Capitolo 39 - Scontro frontale

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Era rimasta in quel letto grande e freddo per una notte intera, e per il giorno seguente, scegliendo di non mostrarsi agli occhi di Andrew né di chiunque fossero i suoi ospiti. Philip e Lexie avevano cercato invano di convincerla a scendere, adducendo la giustificazione che era necessario mettere qualcosa nello stomaco, vivere per il figlio che presto avrebbe partorito, ma Megan si era rifiutata. Era caduta in un mondo fatto di ombre, da cui sembrava non esserci alcun ritorno. Non voleva sapere, non voleva vedere, preda di un altro oscuro presentimento, e vittima del pensiero che mai avrebbe concesso il perdono all'uomo che le aveva rubato e distrutto il cuore. E così, per una notte e un giorno, si era chiusa in se stessa e aveva gettato la chiave in un cassetto che pensava non avrebbe più riaperto.

Fu però su insistenza di Philip, due giorni dopo, che scelse di tornare a vivere. Con l'aiuto di Lexie si vestì, si pettinò, e lasciò che dalla finestra leggermente spalancata entrasse l'aria fredda di Gennaio. Poi scese le scale, lentamente, come se temesse di incontrare Andrew, anche se sapeva che prima o dopo sarebbe successo. Non era preparata ad affrontarlo, e forse non lo voleva nemmeno. Così, quando se lo ritrovò davanti in nell'ingresso, il cuore le arrivò in gola e per qualche attimo le fu impedito di respirare.

- Megan – disse lui. Sussurrare il suo nome fu come ricevere una stilettata nel petto, e poi nel cervello. I suoi occhi indugiarono amareggiati in quelli della ragazza, mentre lei riprendeva a respirare. – Ho fame – fu l'unica cosa che lei rispose, prima di sorpassarlo e di raggiungere la cucina. Sul lungo tavolo, Hanna stava impastando il pane, mentre Ginny aggiungeva un ciocco al fuoco e la vecchia Gladys accarezzava un micio spelacchiato senza realmente prestarvi attenzione.

– Oh, bambina mia! – esclamò Hanna, smettendo di impastare e pulendosi le mani sul logoro grembiule. – Finalmente! Siediti così puoi mettere qualcosa nello stomaco. Pensavo non saresti più uscita da quella stanza.

- Come ti senti? – le chiese Ginny con un sorriso roseo. Megan prese uno sgabello e si sfregò le mani sul mantello.

-Sento un po' di freddo, ma presto i brividi passeranno.

- No, intendevo... - L'altra si asciugò il sudore dalla fronte. – Per questa situazione. Come la stai prendendo?

- Come potrebbe prenderla se non sa cosa è successo? – fece Gladys, aprendo gli occhi. Batté il bastone sul pavimento e continuò ad accarezzare l'animale. Hanna le rifilò un'occhiataccia. -Sta' zitta, vecchia volpe. Meg, tra poco sfornerò una pagnotta e ci spalmerò una bella dose di burro così ti rimetterai in sesto. C'è anche della frutta. Cosa ti piace? –

- Megan prese a torturarsi le mani, mentre stringeva gli occhi. Cos'aveva detto la vecchia Gladys? Si volse verso di lei, che borbottava qualcosa sottovoce e grattava tra le orecchie del gatto come se volesse levargli le pulci con la forza. -Che cosa intendi dire, Gladys?-

-Oh, lo scoprirai presto – rispose quella, tornando a chiudere gli occhi. Una ruga si formò nel solco tra le sopracciglia di Megan.

-Gladys? – insistette, impaziente.

Hanna sospirò stancamente. -Meg, ti piace la frutta? 

-Sì... mi piace la frutta.

All'improvviso, in quella grossa stanza confortata dal tepore del fuoco, risuonò il pianto sommesso di un bambino, e alle orecchie dei presenti giunse il rumore di passi che calpestavano il pavimento a piedi nudi. Attratta dal suono, Megan si alzò e si diresse verso la tenda che separava la cucina dagli alloggi della servitù. -Cos'è questo rumore?

Hanna si affrettò a raggiungerla, Gladys sollevò le palpebre e smise di carezzare il gatto, di colpo concentrata sul presente. Ginny trattenne semplicemente il respiro.

- IN REVISIONE - Il tuo respiro sulla pelle Where stories live. Discover now