la ragazza si sentì afferrare nuovamente per i capelli, e sbattere al muro.
Il padrone la afferrò ancora per il collo, stavolta senza stringere, e con il viso incollato al suo le disse: -Pensi sia finita? È appena cominciata!-.
Scoppiò a ridere, mentre afferrata i polsi tremanti di Rouge. In quell'esatto istante la ragazza notò un varco: sarebbe potuta sfuggire al suo controllo e scappare via. Ma non lo fece.
Troppa era la paura.
Era così spaventata da non avere il coraggio di muoversi.
Il padrone avvolse diverse volte del nastro adesivo spesso attorno ai suoi polsi, in modo da bloccarli uniti tra loro, poi fece lo stesso con le caviglie.
-Sei il mio cane, non scordarlo mai-.
L'uomo la sollevò da terra e la distese sul letto, poi tagliò i suoi vestiti con il coltellino a serramanico che teneva sempre in tasca.
-Sei il mio cane- ripetè mentre si sfilava i jeans.

Rouge - Sangue e Ferro (IN REVISIONE)Onde as histórias ganham vida. Descobre agora