Capitolo 14 ― La cosa sbagliata.

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Andrew tamburellava impaziente con le dita sul bracciolo del divano del suo studio, mentre osservava Philip scrivere diligentemente sul suo taccuino.
Quando sollevò lo sguardo, lui smise di tamburellare e gli rivolse un sorriso tirato.
―E così vuoi dare una festa ― commentò con una smorfia.
Philip picchiettò la penna sul taccuino.
―Esattamente. Un ballo, per l'esattezza.
Abigail ne sarà entusiasta, e in questo modo potremo ufficializzare il nostro fidanzamento. Sai quanto adori le feste e i balli.
―Abigail, certo. ―
Andrew sputò fuori quel nome con un pizzico di amarezza.
―Sì, so quanto le ami. Quando vorresti darlo, questo ballo?
Philip fece scorrere la punta della penna sulla pagina.
―Henry Sullivan e sua moglie Vivian, John e Patricia Stewart... ― si schiarì la gola, richiudendo il taccuino.
―Domani sera. Credo sia perfetto.
Andrew si accigliò. ―Non abbiamo il tempo necessario per organizzare tutto, Philip.
―Non importa ― lo interruppe l'altro con un sorriso. ―Ce lo faremo bastare.―
Andrew sogghignò.
Erano trascorsi tre giorni da quando avevano avuto la rissa al bordello, tre giorni durante i quali i due fratelli avevano convissuto cercando di non far trasparire ―né dagli sguardi, né dalle espressioni― quello che era successo. Non era stato facile, naturalmente, perché Andrew sentiva il bisogno di finire quello che aveva iniziato e Philip doveva provare lo stesso. Eppure, parlare con Megan, quella sera di pochi giorni prima, aveva placato in parte il suo tormento. Più i giorni passavano, più si rendeva conto, con estrema riluttanza, quanto quella ragazza lo attraesse.
Non era giusto, non lo era affatto; lui era un nobile, lei una serva. Eppure aveva visto qualcosa, negli sguardi che Megan gli lanciava, nelle sue movenze e nel tono di voce che gli rivolgeva, qualcosa che lo rendeva inevitabilmente soggiogato. Non voleva, non poteva, e ne era consapevole, ma sapeva, con altrettanta certezza, quanto fosse tutto inutile. Gli era entrata dentro e difficilmente ne sarebbe uscita.
Eppure non aveva la concreta certezza che anche per Megan le cose stessero così. Nonostante sentisse insistemente la voce nella sua testa che gli gridava di non farsi strani pensieri, perché era ad Elizabeth che doveva pensare e a nessun altro, Andrew non riusciva a togliersela dalla mente.
―Fai inviare gli inviti, allora ― riprese, alzandosi dal divano e dirigendosi alla porta, con l'immagine di Megan davanti agli occhi.
―Ah, Philip, credo che tutti riceveranno una sorpresa, domani sera. Una bella sorpresa.
Philip non perse tempo a chiedere spiegazioni, e Andrew non gliele avrebbe comunque date.
La sorpresa avrebbe lasciato lui, prima di tutti, a bocca aperta e in seguito anche tutti gli invitati. Forse, pensò, anche la persona da cui si stava dirigendo in quel preciso istante.

