25 - Levante, 6 anni e 52 giorni fa (I)

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Lo sciamano eremita risaliva il pendio del monte Ariun. Intuiva che il sole era appena tramontato perché le montagne si erano tinte di rosso. Il tipo di pietra di quella zona reagiva così alla fine del giorno. Indossava una lunga casacca chiara e i pantaloni infilati in larghi stivali di pelle scamosciata. Stringeva in mano un ramo su cui faceva perno nei tratti più ripidi. Non c'erano sentieri battuti in quell'area, solo pietre e qualche pianta dalle radici abbastanza robuste da rimanere aggrappata al suolo. Ogni passo che faceva scivolava un po' indietro, con il risultato che la scalata era estremamente faticosa.

L'uomo percorreva quella via due volte al mese e avrebbe potuto proseguire a occhi chiusi. Aveva la barba incolta, castana con qualche chiazza grigia che incominciava a tradire l'età. Gli anni passavano, anche se lo sciamano sembrava ben più giovane di quanto fosse in realtà.

Il cielo era una tavolozza armoniosa e l'uomo accelerò il passo perché voleva raggiungere la casa prima che sopraggiungesse la notte. Sapeva che avrebbe trovato una tazza di zuppa calda, uno stufato di capriolo tigrato e una torta ripiena di marmellata fresca. Non gli interessava che fosse lo stesso cibo di ogni mese, il solo fatto che lei lo avesse preparato con le proprie mani faceva sì che quel pasto lo saziasse completamente.

Avrebbe voluto trascorrere più di una settimana al mese con la donna e suo figlio, ma lei aveva messo fin da subito in chiaro che non voleva confondere il ragazzo e desiderava che lo sciamano avesse l'opportunità di costruirsi una propria vita nel villaggio. L'uomo una propria vita se l'era costruita, era il guaritore più esperto della valle e talvolta veniva consultato persino per risolvere dispute relative a supposte fatture da parte di vicini invidiosi. Aveva una fama, una tenda confortevole e il piatto sempre pieno. Non aveva però trovato una donna con cui sistemarsi, a dire il vero non l'aveva proprio cercata. Con gli anni, il fatto che avesse scelto il celibato e sparisse frequentemente tra le montagne, gli era valso il titolo di eremita.

Eppure c'era stato un momento della sua vita in cui era certo che avrebbe messo su famiglia con lei. Mentre scarpinava su per il pendio, i ricordi richiamarono come in una catena quelli più vecchi, finché lo sciamano eremita non si soffermò sul più antico di tutti, il giorno in cui l'aveva conosciuta. Considerava quel momento il primo ricordo della sua vera vita, i sedici anni precedenti erano solo un insieme di giornate tutte uguali, seduto a un banco sgangherato della scuola o rinchiuso nella bottega di famiglia.

***

Il ragazzino odiava lavorare in bottega, detestava l'aria pesante, l'odore di colla e i continui rimproveri di suo padre. Rilegare libri era un lavoro di precisione e la mente vagante del sedicenne non riusciva a rimanere concentrata per più di qualche minuto. Il risultato era che, oltre a prendersi uno scappellotto sulla nuca dopo l'altro, doveva ricominciare la medesima rilegatura decine di volte. Ogni scusa era buona per sfuggire a quell'attività tediosa. Accogliere i clienti, ritirare le consegne del postino, svuotare i secchi colmi di materiali da buttare. Alcuni giorni beveva una quantità spropositata di acqua solo per poter andare in continuazione al bagno. Ogni volta che riusciva a uscire all'aperto ne approfittava per godersi il clima sempre mite della zona peninsulare di Levante.

Fu in una di quelle fughe temporanee che fu sorpreso di trovare tre ospiti in giardino. Erano due uomini dal fisico prestante, di cui non era in grado di determinare l'età, e una ragazza giovanissima. Ovviamente non riusciva a distogliere lo sguardo dalla fanciulla. La prima cosa che lo colpì di lei furono gli occhi, erano insoliti, verdi ma striati di un rosso violaceo. Tutte le persone che conosceva avevano le iridi scure, non aveva idea che esistessero individui con uno sguardo simile. Forse erano stranieri provenienti da Ponente, il continente al di là delle montagne di cui aveva sentito tanto parlare.

La ragazza aveva lunghi capelli castani e abiti colorati di rosso, blu e oro. Stringeva in mano una mantellina di pelliccia, un vestiario poco adatto al clima temperato di quella zona. Il giovane continuava a guardarla con curiosità, ammirava ogni singolo dettaglio della sua figura, tanto da dimenticarsi delle due persone che erano con lei.

Dopo un po' che si fissavano in silenzio, la ragazza si avvicinò e accennò un inchino per presentarsi.

«Il mio nome è Bayarmaa, ma puoi chiamarmi Baya» disse, e il ragazzo pensò che non aveva mai sentito una voce più bella. Era argentina e carica di emozione; non riuscì a riconoscere l'accento, ma sapeva che parlavano la stessa lingua, il levantese, scartò quindi la possibilità che la comitiva arrivasse da Ponente.

«E il tuo nome?» aggiunse lei sorridendo timidamente, visto che il ragazzo non aveva dato segni di volersi presentare.

«X..Xhoán» balbettò lui.

«È un piacere conoscerti ragazzo, finalmente» uno dei due uomini aveva appoggiato una mano sulla spalla di Baya.

«Ha una faccia sveglia» commentò l'altro.

Fu solo allora che Xhoán si accorse che anche gli altri due stranieri avevano degli occhi fuori dall'ordinario, simili a quelli della ragazza. Proprio in quel momento suo padre emerse dalla soglia carico di volumi.

«Non hai sentito che ti stavo chiamando?! Scansafatiche che non...» si fermò quando si accorse che non erano soli. «Clienti? Da dove arrivano?» chiese pulendosi nervosamente le mani sul grembiule.

«Sì!» intervenne immediatamente il figlio, mentire gli venne istintivo. «Sono interessati a vedere che tipo di rilegature facciamo».

«Arriviamo da molto lontano, un paese tra le montagne. Abbiamo sentito dire che siete un professionista» completò l'uomo che poco prima aveva commentato come Xhoán sembrasse un ragazzo intelligente.

Il rilegatore gonfiò il petto orgoglioso e senza fare altre domande invitò i due uomini a visitare la sua bottega. Baya rimase ferma dov'era e Xhoán fece altrettanto, c'era come una forza che lo attraeva a lei. Il solo pensiero di allontanarsi lo rattristava.

«E così qui è dove sei cresciuto. È molto diverso da dove sono cresciuta io» commentò la fanciulla.

«Mi piacerebbe vedere dove sei cresciuta, un giorno...» le parole gli sfuggirono di bocca e abbassò lo sguardo imbarazzato.

«Sono certa che ci sarà l'occasione» e gli occhi della ragazza delle montagne si fecero pensierosi, ma sicuri. E Xhoán si perse di nuovo in quello sguardo verde illuminato di riflessi violacei.

L'ultimo dei Draghi [completata]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora