66 - Levante, 5 anni e 110 giorni fa (III)

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«Ho perso i miei genitori quando avevo otto anni. Dalle mie parti, come avrete capito dall'accento sono originaria del Deserto Sabbioso, quando rimani orfano non vieni cresciuto da parenti o amici ma finisci in una specie di comunità per bambini senza famiglia. Tutto il villaggio contribuisce a mantenere il sistema a galla, ma solo ai migliori è data l'opportunità di avere una vita normale: di frequentare la scuola oppure sposarsi con qualcuno di decente, qualcuno che non bruci tutti i propri averi in vizi o che non sia sfigurato da qualche malattia, per intenderci» nel momento in cui aveva iniziato a raccontare, la donna aveva fatto loro cenno di sedersi a terra. La sua non era una di quelle storie che poteva essere condivisa in due parole.

«Come potete immaginare, un ambiente di questo tipo non è sano per un bambino. Ognuno è portato a fare del proprio meglio per scavalcare gli altri, per far sì che venga data a lui una possibilità in più e a qualcun altro una in meno. Sono cresciuta senza amici e prendendo più batoste degli altri, per via della mia indole mite. Finché un giorno non ho visto in faccia il tipo di vita che stavano preparando per me: una vita che sarebbe stata peggiore della morte. Avevo appena raggiunto i quindici anni d'età, e il capo villaggio stava cominciando a pensare a come sistemarmi. L'unica persona disposta a prendersi un'altra moglie era uno dei membri del consiglio, un vecchio più viscido del colonnello Thuluun». Al sentir parlare in quel modo dell'anziano mercante, Agata non riuscì a trattenere un sorrisetto compiaciuto.

«Un vecchio che aveva già fin troppe mogli, noto per i suoi modi maneschi e per l'impronta schiavista con cui gestiva la casa» spiegò Lakitaii, disgustata al solo ricordo.

Utu le aveva accarezzato dolcemente il dorso della mano, sapendo che la parte peggiore di quel racconto doveva ancora arrivare.

«Nonostante fossi poco più che una bambina, negli ultimi tempi avevo capito di avere un talento spiccato per la seduzione. Tra i ragazzi dell'orfanotrofio ero diventata come un biscotto al miele zuccherino e trovavo sempre il modo di liberarmi dei compiti più faticosi o delle persone che mi infastidivano, dando poco o niente in cambio». E strizzò l'occhio a Tseren mentre si faceva passare i capelli lungo un lato del collo e li apriva sul petto con le dita ingioiellate. Agata non ebbe alcuna difficoltà a crederle: considerato quanto fosse ancora affascinante, nei quarant'anni avanzati, doveva essere stata esageratamente attraente da giovane.

«E così feci l'unica cosa possibile per salvarmi da quel futuro che, ne ero certa, mi avrebbe ucciso: mi lavorai il capo villaggio. Ancora mi sembra incredibile che una ragazzina di appena quindici anni sia stata in grado di abbindolare l'uomo più scaltro del paese» mentre raccontava, lo sguardo era colmo a tratti di tristezza, a tratti di orgoglio.

«Non eri una come le altre Kita, già allora» intervenne Utu mettendole una mano attorno alle spalle. Agata si chiese cosa intendesse la donna con "lavorarsi", ma sperò che sorvolasse sui particolari.

«Non sto qui a raccontarvi i dettagli» riprese l'altra, come se avesse letto i pensieri preoccupati della ponentina. «Sta di fatto che un paio d'anni dopo fui l'unica a essere mandata a studiare nel capoluogo della zona sabbiosa. Era la prima volta che mi trovavo in un ambiente dove le persone non erano costantemente all'erta per farmi qualche sgambetto e mi ci volle molto tempo per riscoprire come stare al mondo. Ebbi qualche relazione burrascosa, con degli uomini problematici quasi quanto me, e mi cacciai in guai grossi, ma ebbi la fortuna di emergerne sempre in piedi. Per un periodo frequentai una comitiva di persone normali, che quasi mi fecero dimenticare l'oscurità del mio passato, ma dopo un po' riuscii a rovinare anche quei rapporti. Ero ancora giovane e abituata a ingannare il prossimo per paura di essere ferita» Lakitaii lasciò andare un sospiro profondo e guardò con affetto Utukur. «Ho girato praticamente tutto il continente, e il cambiare vita in continuazione è stato per me come una terapia: gradualmente ho re-imparato ad amare me stessa e gli altri».

Quelle parole ricordarono a Tseren il discorso di Utukur del giorno prima, incredibile quante anime incapaci di amare se stesse ci fossero in giro.

«E poi, due anni fa, ero nella capitale di Levante e mi sono imbattuta in questo cervellone! Tra me e il professorino si è instaurato un legame quasi istantaneo, un po' come è successo a voi due» concluse mentre con il dito disegnava dei piccoli cerchi sulla coscia del compagno. Agata ebbe l'impressione che, se fossero stati soli, avrebbero volentieri ripreso le effusioni da dove si erano interrotti poco prima.

«C'è un motivo se Lakitaii ha condiviso con voi la sua storia e ha voluto sapere qualcosa del vostro passato» intervenne Utu, «Posso dirglielo ora, Kita?»

Lei rimase un attimo immobile, valutando il da farsi e infine annuì.

«Anche se ci conosciamo da appena due settimane, mi sono affezionato, ragazzi» ed era chiaro che Utukur si stesse rivolgendo principalmente ad Agata, «Ho l'impressione che vi siate cacciati in un guaio più grande di voi e mi sentirei in colpa se non vi offrissi l'occasione di uscirne, visto che ne ho la possibilità. Ve ne avrei voluto parlare stamattina, ma c'erano troppe orecchie indiscrete in giro e volevo prima capire se Kita fosse d'accordo».

Agata e Tseren si guardarono perplessi. Cosa stava cercando di dir loro?

«E per la cronaca non ero d'accordo, fino a un'ora fa» precisò la donna, «Ma mi sembrate brave persone e poi devo ammetterlo, mi piacerebbe molto se un giorno mi portassi in volo, ragazzo drago» gongolò.

Tseren dovette mordersi la lingua per non rispondere che se c'era qualcuno che forse, un giorno lontano, avrebbe potuto sperare di essere portato in volo era la sua Ascendente. E nessun altro.

«Sono settimane che sto progettando di disertare. L'idea è fuggire domani, nel corso della battaglia, quando tutti saranno preoccupati a salvarsi la penne. I controlli sono solitamente molto rigidi prima dello scontro, ma per forza di cose inesistenti una volta iniziato» continuò Utu in un sussurro.

«Siete dei nostri?» domandò Lakitaii eccitata.

***NOTA***
Utu e Kita sono due personaggi complessi, due spiriti talmente tanto affini che non potevano non piacersi. Nonostante la differenza di età e di esperienze pregresse, la pensano allo stesso modo su alcuni valori radicali e sono anni che si "girano intorno", anche se non hanno veramente bisogno l'una dell'altro; come invece Agata e Tseren.
Che ne pensate? Vi piacciono? 

Volevo pubblicare sempre gli stessi giorni, ma con gli impegni di lavoro temo di non riuscirci. Non preoccupatevi, le due pubblicazioni settimanali sono garantite! ^_^

L'ultimo dei Draghi [completata]Where stories live. Discover now