Andrew scese le scale lentamente. Raggiunse il salotto, entrò e si versò del brandy. Dopodiché chiamò il suo valletto personale, Nathaniel, e attese che arrivasse.
―Cosa desiderate, milord?―
Il suo capo biondo cenere fece capolino dalla porta socchiusa, e un tono di voce mesto e delicato accompagnò le sue parole.
―La domestica, Megan, mandala a chiamare. Falla venire da me.―
―Sì, milord― fu la risposta ossequiosa che diede il giovane, prima di sparire.
Andrew fece roetare il brandy nel bicchiere, prima di mandarlo giù tutto d'un sorso. Sarebbe arrivata, presto avrebbe rivisto Megan varcare quella soglia e avrebbe messa al corrente di ciò che aveva in mente. Era fermamente convinto che, sulle prime, lei sarebbe rimasta di stucco. Insomma, un conte che invitava una serva ad un ballo era quanto di più disdicevole e insolito ci fosse.
Eppure lo voleva.
Andrew desiderava con ogni fibra del suo essere che Megan lo accompagnasse al ballo, che assaporasse la musica e il buon cibo, una volta nella vita. Più di ogni altra cosa, che Dio lo perdonasse, ardeva dal desiderio di stringerla tra le braccia e farla roteare nel bel mezzo di una sala affollata di gente con la puzza sotto al naso.
Voleva percepire il contatto dei loro corpi, com'era successo appena una settimana prima quando l'aveva fatta salire in sella insieme a lui, e sentire il suo profumo d'erica, rivivere sulla pelle le sensazioni che, con il solo sguardo, Megan era in grado di fargli provare.
Sperava che avrebbe accettato l'invito, però non poteva dire di esserne troppo sicuro. Si sarebbe sentita in imbarazzo, probabilmente, e avrebbe pensato che lui la stesse prendendo in giro. Come spiegarle, in tal caso, che in realtà era ben lungi da quelle intenzioni?
―Milord.―
Quella voce calda gli attraversò le viscere, facendolo fremere.
―Mi avete fatta chiamare?―
Andrew inspirò, poi si voltò e le rivolse un sorriso sincero.
―Sì, Megan. Desidero parlarti.―
Per la prima volta, le aveva dato direttamente del tu; l'aveva fatto inconsciamente, ma lei non ne sembrò turbata.
―Puoi accomodarti― la invitò lui, indicandole il divano.
Confusa e riluttante, la vide annuire e raggiungere il divano, per poi adagiarvisi delicatamente.
Era di una bellezza sconcertante, pensò, perfino con i capelli raccolti alla rinfusa in una treccia cadente di lato, l'aria stanca che le ombreggiava il volto e i cerchi poco marcati intorno agli occhi. Occhi, nonostante tutto, ancora provvisti di quell'ardore folgorante che lo aveva colpito fin dal primo momento.
Sembrava spaesata, e Andrew poteva ben comprenderla. Decise di metterla a suo agio offrendole un bicchiere di brandy.

