Capitolo 50

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Sono passati cinque giorni. Giorni in cui il mio stomaco era sottosopra e il mio cuore batteva forte nel petto. Non avevo la più pallida idea di cosa fosse successo o di cosa sarebbe dovuto succedere ma ora che guardò fuori dalla finestra capisco tutti.
Tantissime persone vestiti di nero, tutti parenti di Audrey sono nel suo giardino e si stringono in abbracci. Capisco tutto Audrey è morta. Mi chiedo però perché ha inviato una lettera proprio a me. Che fosse il suo colpo finale? Che volesse darmi la colpa della sua morte?

«Avery» la voce di mia madre mi fa trasalire.

«Vado a vedere cosa è successo e a fare le mie condoglianze» sussurra «Con tutto quello che è successo sua madre non c'entra niente e non so come ci si possa sentire a perdere una figlia»
Annuisco e rivolgo il mio sguardo nuovamente fuori dalla finestra. «Vuoi venire anche tu?» la sua mano si posa sulla mia spalla, accarezzandola gentilmente.

Lei esce dalla porta e finalmente posso rilasciare un sospiro. Basta. Basta pensare a lei. Non è colpa mia se è morta, non è colpa mia. Una lacrima scivola sul mio volto ma mi affretto ad asciugarla. Tiro su con il naso e mi impedisco mentalmente di crollare di nuovo. Afferro il computer e mi sdraio sul letto.
Bene ora devo concentrarmi. Cosa potrei scrivere sulla domanda per il college? Cavolo io sono completamente negata in queste cose. Qui suggeriscono di parlare della propria vita ma forse è meglio che non ne parlo. Cosa potrei scrivere? Passano non so quante ore e sulla pagina c'è scritto solo il mio nome: Avery Mickelson. Non ce la farò mai se continuo di questo passo.
Suona il campanello.
«Qualcuno vada ad aprire!» strillo.
Nessuno va a quanto pare visto che il campanello continua imperterrito a tintinnare.
Sbuffo, chiudo la schermata del computer e scendo velocemente di sotto.

«Diavolo chi è!» nessuna risposta. Aspetto un attimo prima di aprire la porta. E se è un altra foto? Una foto dalla defunta Audrey?
Mi faccio coraggio e apro la porta. Qualunque cosa sia devo affrontarla.
Davanti a me c'è Dallas in tutta la sua bellezza. Rimango in mobile, senza parole. Le braccia mi ricadono pesante mente lungo i fianchi.

«Ehy non mi fai entrare?» la sua voce arriva al mio orecchio colpendomi come una lama.

«Sei qui» sussurro. Mi lancio contro di lui senza ascoltare la sua risposta e tra le sue braccia scoppio a piangere. Si stacca leggermente con me e con i pollici mi asciuga le lacrime.

«Perché piangi? Io...»

«Sono felice» lo interrompo sorrido. Poso le mie labbra sulle sue. Appena esse entrano in contatto un brivido mi attraversa la spina dorsale. Passo le mani tra i suoi capelli spettinandoglieli e lui stringe le braccia intorno alla mia vita. Dio quanto mi era mancato! Come ho anche solo potuto pensare di non rivederlo più, di vivere una vita senza lui al mio fianco? Un colpo di tosse ci riporta alla realtà facendoci staccare. Mia madre davanti a noi passa lo sguardo da me a Dallas velocemente.

«Oh... Mamma lui è Dallas» affermo.

«Quel Dallas?» mi fa l'occhiolino.
Le mie guance diventano rosse e cerco di nascondere il viso tra i capelli del medesimo colore.

Mia madre gli stringe la mano. «Sei molto più bello di quanto ha detto Avery! Dovresti fare il modello sai» sorride guardandolo con sguardo sognante.

«Grazie signora»

«Oh figliolo che aspetti? Entra pure in casa!» afferma per poi superarci ed entrare.
La seguiamo in cucina.

«Per quanto ti fermi?»

«Io in realtà sono solo venuto a fare una sorpresa ad Avery... Starò nel hotel infondo alla strada» penso che questa sia la prima volta che Dallas è in imbarazzo, me lo devo appuntare sul calendario. Mia madre lo guarda come se le avesse detto che IT il pagliaccio assassino è reale ed ha appena rubato Tobias.

Kiss me under the sunshine #wattys2019Où les histoires vivent. Découvrez maintenant