Capitolo 2 - Libertà o schiavitù?

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L'aria del mattino era pesante e fredda, e l'avvolgeva come un manto gelido. Il cielo era livido di nuvole, primo segno di dicembre  che, giungendo, si era portato via la fiacchezza dell'autunno.
Megan rabbrividì dandosi della sciocca per aver indossato solo un mantello leggero, e si  sistemò il cappuccio davanti alla fronte, in modo da nascondere i capelli scuri che tanto detestava. Una cascata lunga fino al sedere che non rimaneva mai in ordine, né che li pettinasse né che intrecciasse i boccoli per formare una treccia.
Tuttavia, nonostante il tentativo di celare la sua capigliatura, alcuni riccioli sfuggirono alla protezione del cappuccio, e le ricaddero morbidamente ai lati del viso.
Stringendo tra le dita di una mano le monete che il padrone le aveva affidato per acquistare il sale e il pane e in quelle dell'altra il cuoio della sua borsa a tracolla, Megan attraversò rapidamente le vie di Whitechapel che, di prima mattina, brulicavano già di venditori in cerca del miglior offerente e di prostitute dai volti contratti dall'amarezza appoggiate ai muri sudici.
Se avesse provato ancora dei sentimenti, probabilmente le avrebbe guardate con compassione e forse si sarebbe fermata a scambiarci quattro chiacchiere, ma quella Megan — sorridente, affabile e gentile — se n'era andata molto tempo prima. Ora non c'era più spazio per sentimentalismi e gesti dettati dalla pietà; solo l'astio e la rabbia erano sentimenti che fosse giusto provare.

Tenne lo sguardo fisso davanti a sé, senza mai voltarsi o anche solo gettare un'occhiata alla strada al suo fianco.  Passò in mezzo a bancarelle di verdure e frutta, di intrugli miracolosi preparati dalle guaritrici, di spezie e carni affumicate, fino a giungere alla prima che le interessava, quella dove si vendeva il sale.
Il venditore — un vecchio segaligno e dall'aria arcigna, con uno dei volti più scarni che lei avesse mai avuto occasione di vedere — la guardò con espressione impaziente, in attesa che Megan gli dicesse il quantitativo di sale che intendeva acquistare. 
— Un chilo, per favore — disse lei con decisione. Attese che l'uomo riempisse un sacchetto con la giusta dose di sale e, dopo che glielo ebbe porto, gli fece scivolare nella mano una moneta e fece per andarsene. Prima che potesse farlo, però, le dita ossute del vecchio si chiusero intorno al suo polso, bloccando i suoi movimenti. Megan voltò rapidamente lo sguardo verso di lui e l'ombra del rimprovero le oscurò gli occhi.
—Che cosa volete? Lasciatemi. —
L'uomo scosse la testa, rivolgendo l'attenzione alla borsa che lei trasportava a tracolla.
—Sono più che sicuro che lì dentro ci siano altre monete — affermò, scrutandola con uno sguardo tagliente.
—Aprite la borsa. —
Il volto di Megan si indurì, e il cuore cominciò a pomparle veloce nel petto.
—Non ci penso nemmeno — obiettò, tentando di liberarsi dalla stretta del vecchio con uno strattone ma fallendo miseramente. A dispetto dell'età avanzata, quel sudicio uomo aveva ancora una presa salda e forte. —Vi consiglio di lasciarmi andare, o mi metterò a gridare.
—Non lo farete — sussurrò lui di rimando, chinandosi attentamente verso di lei. —Oppure sarò costretto a fingere che stavate cercando di derubarmi. E voi e il vostro padrone finirete sulla bocca di tutti, oltre che in prigione. Credetemi, in quei posti le belle ragazze come voi sono un bocconcino prelibato. —
Inorridendo, Megan si sentì la bocca secca e rivolse gli occhi alla mano libera che le restava. Aveva solo un'altra moneta e le serviva per comprare il pane.
—Siete voi che state cercando di derubarmi, milord — sibilò fissandolo con indignazione.
—Lasciatemi andare.

Il vecchio scosse nuovamente la testa e aprì la bocca per gridare aiuto dalla fittizia rapina che la ragazza aveva messo in atto contro di lui. Ma, prima che avesse il tempo di pronunciare anche una sola parola, la voce rauca di una donna anziana giunse alle loro orecchie, arrivando alle spalle di Megan.
—Ti consiglio, vecchia volpe, di lasciar perdere questa bambina e tornare a fare il tuo lavoro. Ho assistito alla scena e so perfettamente che eri tu a volerla raggirare. Perciò tappati quella fogna e lasciala andare.—
Il tono era insolitamente autoritario e categorico. Megan non si sarebbe di certo aspettata che l'uomo eseguisse letteralmente gli ordini, e invece fu proprio quello che fece. Con uno  strattone indifferente lasciò la presa intorno al suo polso e le rivolse una smorfia sprezzante, prima di tornare ad occuparsi dei suoi prodotti.
Megan si voltò verso la donna che le aveva risparmiato un sicuro rimprovero con conseguente punizione da parte del padrone, per ringraziarla.

