• 36 - Lasciati aiutare.

22.3K 983 45
                                    


È praticamente da tutta la giornata che lavoro con un sorriso da ebete stampato in volto e neanche la comparsa di Victoria è stata in grado di togliermelo.

Ha spalancato la porta dell'ufficio, entrando con nonchalance, ma non appena mi ha vista seduta dietro la scrivania ha iniziato a sbraitare e ad urlare il nome di Richard che, puntualmente, è arrivato e le ha spiegato di avermi riassunta.
E la cosa non le è andata bene.
Ha assunto un espressione mista allo shock e alla rabbia, poi se n'è andata sbattendo i tacchi.

Mi avrà tra i piedi per un bel po', e giuro che la farò cacciare per quello che mi ha fatto.
La colpevole di quella malefatta non sono io, e lo dimostrerò.

"Come va?",

Sobbalzo sul posto facendo sfuggire la penna dalle mie dita e levo i piedi dalla scrivania sotto lo sguardo divertito di Richard.

Ehi, dovevo pur sempre provare a mettere i piedi sulla scrivania mentre sbrigavo alcune faccende.
Come nei film.
All'inizio ho provato solo per il gusto di farlo, poi sono rimasta così praticamente per due ore a dondolarmi sulla sedia e ad ammirare il meraviglioso skyline di New York.

"Meravigliosamente.", rispondo incrociando il suo sguardo.
Sono felice, vorrei alzarmi ed abbracciarlo ma la cicatrice che mi ha lasciato tiene ben salda la parte ragionevole di me al suolo e sospiro cambiando improvvisamente umore.

Lui sembra accorgersene subito, infatti entra chiudendo la porta alle sue spalle ed incrocia le braccia al petto prima di parlare.

"Dietro tutta questa storia, dietro tutto quello che è successo c'è in mezzo un fatto, Stephanie. L'azienda.", inizia a parlare. Io preferisco non fiatare. Continuo a fissarlo.

"Credo che hai capito che mio padre non provi tanta simpatia nei tuoi confronti.", sto per ribattere ma alza una mano intimandomi di stare ad ascoltare e mi ammutolisco.

"Dalla prima volta che ti ha vista ti ha sempre odiata. Ha accettato la presenza di Kylie e Chloe solo perché sono anche mie figlie e ha accettato di farti venire a lavorare qui solo dopo che Sarah era arrivata a concludere un litigio dicendogli che non gli avrebbe più parlato.",

Al solo sentire il suo nome sento lo stomaco contorcersi su se stesso ed un immane senso di colpa inizia a salire pian piano.
Sarah ha litigato con suo padre per me.
Per me, solo per me. Una ventenne imprudente che era rimasta incinta prima del dovuto e che non sapeva come farsi spazio nel mondo del lavoro.

"Come sai, sono tornato qui dall'Inghilterra dopo cinque anni, contro la sua volontà. Non voleva che avessi nessun tipo di contatto con te ma...beh, è successo l'esatto opposto.", sorride cercando il mio sguardo ma lo distolgo con la scusa di ammirare la gigantografia di Van Gogh sul muro.

"Non immagini quante volte abbiamo litigato in questo periodo, Stephanie. Non sai quante. Non vuole che io ti stia vicino perché ha paura che tu possa prenderti l'azienda.",

Al che ridacchio dondolandomi sulla sedia.
È una cosa così stupida.
Arrivare ad essere così tanto ricchi da doversi guardare alle spalle anche da una come me, che non sa neanche montare la panna, figuriamoci gestire un'azienda.
Incredibile.

"Ha trovato la scusa per licenziarti perché quelle poche prove che aveva portavano a te e non si è importato di nulla. Ti ha licenziata in tronco.",

"C'ero anch'io. Sai.", rispondo sarcastica.
La verità è che dietro questo fitto sarcasmo nascondo tanta rabbia e tanto dolore.
Vorrei solo urlare in faccia a suo padre il male che mi ha fatto.
Solo questo.

"Sai qual'è la parte che fa più male, Richard?", dico guardandolo.
"Quale?", chiede.

"È che a te è bastato così poco per tradirmi. E, sì, sembrerà eccessivo, ma io lo reputo un tradimento, questo. Mi hai pugnalata alle spalle.", per ogni parola che esce dalle mie labbra sento la rabbia aumentare e non mi curo delle mie azioni.
Mi alzo sbattendo le mani sulla scrivania e sento gli occhi e la faccia bruciare, ma non per le lacrime.
Per la rabbia.

"Hai idea di quanto cazzo io abbia sofferto anche solo per una settimana?! Tu, tu, mi hai pugnalata alle spalle facendomi licenziare senza fiatare lasciandomi sulle spalle un peso più grande di me. E anche se è stata soltanto una fottuta settimana a me è sembrato di perdere cent'anni di vita quanto sono tornata a casa senza un cazzo di lavoro!", ogni mia parola sembra colpirlo nel profondo.

A mano a mano il colore delle sue iridi si scurisce sempre di più, e rimango in silenzio respirando affannosamente.

Il peso che avevo sul cuore si è alleggerito. Gli ho detto tutto quello che avevo da dire.

Ma non avrei mai potuto fingere, pur volendo. Mai. Avrei sempre avuto paura di poter esser pugnalata alle spalle da lui. Sempre.

"E per questo ti chiedo scusa, Stephanie. Scusa anche fino alla fine dei miei giorni, se necessario. Ma ho bisogno di sentire che mi perdonerai perché io non voglio guardarti e vedere disprezzo nei tuoi occhi. Non voglio. Ho sbagliato e mi dispiace, cazzo non sai quanto.",

"Io...Ho bisogno di tempo. Non affrettare le cose. Ho solo bisogno di pensare.", mi accascio sulla sedia dietro di me, respirando come se avessi appena finito di correre.
Le tempie pulsano per via di un mal di testa causato dalle mie urla e dalla troppa rabbia.

Succede sempre così.
Io che urlo fino a perdere la voce, la rabbia che scuote il mio corpo.
Tiro fuori tutto quello che tenevo dentro, poi quello che mi rimane è un buco dentro, le braccia che tremano, la testa che pulsa così forte da far male.

"Stephanie, stai bene?", domanda probabilmente notando che mi sono ammutolita improvvisamente.

"Io...io-", provo ad alzarmi in piedi ma perdo rovinosamente l'equilibrio spingendo via una pila di fogli che vola per terra.

Richard scatta nella mia direzione per aiutarmi ma ringhio e mi raddrizzo.
"Sto bene.", rispondo.

La verità è che mi fa troppo male la testa, respiro così affannosamente che ho la gola secca. La testa mi gira, non riesco a focalizzare nulla intorno a me.

"Tu non stai bene. Lasciati aiutare.",

Vedo la sua figura sfocata venire in mia direzione e spalanco la bocca ma da essa non esce nessun suono se non uno strano rantolo poi barcollo all'indietro come se fossi appena scesa da una giostra. Allungo una mano in sua direzione ma afferro solo l'aria e improvvisamente alla visione dello studio si sostituisce il nulla.

Le mie gambe cedono e poi non sento più nulla.

🍹• Spazio autrice • 🍹

Buon sabato a tutti/e!
Questa qui direi che è stata la settimana più pesante di sempre (o almeno per me).
Sono praticamente sfinita,  per cui se notate degli errori o delle ripetizioni perdonatemi,  ricontrollerò il capitolo più tardi.

Ci vediamo giovedì prossimo🍹💘

Ps: grazie per i voti e le letture

Cheers🍹💘

Per un Manhattan di troppoWhere stories live. Discover now