50 - Levante, 5 anni e 192 giorni fa (II)

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Sognare il primo scambio di sguardi con Tseren, svegliò di soprassalto lo sciamano. Xhoán sedette immobile, a lungo, sulle lenzuola bagnate e infine si alzò traballante. Mentre beveva un altro sorso della medicina, accese un paio di candele per cambiare vestiti e rifare il letto.

Tseren era partito da meno di un giorno. L'idea di non sapere quando si sarebbero rivisti lo atterriva e non poteva che incolpare se stesso. Agata aveva ragione, aveva compromesso il rapporto con suo figlio per rispettare la volontà di una persona che, per quanto fosse l'amore della sua vita, non era più con loro. Perché sebbene Xhoán sentisse la sua presenza più viva che mai nel suo cuore, l'aveva sepolta lui stesso sotto una lapide di un bianco abbagliante.

Da quando il suo ragazzo era partito, un tarlo si era insinuato nella mente dello sciamano. Aveva vissuto quasi tutta la vita in quell'angolo di continente, ma quello che rimaneva della famiglia di sua madre abitava ancora nella zona peninsulare di Levante. Non sapeva nulla di loro, ma quei parenti con cui aveva poco o niente in comune erano non solo le sue radici, ma anche quelle di Tseren.

Una volta che le ferite del corpo furono guarite, Xhoán riprese la sua routine di sciamano più rinomato della valle, la sua mente vagava però sempre più spesso nel passato. E anche quando era nel presente si preoccupava costantemente per Tseren e Agata. Finché un giorno decise che, per la prima volta in vent'anni, aveva bisogno di una vacanza; interrompere il lavoro per qualche settimana lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee. Così dopo aver passato un'intera giornata alla tomba di Baya e aver affidato ai vicini di tenda i suoi animali e a Kheni il compito di curare l'orto, Xhoán preparò una sacca piena di vestiti e sostanze medicinali e si mise in viaggio, diretto verso la cittadina sulla punta estrema della penisola dove era nato.

**********

La carovana serpeggiava nel deserto come un bruco ubriaco. Le tre carrozze erano legate tra loro, ma avevano un certo margine di libertà di movimento e l'autista era costretto a deviare in continuazione il cammino per aggirare i grossi massi che davano il nome al deserto roccioso di Levante. Il risultato era uno zigzagare che rendeva il viaggio poco piacevole, soprattutto per i viaggiatori seduti nella terza carrozza, dove non c'erano cuscini ad attutire i frequenti scossoni.

Ubriaco era anche Thuluun, per lo meno ogni sera dopo il tramonto, quando si attaccava a qualsiasi bevanda alcolica gli capitasse tra le mani. I compagni di viaggio sembravano abituati a quel comportamento imbarazzante, mentre per Agata e Tseren fu una sorpresa vedere come un uomo di quell'età, che aveva commerciato tra le merci più preziose al mondo e comandato eserciti di migliaia di anime, fosse schiavo di un vizio tanto infimo.

Quando l'alcol cominciava a scorrergli nelle vene, il vecchio mercante diveniva irascibile e volgare. Dopo lo spaesamento iniziale di fronte a quel modo di fare villano, Agata si rese conto che il colonnello in preda ai fumi dell'alcol non era solo sboccato, ma si lasciava sfuggire anche cose che da sobrio non avrebbe mai condiviso. Una sera che si fermarono in un villaggio di periferia per riempire i serbatoi dell'acqua, la ponentina ne approfittò per farsi raccontare cosa fosse successo veramente nel villaggio dai Draghi, quel giorno di vent'anni prima in cui erano stati sterminati tutti.

Il resto della comitiva aveva lasciato la carovana per mettere sotto i denti qualcosa che non fosse cibo essiccato, ma il vecchio era troppo ubriaco per allontanarsi dalla carrozza. Il Drago e l'Ascendente gli allungarono l'ennesima fiasca e attesero che il veleno facesse il suo effetto.