—Oh, non ringraziatemi, ragazza— replicò lei, facendole segno di riprendere il cammino. La affiancò e continuarono il percorso insieme, mentre il vociare del primo mattino si espandeva e arricchiva l'aria fredda.
—Quel farabutto fa sempre così: vede una bella ragazza come voi, finge di venderle il sale a un buon prezzo e poi cerca di derubarla. Concepisce la bellezza come un segno di stupidità, povero stolto. Invece in voi... In voi ho visto dell'altro, oltre al gradevole aspetto. Intelligenza. Furbizia. Nascondete più di quanto le apparenze mostrino. Non è così?
Megan si strinse nelle spalle, esaminando il profilo della donna e notando che, nonostante non fosse più proprio giovanissima, la pelle era ancora liscia e distesa, intorno agli occhi non vi era la presenza di alcuna ruga. Solo i capelli, di un grigio spento e trattenuti da una crocchia alta sulla testa, rimandavano all'idea di una donna piuttosto in avanti con l'età.
—Forse siete anche timida — commentò, quando la ragazza non rispose.
—Oh, no — si affrettò a dire lei, scuotendo la testa. —Sono solo molto compiaciuta delle vostre parole. Nessuno mi aveva mai definita prima 'intelligente'. —
—Lo immaginavo. —
La donna sorrise, aggrappandosi improvvisamente al suo gomito. Megan non protestò e, al contrario, trovò gratificante quel contatto. Le ricordò all'istante quello che aveva avuto con sua madre fino a quando la febbre non se l'era portata via, cinque anni prima, a soli trent'anni, e fu sul punto di scoppiare in lacrime.
Ma, come aveva imparato a fare molto tempo addietro, trattenne il pianto, i ricordi e qualunque altra emozione che le provocasse sofferenza.
—Siete la tanto rinomata amante del Duca di Wilkins, non è vero? —
Megan si bloccò, fermandosi a guardarla.
—Come fate a...
—Diciamo che sono un'indovina, e anche piuttosto brava. Lui non vi apprezza, e dubito che lo abbia mai fatto, è naturale che non abbia mai notato o ammirato la vostra intelligenza. Non capisco ancora come facciate a rimanere in quella casa. —
Megan abbassò lo sguardo, serrando le labbra. Non lo sapeva nemmeno lei, a dirla tutta. Forse perché sua madre era nata e cresciuta al servizio della famiglia Wilkins, e ci era anche morta, forse perché il padrone faceva sempre finire qualche spicciolo in più nel suo salario.

Il padrone. Victor Wilkins. Solo il pensiero di lui e delle sue mani, del suo respiro rovente sulla pelle, del suo corpo che schiacciava il proprio, le provocò il consueto senso di nausea.
La donna dovette accorgersene perché allungò una mano e la posò delicatamente sotto il suo mento, facendola voltare verso di lei.
—Percepisco il dolore che provi, e tutto quello che hai provato nel corso degli anni, come se fosse il mio. E mi fa male. Fa tanto male, vero, ragazza? —
Istintivamente, Megan annuì, poi scosse la testa per scacciare dalla mente il pensiero di ciò che le sarebbe spettato di nuovo quella sera e tutte le altre a seguire.
—Io devo... Devo proprio andare, milady. Ho altre commissioni da sbrigare. —
—Non  sono affatto una lady. —
La donna fece una smorfia, sorridendo, e la guardò con un paio di occhi di un verde spento, come quello dei prati che si preparano per l'autunno.
—Sei proprio sicura di voler tornare lì? — le domandò, osservandola scrupolosamente. Megan ricambiò il suo sguardo e intuì che stava cercando di farle capire qualcosa, ma il dovere era più urgente. Lo sarebbe stato sempre.
—Devo, per forza. —
La donna le fece scorrere le dita lungo una guancia, tracciando il percorso invisibile che avrebbe fatto una lacrima, scendendo dagli occhi di Megan. Poi emise un sospiro e ritrasse la mano, schiarendosi la gola.
—Sei così giovane, bambina... — sussurrò, più a se stessa che alla ragazza, guardando davanti a sé.
—Hai tutta una vita davanti a te. Non sprecarla rimanendo alla mercé di un uomo meschino e crudele che arriverà a toglierti anche l'anima, prima o poi. Riflettici. —
Poi, prima che Megan avesse il tempo di rispondere qualcosa, la donna le rivolse un lieve cenno del capo e si allontanò, immergendosi nella folla di povera gente che si accalcava contro le bancarelle. La sua figura scomparve repentinamente, così com'era giunta, confondendosi tra la calca, e Megan si ritrovò da sola, nel vociare fastidioso delle persone intorno a lei, a cercare di sbrogliare l'intricata matassa di dubbi che le affollavano la mente.

- IN REVISIONE - Il tuo respiro sulla pelle Where stories live. Discover now