56 - Levante, 5 anni e 143 giorni fa (I)

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Dopo all'incirca sei settimane, Thuluun decise che fosse arrivato il momento di ripartire. Voleva raggiungere gli accampamenti dell'esercito prima che arrivasse la primavera, il periodo in cui con ogni probabilità sarebbero riprese le battaglie. Lungo il tragitto aveva però programmato di attraversare la zona paludosa per chiudere alcune trattative importanti.

Agata non stava nella pelle, finalmente avrebbe visto con i propri occhi il territorio più estremo di Levante: i pantani in cui sguazzavano centinaia di specie anfibie, le mangrovie che si intrecciavano a formare una gabbia vivente e le dimore a palafitta in cui gli eccentrici levantini delle paludi trascorrevano gran parte del tempo, tramandandosi le loro leggende millenarie attraverso strampalati giochi di ruolo.

Una volta arrivati al confine della zona paludosa, lasciarono la carovana in un parcheggio sterminato e si imbarcarono su una delle chiatte maleodoranti che costituivano l'unico mezzo di trasporto atto a spostarsi negli acquitrini. Tseren osservò perplesso la grossa ruota di legno che il guidatore spingeva con fatica per far avanzare l'imbarcazione nel fango e si avvicinò per dare una mano.

«Lascia stare, Tseren. Non si addice alla tua posizione» lo rimbeccò il vecchio colonnello. Il Drago fece finta di non sentire, continuando ad aiutare il conducente madido di sudore.

Il mercante gettò un'occhiata nervosa verso il resto del seguito. «È giovane e pieno di energie» ci tenne a puntualizzare.

Agata sapeva bene che per Tseren non era uno sforzo manovrare la ruota e il ragazzo Drago non sopportava stare con le mani in mano. Una grossa libellula la colpì in fronte e la ponentina si decise a indossare l'ingombrante copricapo tipico, un cappello circolare da cui scendeva una retina che raggiungeva le spalle e che aveva la funzione di proteggere il capo dagli insetti. Il resto della comitiva fece lo stesso, dal momento che nei meandri nella palude gli insetti facevano da padroni.

L'Ascendente avvistò qualche alligatore tra le dense onde che si propagavano attorno alla barca e la memoria corse istantaneamente alle ore di navigazione nei canali di Ponente, non avrebbe mai dimenticato l'effetto della pellaccia ruvida delle bestie sui polpacci e il digrignare dei loro dentini appuntiti.

Dopo quasi una giornata intera raggiunsero una piccola radura nel cuore della palude, non c'erano altre imbarcazioni nei dintorni e si erano separati dalle chiatte che trasportavano il seguito di Thuluun ore prima. A differenza degli altri borghi di palafitte che avevano oltrepassato, quello che si trovarono di fronte sembrava più antico e i tronchi delle mangrovie erano curiosamente pieni di buche.

«Sono delle tane?» domandò Agata.

«No, delle cassaforti» rispose il vecchio mercante, e senza aspettare la risposta staccò un rametto e lo lanciò con forza in una delle aperture. Quasi istantaneamente una serpe dal corpo lucido e ricoperto di chele, uscì dal buio del buco agitando freneticamente gli arti affilati.

Agata fece un salto indietro, mentre Tseren si avvicinò per osservare meglio il rettile.

«Quindi sono delle cassaforti e delle tane al tempo stesso» precisò l'Ascendente, mentre Thuluun alzava gli occhi al cielo di fronte all'ennesima conferma di quanto fosse pignola quella ragazzetta di Ponente.

Il conducente legò il natante a una piattaforma di assi marce e aiutò i passeggeri a sbarcare. Thuluun aveva chiaramente già visitato il borgo, perché si incamminò sicuro tra le palafitte collegate tra loro da ponti di corda. Tseren dovette sorreggere il vecchio lungo gran parte del tragitto, visto che muoversi in quell'ambiente accidentato era alquanto difficoltoso. Più di una volta il ragazzo fu costretto a tornare sui propri passi per aiutare anche Agata.

Il sole era già calato e la palude era molto buia. I due ragazzi si chiesero come mai nessuna delle case fosse illuminata. A Tseren parve di scorgere delle persone sbirciare dalle finestre, ma i movimenti erano troppo rapidi, persino per i suoi sensi di Drago. C'era qualcosa di sinistro e anormale in quel villaggio; anche Agata parve percepirlo perché afferrò il giovane per mano, aggrappandosi con l'altra al suo avambraccio.

Finalmente Thuluun si fermò e bussò con decisione alla porta di legno sporco di una delle abitazioni. Questa si aprì all'istante; una figura minuta li fissava con ostilità sulla soglia. «Non posso credere che sei di nuovo qui, mercante. La risposta è sempre la stessa» l'omino parlò prima che il vecchio potesse chiarire il motivo della visita.

«Voglio mostrarti una cosa, Po Nga» e Thuluun indicò quello che credeva suo nipote. Tseren, intanto, era riuscito a mettere a fuoco le fattezze dell'interlocutore ed era senza parole. La persona che avevano di fronte chiaramente non era un essere umano. Era mingherlino, le mani minuscole contavano sei dita, ma il tratto più impressionante era senza dubbio il volto: lineamenti da bambino, segnati da rughe. Quella pelle, esageratamente grinzosa, ricopriva ogni centimetro del suo corpo.

Gli occhietti vispi della creatura incrociarono quelli altrettanto anomali del Drago e l'essere fece loro cenno di entrare.

Una volta dentro, il padrone di casa accese un piccolo lume, per far sì che anche il mercante e la ragazza di Ponente potessero vederlo.

Agata si portò una mano alla bocca, ma cercò subito di darsi un tono, sperando che il suo gesto non fosse risultato maleducato. Non aveva mai visto niente di simile.

All'omino non era sfuggita quella reazione. «Vuoi sapere cosa sono? Non è così?»

L'altra annuì imbarazzata, stava provando in tutti i modi a non provare ribrezzo per quello strano essere.

«Veniamo chiamati con nomi diversi, nelle leggende di voi uomini: Folletti, Goblin... In pochi sono a conoscenza della nostra esistenza. Il nome corretto è Gnomi» spiegò, mentre altri due Gnomi entravano nella stanza. Non sembravano per niente contenti di vedere Thuluun.

Le creature indossavano gli abiti tradizionali delle paludi: tessuti leggeri, pieni di trasparenze, e stivali impermeabili alti quasi fino all'inguine. I capelli erano però raccolti in dei buffi copricapo che ricordavano un po' troppo delle cuffie da notte.

«Pensavi di essere l'unica creatura non umana al mondo, ragazzo Drago?» aggiunse rivolto a Tseren. Lui e Agata si scambiarono uno sguardo allarmato, mentre Thuluun accennò un sorriso ambiguo.

L'ultimo dei Draghi [completata]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora