38•||Dressed In Bruises

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La settimana passa abbastanza velocemente, solite lezioni solita routine.
Venerdì mattina mi sveglio con un po' di mal di testa, che cavolo doveva proprio arrivarmi il ciclo ieri?
Mi alzo affaticata e vedo la mini valigia che mi devo portare ancora all'angolo di camera mia, vuota, neanche un pantalone ci ho messo, sempre le cose all'ultimo momento devo fare.
Borbotto da sola e mi arrabbio anche pur essendo consapevole che sono stata io a rimandare ogni giorno.
Vado in bagno e ho tutti i capelli in disordine, mi lavo, mi vesto e mi trucco un pochino per togliere quelle bruttissime occhiaie e quel color cadaverico che ho sulla pelle.
Mi vesto con dei semplici jeans neri strappati e una maglia gigante, mi infilo le mie Vans nere e lo zaino in spalla, prendo una brioche dalla cucina e saluto Oliver, esco di casa e mi incammino -oggi Jacopo non mi viene a prendere perché doveva andare a prendere Ian-
Arrivata a scuola ci sono le scalinate già piene, entro e vado al mio armadietto, poso qualche libro è prendo il libro di fisica e di chimica.
<Ei, ciao Sara> dice una voce alle mie spalle, so perfettamente chi è.
<Matilda, cosa vuoi?> dico in modo non molto socievole.
<Possiamo parlare, civilmente?>
<Matilda Green vuole parlare con me, Sara Blear, civilmente?>
<Perfavore> In quel momento noto che è strana, è meno truccata del solito, solo mascara e a tutti gli occhi rossi, è vestita con dei pantaloni della tua grigi e una felpa larga, questo non è proprio nel suo stile, ma soprattutto non è seguita da tutte le sue amiche galline.
La guardo e accenno un si con la testa, andiamo nel bagno al secondo piano dove nessuno va mai.
<Cosa c'è?> chiedo cercando di non essere troppo aspra.
<Volevo chiederti scusa, sono stata una stronza, non solo con te, con tutte le persone di questa scuola, e forse hai ragione, sono proprio una viziata del cazzo>
<Non ho mai detto che sei viziata>
<Però lo hai pensato come tutti quelli in questa scuola> si blocca e non parla più, si siede per terra e mi guarda, a gli occhi lucidi.
<Scusa, davvero, mi sono resa conto che hai ragione, non ho amiche e quelle che reputavo mie amiche mi sfruttavano per la popolarità, ma io non voglio essere così, non voglio essere una smorviosetta con tutti i ragazzi hai suoi piedi, non ho mai chiesto una cosa del genere> la vedo che si rattristisce davvero tanto e che si mette a piangere, in quel momento -anche se non mi piace tanto ammetterlo- capisco che sta dicendo veramente, che non lo dice per poi sfottermi ma perché lo pensa davvero.
Gli vado vicino.
<Matilda stai davvero bene?> per un attimo esita è poi mi risponde.
<No> e scoppia in lacrime più di prima.
<Ei tranquilla> mi piego, gli prendo la testa e la appoggio sul mio petto, intanto gli accarezzo la schiena.
<Vuoi parlarne?> gli chiedo in tutta sincerità.
Potrebbe essere anche la persona più cattiva al mondo ma è comunque una persona e non mi va proprio giù il fatto che soffra.
Prima esita un attimo ma poi crolla.
<Non ne ho mai parlato con nessuno> dice alzandosi e mettendosi davanti ad uno specchio.
<Ciò che vedrai dovrà rimanere dentro questo bagno e te lo devi portare alla tomba, capito?> mi dice abbastanza seria, per farmi capire che deve essere così e basta.
Annuisco.
Mi guarda e per un attimo secondo me esita di nuovo ma poi si gira verso lo specchio e si alza la maglia molto delicatamente, sulla pancia perfettamente piatta è piena di lividi, la stessa cosa vale per la schiena che demolirà essere stata presa a cinturate.
<Matilda> non mi fa finire.
<Non è finita...> si abbassa i pantaloni e a le cosce anche quelle piene di lividi.
<Matilda, io>
<Non dire mi dispiace, di piuttosto la domanda che muori di farmi>
Esito per un istante.
<Dilla> quasi urla girandosi e mostrandomi che anche sul petto, sopra il top nero a dei lividi.
<Chi è stato?> dico quasi tremando.
<Mio padre> mi risponde con la voce tremante e gli occhi pieni di lacrime.
<Matilda> mi blocco ma poi proseguo.
<Tua mamma lo sa? Lo hai denunciato?>
<Non lo sa, non lo sopporterebbe, no, non potrei mai>
<Matilda>
<No, è comunque mio padre>
<Ti maltratta>
<Ma è mio padre>
<È già tanto che sei viva, non puoi continuare così>
<Sara è mio padre, penso che tu sappia perfettamente che non si girerebbero mai le spalle alla famiglia, non hai proprio genitori> penso un po' a quella frase, al fatto che io effettivamente non ho dei genitori, mia mamma si è fatta sentire ma io non voglio niente a che farci.
<Non ho dei genitori>  ammetto.
<Come? Sono> lascia in sospeso, so cosa voleva dire.
<No, cioè non che io sappia, abito con mio fratello, mia mamma si è fatta sentire un mesetto fa, sono scappata e sono ritornata due giorni dopo, non ci voglio niente a che fare>
<Ma è tua mamma>
<Matilda ne possiamo parlare lunedi? Lunedì pomeriggio ci incontriamo e ne parliamo>
<Ah giusto, allora la voce è vera>
<Quale voce?> mica saprà di me e Jack.
<Tu e Jack, state insieme vero?>
<Matilda>
<No a me va bene, anzi speravo a una come te>
Davvero?
Sarà vero quello che sta dicendo?
Ormai ho perso la prima ora, non mi posso presentare dopo 20 minuti che hanno già iniziato.

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Vi chiedo perfavore di dirmi con un commento se vi piace la storia, mi aiuterebbe molto a migliorarla☺️
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