3 - Ponente, 6 anni e 27 giorni fa (II)

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«Mi dispiace di averti graffiato» ripeté lui.

«Mi dispiace di averti rovinato i vestiti» ribatté lei, ripromettendosi di smettere di ordinare doppia porzione di salsa verde su qualsiasi cosa.

Il ragazzo sembrò accorgersi solo in quel momento che camicia, casacca e pantaloni erano completamente macchiati di condimento appiccicoso. Agata stava ancora cercando di capire che lingua stessero usando per comunicare; o meglio: lei era certa di parlare ponentese, ma non era in grado di dire con certezza che lingua stesse utilizzando il levantino. Eppure lo comprendeva perfettamente.

«Il mio nome è Tseren e vengo da molto lontano» si presentò lui accompagnando la frase con un inchino.

«Dalla Zona Montuosa di Levante» completò Agata.

«Come lo sai?» chiese Tseren sorpreso, spalancando gli occhi cobalto.

«Dai vestiti...» E lo sguardo le cadde di nuovo sul disastro che aveva combinato con la salsa.

«Riesci a capire da dove arrivano le persone dai loro vestiti?» Il ragazzo sembrava colpito.

«Ti accompagno a sciacquarli». E, senza ammettere replica, Agata si diresse verso il chiosco dove aveva comprato gli spiedini di calamari e chiese al proprietario di usare il bagno di servizio. L'uomo sembrò impietosito dalla condizione degli abiti del levantino e li fece entrare.

«Non è un problema, sul serio...» continuava a ripetere lo straniero mentre Agata gli porgeva un telo umido.

Quando furono di nuovo all'aperto, la ragazza sorrise impacciata. Non capitava tutti i giorni di conoscere qualcuno di Levante, e, sebbene fossero partiti con il piede sbagliato, voleva a tutti i costi approfittarne per fare due chiacchiere.

«Vivi qui o sei di passaggio?» domandò.

«Sono arrivato stanotte, dopo quasi un mese di viaggio» rispose Tseren.

Agata soppesò quelle parole. Quasi un mese, dunque troppo poco per aver circumnavigato; probabilmente aveva oltrepassato la catena montuosa a bordo di un velivolo e poi aveva proseguito con mezzi di fortuna.

«Attraversare a piedi le montagne è stato un incubo» precisò lui.

«Attraversare a piedi?!» esclamò Agata. «È impossibile attraversare le montagne a piedi, non esistono sentieri percorribili!» Aveva dato l'esame di Geografia di Levante il giorno prima ed era certa che gli unici due modi per spostarsi da un continente all'altro fossero volare sopra le montagne o navigare lungo la costa.

Tseren rimase un attimo in silenzio, come se fosse stato colto sul fatto. «Io conosco un modo...» tagliò corto.

Agata era sempre più perplessa e le tornò in mente che ancora non era sicura di che lingua stessero usando per comunicare. Quella conversazione stava diventando surreale e pensò che fosse arrivato il momento di tornare a casa. Stava per congedarsi, ma il ragazzo si era avvicinato allo stand del cibo e le faceva insistentemente cenno di raggiungerlo.

«Mi compreresti qualcosa? Non mangio da due giorni» E si voltò a guardarla titubante.

Agata era sempre più allibita, eppure stranamente non riusciva ad andarsene. Forse si sentiva in colpa per avergli rovinato i vestiti, o forse voleva capire se il giovane avesse veramente attraversato le montagne a piedi.

«Cosa vuoi, figliolo?» chiese l'uomo dietro la griglia. «Gli spiedini di calamari o la macedonia di crostacei? Che tipo di salsa?»

«Cosa sta dicendo?» E Tseren fece cenno ad Agata di accostarsi ancora di più.

«Mi stai prendendo in giro? Se capisci me, capisci lui!» sbottò la ragazza; cominciava a sentirsi presa in giro.

«Ti assicuro che non è così» rispose lui tranquillamente.

«Allora avete deciso? C'è altra gente che aspetta di essere servita!» intimò loro il proprietario del chiosco.

«Cosa preferisci? Questo, questo o quello?» lo incalzò Agata spazientita.

«Tutti e tre» rispose lui come se fosse scontato che Agata gli offrisse da mangiare. E la ponentina, suo malgrado, si ritrovò a comprargli una porzione di spiedini e una di crostacei pur di non essere sgridata di nuovo dal venditore.

«Grazie davvero!» esclamò Tseren addentando il primo gambero «Stavo morendo di fame. Finché ero in campagna sono riuscito a mangiare regolarmente, ma da quando sono entrato in questa città, non so come fare senza soldi...»

«Sei senza soldi?» la ragazza cominciava a essere preoccupata, forse lo strano levantino era un mendicante e l'aveva puntata.

«Sì, ho solo qualche moneta di Levante, che qui non ha alcun valore» sospirò lui.

«E come hai fatto in campagna?» Agata avrebbe voluto alzarsi e andarsene, ma le domande le sfuggivano una dopo l'altra. Non era mai stata così incuriosita da un'altra persona in vita sua.

«Principalmente cacciando. In qualche villaggio ho trovato delle persone che mi hanno offerto da mangiare. Bastava che facessi qualche gesto...» E mentre parlava il giovane mimò l'azione di portarsi una posata alla bocca. «Qui però non ha funzionato. Non appena capiscono che non ho soldi, mi cacciano via in malo modo»

Agata continuava a guardarlo sbigottita. Il bello era che raccontava tutte quelle assurdità candidamente, come se fosse la situazione più normale del mondo.

«Cacciando cosa?» E cacciando come, soprattutto, visto che era illegale introdurre delle armi da Levante a Ponente?

«Un po' di tutto, principalmente animali di piccola taglia. Alcuni non li avevo mai visti prima, non ci sono dalle mie parti. Ce ne è uno che mi piace particolarmente: è grande più o meno così, ha orecchie lunghe, baffi folti... Ah! E saltella!» Il levantino aveva spazzolato gran parte del cibo e stava mimando allegramente quanto descriveva a parole.

«Coniglio» sussurrò Agata, immaginandosi il ragazzo di Levante che cacciava e mangiava conigli senza neanche sapere cosa fossero.

«Si sta facendo tardi, è ora di andare» aggiunse, finalmente decisa a concludere quella conversazione senza senso.

«Andiamo dove?» domandò lui addentando l'ultimo calamaro.

L'ultimo dei Draghi [completata]Where stories live. Discover now