Capitolo 5 - Un brutto scherzo.

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La pioggia sfumò ben presto in un temporale. I tuoni sconquassarono il cielo grigio scuro e, ad ogni boato prodotto, la ragazza seduta di fronte a lui, in sella, sussultava. Andrew cercò di non pensare al suo fondoschiena schiacciato inconsapevolmente contro il proprio basso ventre, o ai capelli fradici che gli sfioravano il mento facendolo fremere.  Quando un altro tuono rimbombò nel cielo e la ragazza trasalì ancora, una spinta la premette ancor di più contro il corpo di Andrew e lui non potè fare a meno di avvertire un fremito nel basso ventre. Quel movimento, seppur inconsapevole, ebbe l'effetto di distrarlo dai suoi propositi poco cavallereschi. Del resto, però, lui aveva abbandonato i principi e i dogmi della cavalleria da troppo tempo.

— Dove stiamo andando? —  urlò la giovane per sovrastare il rumore della pioggia, che rendeva ovattato qualunque altro suono.
— Al riparo —  rispose Andrew, gridando a sua volta. — Nella mia residenza. — 
A quelle parole sentì la ragazza irrigidirsi contro il suo petto, e le sue cosce stringersi involontariamente seguendo il profilo delle proprie. Capì, all'istante, che doveva aver detto qualcosa di sbagliato e che aveva provocato quella reazione da parte sua.
Che si fosse allarmata per aver scoperto che la stava portando a casa sua? Probabilmente, pensò dandosi mentalmente dell'idiota. Aveva osato troppo, dicendoglielo apertamente, ma aveva pensato che — se lei lo avesse saputo solo una volta arrivati — avrebbe potuto mettersi a gridare e poi correre via.

— Fatemi scendere — disse la ragazza con decisione.
— Come dite? — rispose Andrew, confuso.
— Fatemi scendere adesso, milord! — 
Il temporale s'intensificò, sferzando il viso dei due giovani con prepotenza e abbattendosi talmente forte su quello di Andrew da fargli volar via il cappello. Gli sfuggì un'imprecazione inopportuna, ma riconobbe che in quel momento quella non era una cosa di cui preoccuparsi.
— Milady, ve ne prego, non ho cattive intenzioni — urlò con sincerità, sperando che lei fosse abbastanza sveglia da capire che stava dicendo la verità. Mai e poi mai avrebbe pensato di nuocere ad una giovane donna, come non lo avrebbe fatto se fosse stata un'anziana o una bambina.
Aveva fatto del male, in passato, solo agli uomini che lo avevano meritato. Non si sarebbe azzardato a toccare una donna.

— Farò da sola, allora.—

Gli parve che lei borbortasse qualcosa che, a causa del temporale, non riuscì a comprendere.
Prima che avesse il tempo di chiederle di ripetere cos'aveva detto, la ragazza si issò in sella, sollevò un ginocchio e si lasciò cadere al suolo, dove rotolò goffamente, i movimenti impacciati dalla lunga gonna.
Imprecando, Andrew tirò le redini del cavallo facendolo fermare bruscamente, gli zoccoli che cozzarono morbidamente contro la pietra scivolosa della strada.
Il Conte smontò repentinamente, poi si precipitò accanto a lei, che si stava toccando una gamba. Il volto era contratto in una smorfia di dolore.
— Milady — sussurrò Andrew, allungando un braccio e scostandole una ciocca bagnata dalla fronte.  — Che cosa vi è saltato in mente? —
— Non toccatemi! — sibilò lei, sottraendosi subito alle sue dita.
— Andatevene... — sussurrò poi, ma Andrew non la sentì perché la pioggia aveva creato una cortina tra i loro volti che rendeva difficile perfino riconoscerne i tratti.
— Milady, per favore, permettemi di aiutarvi. —
— Smettetela di chiamarmi così! —  gridò lei all'improvviso. In quel momento un altro tuono sembrò spaccare il cielo e Andrew vide il petto di lei cominciare a muoversi affannosamente.
— Non sono una lady. Lasciatemi in pace.— 
— Sto solo cercando di essere d'aiuto — rispose il conte, cercando di farle capire, con lo sguardo, di quanto fossero vere e oneste le sue intenzioni. — Davvero. —
La giovane serrò le labbra in una linea dura, fissandolo con una espressione di superiorità degna delle più altolocate dame di Londra.
— Non ho bisogno del vostro aiuto, milord. Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno. — 
Andrew la fissò di rimando e non poté fare a meno di provare un moto di insolito compiacimento: era la prima volta, in vita sua, che sentiva una donna essere così sicura di se stessa e la cosa, nonostante lo avesse colto alla sprovvista, lo gratificò enormemente. Non seppe dire, esattamente, cosa lo indusse a prendere la decisione di ironizzare sulle sue parole. Forse un istinto incoscio, forse l'incauto desiderio di stuzzicarla per vedere quale reazione avrebbe avuto. O, più probabilmente, solo per vedere quegli occhi verdi, del colore di giada, allargarsi e diventare inviperiti.

