18 - Ponente, 5 anni e 358 giorni fa (I)

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Dopo il racconto, i passeggeri erano rimasti ore in silenzio, ciascuno assorto nei propri pensieri. Il levantino teneva i pugni stretti e lo sguardo fisso ostinatamente sulla tappezzeria, non riusciva neanche a guardare nella direzione dei due studiosi della FSI. Ripensare alla perdita del figlio aveva spalancato una voragine buia nella sua mente e ora i ricordi si intrecciavano agli atti disperati che aveva compiuto per ricostruire la propria famiglia.

La donna della FSI aveva aperto un libro e non alzava gli occhi, non girava una pagina da talmente tanto tempo che chiaramente il volume era solo uno scudo per isolarsi. L'altro scienziato guardava fuori dal finestrino, picchiettando nervosamente sul vetro, non era rimasto particolarmente sconvolto dalla storia e Agata sospettava che sapesse della Setta più di quanto non volesse far credere.

I pensieri di Tseren erano imperscrutabili come al solito, gli occhi nascosti dalle lenti blu non tradivano alcuna emozione. Una volta superata la settimana di luna nuova, il ragazzo diveniva più distaccato. Agata si chiese se Tseren la vedesse unicamente come un mezzo per raggiungere un fine e quanto tempo ci sarebbe voluto per costruire un vero rapporto.

Il levantino era sceso, carico di rabbia, alla prima fermata che avevano incontrato, bofonchiando che dividere una diligenza con gente della FSI era intollerabile. Finalmente gli studiosi si sentirono liberi di riprendere a chiacchierare. Non facevano caso alla presenza degli altri due passeggeri, probabilmente non vedevano il motivo di essere discreti davanti a due ragazzini.

«Sono assolutamente tutte dicerie... i membri della Setta che conosco sono persone rispettabili e normalissime...» stava dicendo la donna.

L'uomo si sistemò il panciotto e grugnì. «È ovvio che debbano verificare in qualche modo se una persona ha le carte per entrare nell'organizzazione... ma tortura e omicidi...stiamo parlando di migliaia di persone... è impossibile che siano tutti criminali...» rispose lui.

Ogni sei ore si fermavano per fare una pausa e Agata coglieva l'occasione per raccontare a Tseren cosa si fossero detti gli altri due. Il Drago fece un sacco di domande sul macabro racconto dell'uomo di Levante.

«Non posso credere che ci siano persone che volutamente accettino di uccidere qualcuno per entrare in un gruppo... e altre che invece lottano tutti i mesi per evitare di diventare degli assassini solo perché è nella natura della propria razza... della mia razza» rifletté Tseren, la voce piena di amarezza.

«Si può sapere di cosa parlate fitto fitto tutte le volte che ci fermiamo?» chiese la scienziata della FSI, «Pensavo che il tuo amico non conoscesse il ponentese...» aggiunse con fare investigativo.

«Lezioni di lingua» rispose la ragazza, si era preparata a quella domanda. «Io gli insegno un po' di ponentese e lui mi insegna qualche parola di levantese».

«Oh è una lingua così ostica... piena di suoni impronunciabili e tutti quei toni! Non mi ricordo, quanti ne hanno esattamente?»

«Cinque» rispose Agata, era piuttosto difficile coglierla impreparata. «E ad aumentare la difficoltà la costruzione grammaticale della frase è al contrario rispetto al ponentese...»

La donna annuì e le fece cenno di risalire sulla diligenza. «Non capisco perché non si toglie mai quegli occhiali da sole, neanche quando dorme...» e fissò Tseren di sottecchi.

Agata ovviamente era pronta anche a quella domanda. «Lo so!» esclamò fingendosi esasperata. «Glielo ho detto anche io! È ridicolo, neanche fosse un bambino! A quanto pare va di moda nel suo villaggio e si sente molto affascinante... guardi non mi ci faccia pensare... ogni volta che lo guardo glieli vorrei strappare dal naso!» la ragazza cercò di marcare il commento sprezzante e sperò di non aver esagerato. L'altra scosse il capo in segno di comprensione e lasciò cadere l'argomento. Non si accorse del sorriso divertito che era apparso per un attimo sulle labbra di Tseren.

**********

Erano necessari due giorni per raggiungere la città dove avevano concordato di arrivare. Il viaggio era abbastanza noioso perché Agata e Tseren non potevano parlare liberamente, spesso i due scienziati discutevano di lavoro, ma erano argomenti troppo complessi da seguire e così la ragazza ne approfittava per studiacchiare levantese e riflettere sulla sua decisione impulsiva.

Cominciava a realizzare di aver lasciato tutto ciò che conosceva, la sua famiglia, i suoi amici e la vita in cui aveva trovato un equilibrio perfetto, per seguire uno sconosciuto dall'altra parte del mondo. Un ragazzo che la guardava in modo completamente diverso a seconda della forma che la luna aveva nel cielo. Sapeva che era sua responsabilità stare accanto al Drago, ma al tempo stesso si sentiva oppressa perché non aveva veramente una scelta. Ovviamente non voleva essere la causa, anche parziale, di un eventuale incidente che sarebbe potuto costare la vita a centinaia di persone, quindi la decisione di trasferirsi in un luogo isolato era razionalmente la più sensata. A livello emotivo cominciava però a rendersi conto del grosso sacrificio che stava compiendo e si chiedeva in continuazione se sarebbe mai stata felice.

Il paesaggio stava cambiando gradualmente, avevano lasciato la zona costiera, che era una mescolanza disordinata di villaggi di pescatori e riserve naturali per turisti, e si erano addentrati nell'entroterra. Agata amava il panorama collinare, era l'unica altra parte di Ponente che aveva visitato e ripensò alla gita effettuata il primo anno di università. Lei e Holly Dee erano un'esclamazione di stupore dopo l'altra. Scacciò il ricordo perché pensare alla migliore amica, che non avrebbe rivisto per chissà quanto tempo, la rattristava.

Osservò Tseren che già dormiva sul sedile esteso nella posizione notturna. Aveva notato che il ragazzo non aveva un riposo pacifico, lo sentiva spesso parlare nel sonno, ma erano frasi sconclusionate. La ragazza sospettava che i suoi incubi avessero a che fare con la paura di trasformarsi involontariamente in drago o con la morte della madre e la disperazione di essere rimasto l'ultimo della sua razza.

Quella notte il levantino sembrava più agitato del solito e la ragazza posò una mano su quella di lui. Dal momento che si erano tenuti a lungo per mano, nel bazar della stazione delle diligenze, si convinse che non fosse un gesto troppo intimo. Tseren sembrò percepire il contatto e si tranquillizzò, Agata al contrario non riusciva a chiudere occhio in quella posizione. Per quanto sapesse che il rapporto tra lei e il Drago fosse di una natura più unica che rara, si faceva sempre più chiaro nel suo cuore che lo vedeva anche come un ragazzo da cui era terribilmente incuriosita. Lasciò andare la mano di lui e si voltò dall'altra parte imbarazzata.

Arrivarono a destinazione all'imbianchire, erano ancora molto lontani dalle montagne, ma Agata non aveva abbastanza denaro per proseguire in diligenza o per prendere un velivolo da quella distanza. L'idea era attraversare a piedi la zona desertica. Dal momento che pochissime persone erano disposte a vivere in quell'ambiente estremo, era piuttosto facile trovare un lavoro temporaneo ben pagato. Una volta messi da parte altri soldi, avrebbero potuto raggiungere le montagne e scegliere il mezzo più economico per attraversarle. Tseren era stato molto chiaro riguardo alla volontà di volare sul massiccio a bordo di un mezzo di fortuna solo durante la settimana di luna nuova. Questo perché qualora avessero avuto un incidente, lui avrebbe potuto assumere la forma di drago e proteggere Agata, la sua corazza era praticamente indistruttibile.

I viaggi aerei erano effettivamente molto rischiosi e la ragazza accettò di aspettare un mese intero prima di attraversare per Levante. Ora che sapeva che avrebbe trascorso gran parte della propria vita nell'altro continente, non le dispiaceva rimanere un po' più a lungo in quello dove era cresciuta.

L'ultimo dei Draghi [completata]Where stories live. Discover now