Capitolo 19 ― Fantasmi del passato.

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― È uno splendido giorno, oggi ― annunciò il padrone con un sorriso. La servitù scattò in piedi all'istante, abbandonando la misera colazione che consumava tutte le mattine. Ginny lasciò cadere il coltello con il quale aveva spalmato il burro sulla superficie del tavolo, Peter si pulì i residui delle briciole dalla barba con il dorso della mano, Thomas e Hanna assunsero delle espressioni solo vagamente incuriosite di fronte alla sconosciuta dai capelli fulvi che Andrew Turner teneva per mano. La porta di servizio era ancora aperta, e lasciava entrare un fascio di aria gelida. La ragazza si guardava intorno con aria leggermente smarrita, eppure sul suo volto non c'era alcuna traccia di insicurezza. Le labbra erano appena incurvate verso l'alto, negli occhi azzurri, che sembravano quasi blu in quel momento, brillava una luce insolita.
― Lei è Roxanne ― la presentò Andrew, spingendola a farsi avanti con un gesto delicato del braccio.
― Da oggi in poi lavorerà nelle cucine con voi. Ma non dormirà nelle vostre brande.―
Ci fu una sottile venatura di malizia nel tono che usò. Hanna assottigliò lo sguardo, osservando Roxanne con occhi penetranti. Distolse lo sguardo un attimo prima che lei se ne accorgesse.
Nel momento preciso in cui Andrew pronunciò quelle parole, la luce fioca proveniente dall'esterno venne oscurata dall'arrivo di due sagome. Lo sguardo del conte si sollevò verso le nuove arrivate, scontrandosi con quello di Megan come un'onda che si infrange su uno scoglio. L'attrito che venne sprigionato da quello scambio di sguardi fu quasi tangibile. Andrew non si scompose. Sostenne il verde di quegli occhi che, nel profondo, adorava con tutta la forza di volontà di cui era provvisto. Vinse quella piccola battaglia di sguardi nel momento in cui si accorse che il labbro inferiore di Megan aveva cominciato a tremare. La ragazza abbassò la testa in un inchino, mentre Lexie sporgeva la propria oltre la sua spalla.
―Milord, perdonateci― esordì con aria affranta. ―Non volevamo fare niente di male. Abbiamo visto i cavalli e ci è venuta...
―...Voglia di cavalcare― concluse per lei Andrew, senza staccare gli occhi da Megan che era rimasta in silenzio. ―Non importa, Lexie. Avete colto un'occasione. Non posso che congratularmi.―
Lo sguardo della ragazza assunse una piega confusa, mentre abbassava il capo.

― Come stavo giusto dicendo ai vostri compagni ― proseguì il conte tornando a voltarsi verso Roxanne, ― da oggi alla servitù so unirà un'altra recluta. Roxanne. ― 
Al suono di quel nome Andrew vide il capo di Megan sollevarsi appena. Fu solo un'allucinazione, pensò in seguito, averla vista sussultare, e in quel momento non ci prestò troppa attenzione. Megan, quella stupida serva, aveva fatto la sua scelta.
Rifiutare un conte era stata una delle scelte più insensate che una serva potesse compiere. Tanto meglio, ricordava di aver pensato; almeno avrebbe potuto dimenticarsela più facilmente.
Andrew sfoggiò un sorriso, poi si chinò a sussurrare qualcosa all'orecchio di Roxanne. Lexie rifilò una gomitata contro il braccio di Megan poco prima che Roxanne sorridesse di un sorriso malizioso. Megan decise di ignorare qualunque cosa stesse succedendo, e qualunque cosa quei sorrisi alludessero.
― Bene ― riprese il conte, tornando a rivolgersi alla servitù. ― Voglio che la facciate sentire a proprio agio e che la trattiate come se fosse già una di voi. Ha passato una brutta vita fino a ieri. ― 
Gladys, che era seduta nel solito posto sul pavimento, fece una smorfia, ma nessuno la notò, a parte Megan. L'anziana donna scosse la testa, sollevando la testa e fissandola con occhi penetranti. Megan sospirò, annuendo. Poi abbassò il capo, decisa a non osservare la nuova arrivata. Perché Andrew l'aveva portata lì? Chi era? Dove l'aveva conosciuta? Ma poi, affilata come una lama, la consapevolezza della risposta che le affiorò in mente, la spiazzò. Una prostituta. Naturalmente. Ecco dove l'aveva incontrata, ed ecco a quale brutta vita il conte si era riferito. Megan, però, decise che non le importava. Nulla aveva più alcuna importanza. Eppure continuava a sentire quel macigno sul petto, un dolore che cresceva ogni ora di più. A nessuno sarebbe importato vederla soffrire, però. Probabilmente non importava più nemmeno a lei stessa.
Sollevò lo sguardo e incontrò quello di Roxanne. Aveva pensato di trovare un lampo di sfida, in quegli occhi così azzurri, ma tutto ciò che vide fu un'amabile sensibilità. Si domandò, confusa, perché la stesse guardando in quel modo, come se cercasse una qualche sorta di approvazione per qualcosa di cui Megan non faceva parte.
Scostandosi una ciocca ribelle dietro l'orecchio, Roxanne le sorrise, chinando il capo. Megan avvertì all'improvviso qualcosa di duro sbattere contro il suo piede. Voltò la testa e si accorse che era stato il vecchio bastone di Gladys a toccarla. La fissò con aria interrogativa, stringendo gli occhi, ma Gladys non ricambiò il suo sguardo, limitandosi a sospirare rumorosamente. Aveva voluto dirle qualcosa? Megan continuò a guardarla sperando che la donna le desse qualche segno, ma lei non lo fece, e la ragazza inghiottì amaramente tornando a guardare Roxanne. Lei non la stava più guardando. Guardava Andrew, adesso.
― Preparate un buon pasto per Roxanne ― ordinò con tono autoritario. ― Voglio che dimentichi tutte le cose orribili che ha dovuto subire in quella bettola. A cominciare dal cibo. ― 
Detto questo, afferrò la mano della ragazza e ne baciò il dorso soffermandosi molto più del dovuto. A un certo punto gettò lo sguardo su Megan, con la coda dell'occhio, e si accorse di come lo stava osservando. Aveva assottigliato lo sguardo e con le dita stava stringendo i lembi della sua lunga gonna, ma Andrew non comprese la ragione di quel gesto.
Sollevando la testa, sorrise a Roxanne e poi lasciò la stanza, lasciando la nuova arrivata in compagnia degli altri servi.

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