— Oh, milady, io credo proprio che ne abbiate bisogno. Non vorrete restarvene qui, sotto questo temporale, per tutta la notte, vero? Si sta facendo tardi e il cielo diventerà ancora più scuro di quanto non sia già ora. I delinquenti girano più facilmente, a quest'ora, sapete? —

All'improvviso, senza sapere perché, Megan si sentì sprofondare in una dimensione di panico e terrore, una sensazione scaturita dal timore verso il suo padrone, che le serrò lo stomaco facendole venire la nausea.

— Ma voi... — tentennò, passandosi una mano sul viso per allontanare le ciocche fradice che le impedivano la vista e accorgendosi che, stranamente, la pioggia aveva inibito il dolore alla gamba. — Anche voi stavate cercando di farmi del male. Riconosco un farabutto, quando lo vedo. —
Lo aveva sfidato, ma non le importò. Se aveva pensato di trovarsi a che fare con una ragazzina ingenua e non prevenuta, avrebbe fatto meglio a capire di essersi sbagliato. E alla grande.
L'espressione divertita sul volto dell'uomo la sconvolse, definitivamente.
— Vi sembro forse, milady, un delinquente?—
Prima che lei rispondesse, lo vide scuotere la testa e porgerle ancora una volta la mano.

— Non voglio il vostro aiuto, maledizione! — sbottò, indietreggiando goffamente, le gonne impregnate completamente dall'acqua.
— Ve lo ripeto, so cavarmela da sola.— 
Sapeva che non stava usando propriamente il tono di voce che conveniva ad una semplice sguattera ma, la prospettiva che anche quell'uomo — per quanto aristocratico e degno di rispetto — avrebbe potuto ferirla ancora, prevalse sul senso del decoro.
— Per favore — disse in tono appena più cordiale. — Lasciatemi stare. —
— Mi dispiace insistere — replicò lui, gentilmente.
— Ma verrete con me, che lo vogliate o meno. Non sono il tipo d'uomo che lascia una donna sola e indifesa, in balia di un temporale e di chissà quali altri pericoli nascosti nell'ombra. Sarò costretto a prendervi di peso e a trascinarvi via, se non deciderete di collaborare. Parola di Conte. —
Megan lo guardò con espressione truce, lanciando uno sguardo alla strada, dietro di lei, e notando che era completamente sgombra. Nessuno avrebbe potuto aiutarla, se fosse finita nelle mani sbagliate. Ricordò il sospetto ladro che l'aveva seguita solo qualche tempo prima e rabbrividì, ma il proposito di passare il tempo nella residenza di un altro nobile che avrebbe potuto usarle violenza come aveva fatto il padrone, le diede la spinta necessaria ad alzarsi. Era stanca degli aristocratici e delle loro sporche intenzioni. Non si sarebbe fatta calpestare un'altra volta.
L'uomo la stava ancora fissando in attesa che dicesse qualcosa. Megan afferrò i lembi del cappuccio e se lo tirò sulla testa, ostacolata dal fatto che era completamente inzuppato. Poi, prima che lui avesse il tempo di capire cosa stava per fare, raggiunse il cavallo e annuì.
Andrew si lasciò andare ad un sospiro di sollievo e la raggiunse, incitandola a salire. Lei infilò un piede nella staffa e fece forza sulla gamba per issarsi in sella. Ma, quando l'uomo fece per imitarla, infilando il piede nella staffa, lei afferrò le redini e spronò il cavallo al galoppo.
Il movimento fece sbalzare Andrew all'indietro, che riuscì ad attutire la caduta grazie alla sua prontezza di riflessi, ma non gli impedì di rotolare lungo la strada.
Dannazione! — urlò sotto la pioggia, voltandosi sulla schiena per vedere la sagoma del suo stallone e della ragazza sparire nell'intensità del temporale.

- IN REVISIONE - Il tuo respiro sulla pelle Where stories live. Discover now