Capitolo 42- Il sorriso che ti dona la vita

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La rappresentazione teatrale si sarebbe svolta entro una settimana, ma Philip non aveva ancora ricevuto una risposta da Megan. Non sapeva nemmeno se l'abito che le aveva regalato fosse stato di suo piacimento, né lei gliene aveva fatto alcuna menzione. Non era dispiaciuto; forse era stata impegnata e non aveva potuto parlargliene... l'aveva vista di rado negli ultimi giorni. Per la maggior parte del tempo era rimasta nella sua stanza da sola, con la mente rivolta a chissà quali pensieri, facendo chissà cosa. Sapeva quanto stesse soffrendo a causa di quella situazione, quanto il fatto di essere stata messa da parte prima da una prostituta e poi dal ritorno di Beth la addolorasse. Lui, d'altra parte, non poteva fare nulla per farla stare meglio, anche se era il suo desiderio più grande in quegli ultimi giorni. Avrebbe voluto starle accanto come se fossero stati una coppia, una coppia vera, ma non lo erano. Megan lo aveva baciato, era vero, e lui aveva percepito qualcosa di più, dentro di lei, della semplice attrazione fisica. Tuttavia, era consapevole che Megan non sarebbe mai stata realmente sua. Ciò che Philip pensava era che lei si fosse convinta di amarlo per eliminare il dolore e la delusione causati da Andrew. Non credeva che si fosse approfittata di lui; pensava solo che fosse debole, in quel momento, e che non era stata sufficientemente in grado di scindere il dolore da un sentimento come l'amore. Philip non la biasimava. Quello che provava per lei sarebbe sempre andato oltre tutto, perfino oltre la consapevolezza che, in ogni caso, fosse suo fratello a detenere le redini del cuore della ragazza.

All'improvviso si sentì un vero sciocco. L'idea di regalarle quel vestito era stata pessima, così come quella di invitarla a teatro. Non avrebbe dovuto essere tanto incauto. Megan non lo amava, non era possibile. Era sempre più convinto di essersi illuso. Il ricordo del bacio che si erano scambiati, allora, gli invase la mente. Era stato dolce, delicato, eppure aveva avuto il potere di incendiargli il sangue, tanto da fargli pensare che per loro esisteva davvero un futuro. Ma da come stavano andando le cose, sembrava che Megan non volesse più nemmeno vederlo. Magari aveva perfino buttato il vestito, aveva pensato che lui fosse uno sciocco e si era rifiutata di parlarne. Era davvero possibile che lei, tanto buona e nobile d'animo, avesse potuto fare una cosa del genere? Philip sapeva che non avrebbe mai potuto, eppure, allo stesso tempo, sapeva che nonostante quello che lei diceva, non poteva amare uno come lui.

Una sera, una delle ultime di gennaio, pensò che forse avrebbe potuto trovare ristoro tra le braccia di una prostituta. Non poteva avere lei, non poteva averla realmente, e il pensiero che dentro al suo grembo crescesse il figlio di suo fratello lo faceva impazzire giorno dopo giorno. Avrebbe voluto, egoisticamente, essere il padre di quel bambino. Avrebbe voluto che lo chiamasse padre, avrebbe voluto vederlo diventare un uomo e godersi i sorrisi di sua madre nei momenti felici della sua vita. Avrebbe voluto una vita diversa da quella che il destino, ora, gli riservava. Avrebbe voluto sposare Megan e accompagnarla fino all'ultimo dei suoi respiri, condividere sogni e dolori, lasciare che il suo amore verso di lei fiorisse giorno dopo giorno. Ma non sarebbe stato lui, l'uomo che sarebbe diventato suo marito e l'avrebbe assistita durante la vecchiaia. I suoi mal di testa andavano via via sempre più peggiorando. Philip sapeva, nel profondo, che erano dovuti a qualcosa di grave, qualcosa di sconosciuto. Non avrebbe vissuto ancora per molto.

Mandò giù il liquore in un sol sorso. Gli bruciò forte la gola, ma non importò.
Non importava mai.
Aveva pensato di farlo, di abbandonarsi alla lussuria con una donna diversa, ma in quel momento, con lo sguardo perso oltre il cielo plumbeo della sera, comprese che non sarebbe servito. Avrebbe pensato a lei anche se fosse stato circondato da uno stuolo di donne pronte a concederglisi. Avrebbe pensato a lei anche quando se ne fosse andato.

Allora, incapace di trattenersi oltre, si ritrovò in corridoio diretto alla camera di Megan. Accostò l'orecchio alla porta e sentì un singhiozzo, poi un altro, un ultimo appena più attutito. Probabilmente li stava soffocando nel cuscino. Spalancò la porta di scatto. Lei si sollevò piano, quasi impercettibilmente, con un gemito. Era vestita solo dei suoi capelli che la coprivano fino alla sommità dei seni che, nel corso della gravidanza, si stavano ingrandendo. Non stava piangendo soffocando i singhiozzi contro il cuscino come lui si era aspettato; se ne stava seduta sul duro pavimento, nell'angolo più in ombra della stanza e si era raccolta le ginocchia al petto, stringendosele con le braccia. Era a piedi nudi. Ciò che Philip non riusciva a vedere erano le sue nudità, celate dalle gambe che ne occultavano la visuale, e il busto; altrimenti, di lei, avrebbe visto ogni cosa.  Megan lo stava fissando con gli occhi brillanti, pallida come un lenzuolo. Il labbro inferiore tremava. Sembrava una bambina indifesa accovacciata a terra, fragile e tremante. Ma sapeva che non era la paura a scuoterla a tal punto, quanto il dolore. Qualcosa dentro di lui si frantumò nell'attimo in cui incrociò il suo sguardo. Cominciò ad abitare Megan, si insinuò all'interno del suo corpo nudo e strappò un po' della sua sofferenza dal cuore. Fu in quel momento che Philip comprese di essere terribilmente perduto: non avrebbe mai amato nessun'altra donna come amava lei. Anche se non gli restava più molto da vivere, ma Megan non lo avrebbe mai saputo.

I loro sguardi rimasero incatenati per quelle che sembrarono ore, poi Philip chiuse la porta alle proprie spalle e le si avvicinò piano. Senza interrompere il contatto visivo si inginocchiò e le spazzò via una lacrima con il pollice in un gesto leggero, delicato, quasi effimero. La sentì trattenere il fiato. Ingoiò il desiderio di abbracciarla, quell'istinto che andava al di sopra di quello di baciarla. Voleva solo proteggerla, cullarla.
-Il tuo bambino, Meg- le disse nel tentativo di spingerla a rialzarsi. -Alzati per tuo figlio.

Lei non disse niente. Continuava a fissarlo, muta, ma aveva smesso di piangere. -Non ci riesco- sussurrò alla fine. -Non riesco a pensare che dovrò sopportare la presenza della sorella di Andrew tutti i giorni della mia vita.
-Meg...
-La sorella di Andrew- continuò lei. -Quella che ha partorito suo figlio.-
Il cuore di Philip si incrinò. Con due dita le sollevò il mento. -Ci sono io con te- le disse, serio senza lasciare che il dolore gli oscurasse il tono di voe. -La supereremo insieme.
Megan tirò su con il naso, mostrandogli un sorriso tenue, teso. -Non devi farlo, Phil.
Scosse la testa. -Mi dispiace di non riuscirci.
Lui allora si fece serio. Le spostò una ciocca di capelli dalla fronte e cercò i suoi occhi, quegli occhi che avevano smesso di piangere per fortuna. - Ci riuscirai, Meg- dichiarò con dolcezza, eppure il suo tono era determinato come se quella su cui stavano discutendo fosse una questione di vita o di morte. Per Megan, forse, lo era. -Ci riuscirai perché sei forte, e sei combattiva. E non lascerai che questo dolore ti annienti, non lascerai che annienti il tuo bambino e non lascerai che prenda il sopravvento sulla tua vita. Hai ancora molto da vivere, Meg, e da imparare. Imparerai a diventare una donna e imparerai ad essere una madre, e tuo figlio ti amerà tanto quanto ti amo io. E soffrirai, Meg, soffrirai ancora e tanto perché la vita è fatta di dolori e piaceri, e non puoi avere solo uno di questi. Ma puoi combattere e convivere con il dolore, così come puoi goderti i piaceri e le gioie.-

Si interruppe, accorgendosi di aver alzato un po' la voce perché Megan aveva un'espressione esitante e palesemente sorpresa. Philip addolcì la voce. - Lo farai, ci riuscirai, perché sei una ragazza forte. E perché io credo in te. Perciò non lasciare che Andrew, Beth, Roxanne o chiunque altro abbiano il potere di ridurti in questo stato.- Con il pollice tracciò il percorso che, dalla guancia, portava all'angolo delle labbra. -Alzati in piedi, Meg. Se non vuoi farlo per te stessa, fallo per tuo figlio.
Avrebbe voluto aggiungere di farlo anche per lui, perché aveva così disperatamente bisogno di vederla sorridere e star meglio che ogni parte del suo corpo doleva, nella consapevolezza di anelare al suo benessere senza tuttavia riuscire a soddisfare quel desiderio. -Fallo per il tuo bambino, Megan.

E allora, alla fine, gli angoli della bocca di Meg si distesero. Piano, lentamente, come se stesse quasi compiendo uno sforzo. Ma lo fece. Gli sorrise. E si alzò in piedi, sostenuta dalle braccia forti di Philip. Non sembrò provare vergogna di mostrarsi nuda ai suoi occhi. Philip non aveva interesse che per il suo viso, un volto meraviglioso che finalmente aveva ripreso un poco di luminosità. In qualunque altra occasione sarebbe caduto preda della lussuria alla vista di una donna nuda, ma quella era la ragazza che amava e, Dio, era tornata a sorridere. I battiti del suo cuore aumentarono fino a fargli pensare che l'organo gli sarebbe esploso fuori dal petto, ma si beò di quella meravigliosa sensazione che solo Megan, sempre e solo lei, era e sarebbe stata in grado di donargli.

-Grazie- mormorò, prima di gettarglisi tra le braccia. Con una mano, Philip le circondò la schiena mentre con l'altra le accarezzava i capelli. Chiuse gli occhi.
Non riuscì a dirle nulla, perché tutto quello che aveva avuto da dirle lei lo sapeva già. C'era qualcos'altro che Megan non poteva sapere, però, quella sensazione che precede la morte, supponeva Philip, a cui non riusciva a dar voce. Almeno, non con lei. Non poteva confessarle che si sentiva di stare per morire. Non a Meg, che gli aveva regalato un po' di vita in più con il suo solo sorriso. Non glielo avrebbe mai detto. La amava troppo, con tutto il cuore, il corpo e la mente, per parlarle di morte. Stava già soffrendo enormemente. Non meritava proprio altra sofferenza.

- IN REVISIONE - Il tuo respiro sulla pelle Where stories live. Discover now