«Erano anni che le relazioni tra Draghi e uomini si erano ormai logorate» esordì il vecchio ruttando sonoramente, «C'erano ovviamente alcuni mercanti della lega che erano dalla parte dei Draghi, incluso mio figlio che fin da ragazzino era ossessionato dalla figlia di Daishir; la seguiva ovunque e la ricopriva di regali costosi tutte le volte che tornavamo da un viaggio. Non gli parve vero di poterla prendere in sposa».

Agata percepì Tseren irrigidirsi al suo fianco. «Per quale motivo i rapporti si erano logorati?» domandò l'Ascendente.

«Per vari motivi, ma la verità è che tra diversi non ci si piace. Te ne accorgerai viaggiando a Levante, ponentina. Saranno più le persone a guardarti con sospetto per via della tua pelle pallidiccia e quegli inquietanti bulbi a palla che ti ritrovi in faccia».

La ragazza rispose a quell'insulto non tanto velato spalancando ancora di più gli occhi scuri, era la prima volta che qualcuno la descriveva in modo tanto sprezzante. Thuluun era persino razzista, la cosa non la sorprendeva affatto.

«A me i tuoi occhi non sembrano affatto inquietanti, anzi mi trasmettono serenità» le sussurrò Tseren perplesso. Agata sorrise mentre il suo cuore saltava un battito.

«Alcuni disapprovavano l'usanza di rapire gli Ascendenti dalle loro famiglie, altri consideravano troppo pericoloso vivere al fianco di creature che, se avessero perso il controllo, avrebbero potuto radere al suolo l'intera vallata. Insomma, di motivi ce ne erano a bizzeffe, la verità è che non eravamo tutti della stessa razza e la tua era più forte della mia, figliolo» riprese il vecchio continuando a tracannare la bevanda alcolica.

«Rapire gli Ascendenti? Un Drago non ha bisogno di rapire il proprio Ascendente...» intervenne il ragazzo offeso da quella calunnia.

«Puoi non chiamarlo rapimento, ma strappare degli adolescenti alle proprie famiglie... Beh molti di noi non vedevano questa pratica di buon occhio» sbottò il mercante.

«Quindi gli uomini cominciarono a complottare contro i Draghi?» domandò Agata per evitare che l'altro divagasse, non sapeva quando avrebbero avuto di nuovo l'occasione di parlare a quattrocchi.

«Proprio così, durante una delle visite commerciali uno dei mercanti ebbe l'occasione di assistere a una specie di lezioncina che aveva l'obiettivo di insegnare ai bambini Drago a differenziare le piante buone da quelle cattive. Tra queste ultime alcune erano particolarmente nocive. Una, in particolare, era innocua per gli uomini, ma letale per i Draghi» il vecchio raccontava la storia con molto trasporto, ma non sembrava particolarmente addolorato, né cercava di giustificare il comportamento degli uomini che avevano sterminato in un modo tanto vile una razza intera nel giro di qualche ora.

«Come riuscirono ad avvelenare tutti?» chiese Tseren, che al contrario del vecchio era estremamente scosso da quel racconto.

«Scelsero il momento adatto: la festa per celebrare l'arrivo del nuovo anno, l'unico momento in cui anche i Draghi che per qualche motivo vivevano lontani o erano in viaggio d'affari, tornavano al villaggio» continuò il vecchio senza accorgersi dello sguardo cupo del giovane.

«Eri presente anche tu?» chiese Agata a bruciapelo e il colonnello la guardò duramente, tanto che per un attimo parve aver riacquisito la lucidità.

«Cosa pensi, piccola Ascendente saccente? Se fossi stato lì, non mi sarei forse accorto che mio figlio non era alla festa?» e l'uomo si lasciò andare a un gesto violento, scaraventando la fiasca fuori dalla carrozza. Nonostante Agata sapesse che Tseren era al suo fianco e che l'avrebbe tenuta al sicuro, rabbrividì di fronte a quell'esplosione di rabbia del vecchio ubriacone.

***NOTA***
Ciao a tutti,
finalmente scopriamo qualcosa degli eventi che vent'anni fa hanno portato i Draghi vicino all'estinzione. Menomale che Agata è un'impicciona.

L'ultimo dei Draghi [completata]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora