Capitolo 6

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La luce del sole illumina dolcemente la stanza svegliandomi. Mi stiracchio e inizio a tastare con la mano l'altra parte del letto. Non c'è nessuno. Apro gli occhi meravigliata. Dallas Sunway non c'è, questo sì che è un buongiorno!

Vado in bagno e faccio la doccia come tutte le mattine, cantando a squarciagola.
Prima di uscire avvolgo il mio corpo e i miei capelli in un asciugamano.

Torno in camera, levo l'asciugamano dai capelli frizionandoli leggermente e mi guardo allo specchio.
Non riesco a crederci... Questa non sono io! Mi sembra di essere in un incubo. Mi tiro un pizzicotto sul braccio ma niente, purtroppo, non sto dormendo.
Ora come faccio? Se mi vedesse mia madre probabilmente morirebbe di crepa cuore.
Capisco perché non mi ha mai permesso di fare questo errore, questa non sono io.

Sono bionda! Io Avery Nickolson sono bionda!
Corro in bagno, afferro la bottiglia di shampoo, è quello che uso sempre... C'è una sola spiegazione a tutto questo: Dallas Sunway.

Mi vesto velocemente e esco dall'appartamento infuriata. Appena arrivo al bancone Eliza non perde un secondo a puntualizzare il mio ritardo, facendomi arrabbiare ancora di più.

«Non ho tempo da perdere. Sai dove è Dallas Sunway?»
Eliza si gira guardandomi male e il suo sguardo si tramuta subito in sorpresa appena mi vede.

«Che... Che hai fatto ai capelli?»

«Sono bionda non vedi?» dico ironica.

«Brutta l'invidia eh» sorride.

«Non ho tempo per stare qui a chiacchierare con te... Sai dove è Dallas o no?»

«No, non si è ancora visto» sbuffo e me ne vado.
Spera che non ti trovi Dallas! Perché appena ti vedo puoi considerarti morto.

«Devi lavorare!» strilla Eliza disperata. Faccio finta di non averla sentita e continuo a camminare verso la spiaggia.

Guardo il mare e lo vedo, li in mezzo, immerso fra le onde, sulla sua tavola da surf si muove sinuosamente cavalcando le onde migliori. La tentazione di andare lì in mezzo e affogarlo è tanta ma probabilmente affogherei io nel solo tentativo di raggiungerlo. Così mi siedo in uno dei primi scogli vicini alla spiaggia. Dallas che è così alto, grande e ponente visto qui sembra solo un misero punto, in confronto al mare è il niente, così impotente.

Dopo aver cavalcato una delle più grandi onde che io abbia mai visto nella mia vita, Dallas esce dall'acqua. La sua figura si muove come a rallentatore ai miei occhi: cammina lentamente, con passo deciso, tenendo sotto braccio la tavola, si passa una mano tra i capelli bagnati e il muscolo del suo braccio si flette facendo guizzare il mio sguardo in quel punto.

Mi avvicino velocemente a lui. Gli blocco la strada con il mio corpo. Poso le mani sui fianchi aspettando delle scuse o almeno una spiegazione. Mi guarda dall'alto in basso diverse volte per poi sorridere.

«Ti stanno bene sai?» ghigna. Spalanco la bocca senza parole.

«È tutto quello che hai da dire?» aggrotto la fronte arrabbiata.

«No, ora ti servono delle gambe più lunghe e poi sei perfetta»

«Tu... Tu... Chi credi di essere Dio per caso?»

«Guardami e di quello che pensi» sorride «Su... secondo me sei tu che pensi che io sia un Dio, ne sono lusingato sai?» si porta una mano al petto teatralmente.

Lo guardo. I capelli bagnati, tirati indietro brillano sotto la luce del sole, gli occhi blu mi scrutano attenti quasi a voler leggermi la mente, la sua bocca è in curvata in un sorriso derisorio. Scendo leggermente con lo sguardo sul suo collo dove si intravede il pomo d'Adamo e c'è un piccolo neo, sulle sue spalle larghe e infine sul suo addome definito.

Kiss me under the sunshine #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora