Capitolo 7 - Uno spiraglio di luce.

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Una volta, il Conte William Arthur Sinclair Turner — padre arcigno, distaccato e rigido come pochi — gli aveva insegnato che la calma era una virtù che solo pochi eletti potevano permettersi. Al figlio dodicenne aveva detto che lui era uno di quei fortunati.

Ma, quando il suo stallone partì al galoppo infrangendo la bruma di quella sera d'inverno e la sagoma di quella ragazza svanì nello stesso modo improvviso in cui era giunta, Andrew Turner abbandonò ogni idea che la calma fosse una parte di sé.

Con un'imprecazione che i dotti religiosi avrebbero condannato a morte il conte si sollevò in piedi, schermandosi gli occhi con un braccio per cercare di limitare gli schizzi di pioggia sul viso, e batté uno stivale contro la superficie di pietra della strada.
Dannata ragazza.

Gli aveva giocato davvero uno scherzo di pessimo gusto. Sulle prime non gli era nemmeno passata per la testa l'idea che potesse essere una ladra, ma del resto, come gli insegnamenti di suo padre gli ricordarono in quel momento, molto spesso le apparenze ingannano.
A lei era stato sufficiente guardarlo con quel paio di occhi verdi e luminosi — a dispetto perfino del grigiore che la pioggia aveva gettato sui loro volti — e fingere di aver perso i sensi ed essersi ferita, per ammaliarlo e condurlo completamente fuori di senno.
Era stato talmente sciocco che ora, in piedi al centro della via desolata, si sentiva una vera e propria nullità. Ecco cosa succedeva a chi era tanto ingenuo da aiutare qualcuno in difficoltà.
Del resto, però, era proprio sicuro che fosse tanto arrabbiato perché quella ragazzina gli aveva rubato il cavallo?
Andrew si ritrovò, suo malgrado, a riflettere e comprese che il vero motivo era uno solo: se ne era sentito terribilmente e inevitabilmente attratto. A peggiorare le cose era stato l'istante in cui aveva stretto le braccia intorno a quel corpo caldo, nonostante il vestito inzuppato di pioggia, e aveva sentito un brivido lungo la spina dorsale. Si era sentito il sangue accendersi nelle vene. Ma poi, un pugno violento nello stomaco, era arrivato il senso di colpa nei confronti di Elizabeth. Pensare a qualcun altra, anche a quella che era solo una  ragazzina, sarebbe stato come tradire la sua memoria, ed era l'ultima cosa che lui avrebbe desiderato.

Si era dato dell'idiota e continuava a conferirsi quell'appellativo anche in quel momento, con la pioggia che gli era penetrata a fondo negli spazi tra la pelle e i vestiti, e che lo inondava di ripetuti brividi di freddo.

Quando il rombo possente di un tuono sembrò voler squarciare il cielo sopra la sua testa, Andrew  decise che era giunto il momento di agire. Avrebbe corso sotto la pioggia, avrebbe cercato quella dannata ragazza e si sarebbe ripreso il suo cavallo. Valutò se darle una lezione fosse una scelta saggia, ma poi si ricordò della morbidezza dei tratti di quel viso che sembrava fatto di porcellana, dell'intensità di quello sguardo magnetico, e un unico pensiero gli attraversò la mente: non sarebbe riuscito a punirla nemmeno sotto costrizione.
Maledicendosi per essere ancora una volta il solito sciocco, Andrew inspirò profondamente e cominciò a correre.

Fu quando il nitrito impazzito di quello che identificò come il suo stallone risuonò nella notte nebbiosa, che si accorse di star ancora trattenendo il fiato. Aveva impiegato forse nemmeno una decina di minuti ad attraversare a piedi la via principale della capitale e, adesso, ad alcuni metri di distanza, si ritrovava ad assistere ad una scena che stava per fargli perdere qualunque rimasuglio di controllo gli fosse rimasto.

Vide la schiena della ragazza sollevarsi e abbassarsi freneticamente, segno inequivocabile che stesse ansimando, e la sentì urlare qualcosa che, a causa della pioggia, non riuscì a comprendere. Quando vide l'uomo davanti a lei iniziare a ridere e poi afferrarle un braccio con violenza, strattonandolo, Andrew avvertì la rabbia esplodergli nel petto. Corse verso il portico sotto cui la ragazza che lo aveva derubato del suo cavallo si trovava, agguantò il braccio del tipo e gli intimò, con il solo sguardo e forse anche grazie al taglio costoso dei suoi vestiti, di lasciarla andare. L'uomo gli rifilò un'occhiata stranita, ma obbedì. Andrew non si accorse che la ragazza si era voltata verso di lui, confusa e sollevata dall'improvviso arrivo di qualcuno.

— Voi! — sussurrò incredula, portandosi una mano alla bocca e deglutendo nervosamente.
— Proprio così. —
— Se mi è permesso chiederlo, milord, chi diavolo siete voi? Avete per caso qualche diritto su questa prostituta? —
Il tono dell'uomo era di sfida, autoritario. Volutamente derisorio.
A quella parola Megan sussultò, e Andrew poté immaginare la fitta amara che doveva aver percepito nel petto.
Assottigliò lo sguardo, indurendo la mascella e avvicinandosi all'uomo di un solo passo.

—Questa ragazza mi appartiene — sibilò duramente, e solo allora Megan si accorse di quanto superasse l'altro in altezza e robustezza. E di quanto, piacevolmente, quelle parole la colpirono.

— Sono il suo padrone. E ora, se non necessitate di ulteriori spiegazioni, siete pregato di tornarvene da dove siete venuto.—

L'uomo lo fissò tra uno sprazzo di sconcerto e uno di ribellione, e Megan temette che avrebbe potuto contestare l'autorità di un nobile fino ad arrivare a una vera e propria lite. Tuttavia, rifletté, non poteva valere così tanto per uno sconosciuto che l'aveva definita una prostituta. Il sapore amaro di quella parola le permeava rancido nella bocca come i pasti che Victor le faceva consumare nelle sue stanze.

— Milord... — sussurrò in direzione del conte che aveva ancora lo sguardo puntato sul tronfio individuo di fronte.
Andrew annuì, senza guardarla, poi attese che il tipo borioso si richiudesse il pesante portone alle spalle e tirò un sospiro.

— State bene? — le domandò Andrew, afferrandola gentilmente per le spalle e guardandola con intensità.
Megan esitò appena un istante, poi annuì, quasi impercettibilmente.

— Siete sicura? — insistette lui, sollevandole il mento con dolcezza.
Avvertì l'impeto irrefrenabile di sfiorare quel volto di porcellana e, quando lei si sottrasse quasi repentinamente a quel tocco, Andrew sbatté le palpebre, riprendendo il controllo delle proprie azioni.

—Sto bene, sì — rispose Megan, accennando un sorriso. — Vi ringrazio, milord. —
Andrew annuì, ancora una volta. Poi gettò uno sguardo alla strada alle loro spalle e sospirò.

— Questa pioggia non vuole saperne di cessare — commentò appoggiandosi al muro freddo.

— Milady — disse quando lei non diede segno di aver sentito.

— Voi non state affatto bene. —

Megan non si era mossa. Le spalle curve erano più eloquenti di qualunque risposta.
Andrew pensò che fosse imbarazzata, o pentita del gesto sfrontato che aveva compiuto nei suoi confronti.
Forse si sentiva in colpa perché lo aveva ingannato e ora non sapeva come comportarsi perché lo stesso uomo che aveva derubato l'aveva sottratta a un destino tremendo?

Andrew la guardò a lungo, e alla fine il suo volto venne sostituito da uno di una carnagione più scura e gli occhi presero il colore del mare.

Elizabeth lo fissava con la stessa espressione triste e amareggiata che aveva avuto prima di essere uccisa. Sembrava stesse dicendogli qualcosa, ma Andrew non riuscì a comprendere nulla.
Quando sbatté le palpebre, c'era la ragazza piccola e minuta che gli aveva giocato quel brutto scherzo ma che ora, a dispetto dello sguardo fiero, sembrava terribilmente abbattuta.

— La mia tenuta non si trova molto distante
—  azzardò avvicinandola. — Possiamo arrivarci a piedi, anche con questo tempo. Milady, ve ne prego, voglio solo aiutarvi. —
Megan fece un passo nella sua direzione, si fermò e lo guardò.
— Vi siete fatto una cattiva opinione di me? —
Quella domanda, pronunciata a fior di labbra, lo spiazzò. Non si era aspettato che le prime parole che lei avrebbe detto dopo tanti minuti di silenzio fossero proprio quelle. Se si era fatto una cattiva opinione di lei? Chiunque avrebbe risposto affermativamente. Lui stesso, fino a poco tempo prima, lo avrebbe fatto. Ma in quelle circostanze, mentre sentiva il galoppo furioso del proprio cuore nelle orecchie, Andrew seppe che non sarebbe mai riuscito a pensar male di una fanciulla simile.
Gli sarebbe bastato allungare un braccio per toccarla.
Ma non lo fece.

— Siete una fanciulla decisamente fuori dall'ordinario — disse stringendosi nelle spalle. — Ma no, non mi sono fatto una cattiva opinione di voi.

L'espressione sul volto di Megan mutò dall'incertezza, all'indecisione, al sollievo.
Andrew la vide umettarsi le labbra con timidezza, il volto illuminato dalla flebile luce sprigionata dalle torce appese ai lati del grosso portone, e avvertì di nuovo quel fremito nel basso ventre. Che si costrinse, ancora una volta, ad ignorare.
—Mi permetterete di aiutarvi, questa volta?—
Di nuovo, impercettibilmente e lentamente, Megan annuì.
Stavolta non aveva nessuna intenzione di ingannarlo.

- IN REVISIONE - Il tuo respiro sulla pelle Where stories live. Discover now