―Preferisco farne a meno, milord, ma grazie.
―Come preferisci.―
Andrew sorrise, sistemandosi la camicia bianca che, unita alla giacca nera, doveva donargli una fredda eleganza.
Versandosi dell'altro brandy, si avvicinò a lei e la osservò dall'alto.
―Ti ho fatta chiamare perché voglio farti una proposta ― cominciò, scrutandola con occhi lucenti come lame d'acciaio.
Lei ricambiò il suo sguardo, deglutendo nervosamente.
―Di cosa si tratta?―
―Domani sera ci sarà un ballo ― le spiegò, facendo roteare il liquido nel bicchiere. ―Per ufficializzare il fidanzamento di mio fratello e la sua futura sposa. Sarà una festa non troppo elaborata, però ci sarà della musica e del cibo e...
―So come sono le feste, milord ― Megan non si trattenne dall'interromperlo, e ridacchiò.
―Perdonatemi ― si affrettò a scusarsi subito dopo.
Quando sollevò lo sguardo, si accorse che anche lui stava ridendo. Vedere quel sorriso le provocò una calda fitta allo stomaco, e le fece inaridire le labbra. Che si affrettò ad umettare con la lingua.
―Certo, sì, ovvio che tu sappia come sono fatte queste feste. ―
Scosse la testa, mandando giù un altro sorso di brandy.
―Comunque, ciò che volevo proporti è... ―
Soppesò le parole successive nella sua mente, prima di proseguire.
―È di venire al ballo. Con me. ―
Lo stupore comparve all'istante negli occhi di lei, come si era aspettato. La vide aprire la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito e sbatté le palpebre.
―Signore, io... Ecco... ― borbottò imbarazzata, e d'istinto si alzò. In piedi, gli arrivava a malapena alla spalla. La sua altezza le incuteva timore, nel profondo, sentiva che avrebbe potuto schiacciarla da un momento all'altro, eppure il suo sguardo ―dei più sinceri e cristallini che avesse mai visto ― lasciava intendere che poteva fidarsi di lui.
Si perse, involontariamente, in esso. Se uno sguardo avesse avuto il potere di percuoterla, quello era il caso. Ammirò il grigio metallico di quegli occhi, lasciò che la loro essenza penetrasse nel suo corpo e, in quel momento, Megan seppe con certezza che non ne sarebbe più uscita. Le sue mani fremetterono, all'improvviso, dal desiderio di toccarlo e il sì, in risposta a quella insolita proposta, sarebbe stato pronto a uscire da un momento all'altro, ma in quell'istante le labbra di Andrew, lentamente, si posarono sulle sue. Premette dolcemente, come per chiederle il permesso, e abbatté ogni sua difesa quando lei glielo concesse, schiudendo le labbra. La lingua di Andrew si insinuò all'interno della sua bocca, il bicchiere gli cadde di mano quando le circondò la schiena per attirarla verso il suo corpo. Avvertì il proprio membro risvegliarsi immediatamente quando i seni di Megan gli sfiorarono la camicia, ma decise che non era quello il momento per dare sfogo a certi istinti, e la strinse più forte a sé assaporando il suo sapore dolce e salato al tempo stesso. A Megan sfuggì un gemito quando lui, preso dall'eccitazione, le infilò le dita nei capelli e le sciolse la treccia, un gemito che Andrew si affrettò a nascondere approfondendo il bacio. La sensazione della sua lingua che si intrecciava alla propria e il fatto che stesse rispondendo a quel contatto con tanto impeto, rischiarono di mandarlo sull'orlo di un precipizio, ma, in quel momento, le labbra di Megan si allontanarono dalle sue. Con un movimento rapido.

Gli occhi di lei erano grandi, adesso, e più luminosi di prima, languidi e profondi, il corrispettivo dei propri. Le sue labbra rosee e carnose si erano gonfiate, e chiedevano espressamente di essere ancora baciate. Andrew si sporse verso di lei, la mano ancora appoggiata sulla sua schiena. L'aria sperduta di Megan lo induceva a baciarla ancora, ancora e ancora. Tuttavia, come se ne era resa conto anche lei, era tutto sbagliato.
―Io non... Non posso. Mi dispiace. ―
Passandosi una mano sul viso, Megan gli rivolse un inchino e fece per lasciare la stanza, quando la mano di Andrew si chiuse intorno al suo polso.
―Ti prego, Megan ― sussurrò avvicinando il volto al suo, guardandola con occhi penetranti.
―Non era mia intenzione metterti in questa situazione. E se non accetterai la mia proposta, lo capirò.―
Lei sostenne il suo sguardo, tremando e fremendo, ritrovandosi a fissare ancora le sue labbra. Poi scosse la testa con un sospiro.
―Mi dispiace, milord. Non posso venire a quel ballo con voi. Io sono una serva.―
―Sì, siete... Sei una serva, ma io...

Prima che lui avesse il tempo di terminare la frase, Megan si sciolse dalla sua presa, cominciando a riaggiustarsi la capigliatura.
―No, milord ― lo interruppe con amarezza.
―Mi dispiace, devo tornare in cucina.―
Andrew serrò le labbra, e annuì solo qualche secondo dopo. Quella era la cosa giusta: lasciarla andare, non invitarla al ballo, non farsi aspettative. E, soprattutto, non baciarla.
La osservò lasciare il salotto, fragile e spaesata com'era arrivata, e, quando se ne fu andata, si maledisse internamente.

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