Capitolo 11 ― Letali supposizioni.

1.8K 157 29
                                    

Sotto ordine di Andrew, Hanna aveva fatto indossare a Megan un abito pulito e che non aveva nulla a che vedere con quelli che la ragazza aveva indossato, per tutta la vita, alla tenuta del duca. Era provvisto di gonne larghe del colore dell'ametista, sopra cui ricadeva un corpetto di un bianco candido con i nodi che si stringevano sul davanti. Poi Hanna le aveva dato delle scarpe dai tacchi alti che aggiunsero qualche pollice alla sua statura minuta, dicendole che, in passato, erano appartenute a una serva ormai defunta.

Dopo colazione, Megan venne convocata nello studio del conte.
Hanna la accompagnò all'entrata e poi la lasciò sola, in piedi davanti alla porta in mogano. La sua mente sembrava svuotata da ogni tipo di pensiero e non riusciva a capire quale fosse il motivo per il quale Andrew l'aveva mandata a chiamare. Riluttante, sollevò un pugno e batté delicatamente contro la superficie di legno.
Un avanti, pronunciato con una certa pigrizia, le giunse ovattato dall'interno; appoggiò la mano sulla maniglia e l'abbassò, entrando nella stanza. L'uomo era voltato di spalle ma Megan si rese conto, ancor prima che si voltasse, che non si trattava di Andrew.
Philip Turner, in piedi davanti alla grossa porta finestra, si schiarì la gola, ordinandole di chiudere la porta.
Riluttante e dubbiosa, Megan esitò qualche istante prima di obbedire.
―Vi starete chiedendo perché vi abbia convocata, milady ― disse mentre si voltava. Megan annuì, fissando i suoi occhi color zaffiro sotto l'arcata delle sopracciglia ad ala. Philip le indicò una poltroncina, posta di fronte allo scrittoio cosparso di carte.
―So che Andrew vi ha raccolto dalla strada soltanto ieri e che poi vi ha salvata da un bordello. Dico bene? ―
Nella gola di Megan si formò un groppo. Il tono del conte era fastidiosamente derisorio.
Sollevò appena il mento, rifiutando di sedersi.
―Sì, milord ― confermò, assottigliando lo sguardo. ―È così.
―Perciò non c'è bisogno di ricordarvi che non siete un ospite, in questa casa, quanto una serva. Dico bene? ―
Lei serrò le labbra in una linea dura. Sapeva bene quale fosse il posto che le spettava, quale sarebbe stato il suo compito in quella casa; non aveva di certo creduto che il conte avrebbe potuto elevarla al grado di nobile.
―Certo, milord ― rispose cercando di mantenere un tono di voce remissivo.
―Sono sempre stata una serva, non smetterò di esserlo adesso.
―Molto bene ― asserì Philip, sistemandosi svogliatamente il colletto della camicia bianca.
―Vedo che capite qual è il vostro posto. ― Sorrise.
―Questo era solo il primo dei punti che desidero chiarire con voi. ―
Quando lo vide avvicinarsi lentamente, Megan provò l'insano impulso di scappare a gambe levate. Lo sguardo di Philip era dannatamente profondo e sembrò volerle mettere a nudo anche l'anima.
―Vi invito nuovamente a sedervi, Megan. ―
―Preferisco rimanere in piedi ― replicò lei chinando di poco il capo. ―Se mi è concesso.
Il volto di Philip fu attraversato da un'espressione dura, ma poi la sua pelle si distese tornando ad assumere la piega serena di pochi attimi prima.
―Come preferite. ―
Il tono era sempre più tagliente.
Megan cercò d'ignorarlo.
―Voglio mettervi al corrente di una cosa, Megan. L'abito che indossate ― lo indicò con un cenno del capo ― sapete a chi apparteneva?
Lei scosse la testa, deglutendo saliva amara.
La smorfia sorniona sulle labbra del conte le provocò uno strano brivido lungo la spina dorsale.
―Era di Elizabeth.―
Megan si domandò chi fosse quella Elizabeth, ma poi realizzò che non era una cosa che avrebbe dovuto chiedere o che fosse lecito conoscere. La curiosità era spesso causa di grossi mali.
Tuttavia, alla sua tacita domanda pervenne presto una risposta.

―Elizabeth era l'amante di mio fratello. Insistetti a lungo per indurlo a sbatterla in qualche bordello quando rimase incinta, ma lui non ne volle sapere. Sembrava folgorato dalla sua bellezza, sapete la considerava al pari di una dea: alta, una chioma di boccoli ramati, occhi verdi. Ammetto che anche io, una volta, ne rimasi affascinato. Andrew però perse proprio il senno. Disse che ne era innamorato ma tutti avrebbero potuto confermare che non lo era; se ne serviva esclusivamente per soddisfare i propri bisogni carnali. Andrew non sarebbe capace di amare nessuno. ―
Fece una pausa, voltandosi e sedendosi sulla sedia dietro allo scrittoio.
Megan lo fissava con i pugni chiusi lungo i fianchi.
―Quando Elizabeth morì, lui perse completamente ogni barlume di ragione. Fece le valigie e scappò. Non so di preciso dove andò, non disse niente a nessuno, almeno fino a quando non arrivò dove arrivò. Scrisse una lettera, una sola, un mese dopo la sua partenza, dicendo che stava bene ma che la lontananza avrebbe giovato a migliorare il suo umore. Sperava che il dolore scomparisse, in questo modo, e che sarebbe tornato non appena ne avesse sentito il bisogno. E così è tornato. Dieci mesi, dieci mesi senza avere sue notizie e poi si presenta qui con una serva.―
Quando pronunciò quella parola, a Megan sembrò di percepire una traccia di disprezzo.
―Perciò, Megan, ciò a cui volevo arrivare è che state indossando l'abito di una defunta.―
Una strana sensazione le si diffuse nello stomaco, ma decise che ignorarla fosse la scelta migliore. Inspirò debolmente, cercando di non darlo troppo a vedere, e strinse dei lembi della gonna tra le dita. Quel tessuto era stato toccato e indossato dalla donna che, un tempo, Andrew aveva amato. O comunque con cui aveva intrattenuto una relazione. Perché le importava tanto, dopotutto?
Un moto di tristezza le invase il petto. Probabilmente stava provando compassione per lui, per aver perduto un amore, e per lei, che era morta in giovane età. Sì, pensò, era decisamente per quello che sentiva quella tristezza.
  ―Perché mi dite tutto questo, milord? ― domandò sottovoce.
Philip Turner sorrise, distendendo la bocca in una smorfia volutamente intrigante.
―Perché ho notato il modo in cui guardate mio fratello ― rispose, accavallando le gambe sotto il tavolo.
―E proprio perché me ne sono accorto, ho pensato di mettervene al corrente. Se avete anche solo già cominciato a provare attrazione verso di lui, Megan, cercate di mandarla via. So che Andrew è molto attraente e, credetemi, non siete la prima che vedo guardarlo in un certo modo, ma lui non vi ricambierebbe mai. Non nella sua condizione, e nemmeno in una prossima vita. Non è capace di amare. Intendete cosa cerco di dire? ―
Per Megan fu come ricevere un pugno doloroso in pieno viso. Un senso di nausea ―unito a qualcosa che non riuscì a identificare ― le serrò lo stomaco, minacciando di farla correre via. Di nuovo.
Quando la brutta sensazione fu scemata, la ragazza riprese coscienza di se stessa e tornò a sollevare il mento.
―Non capisco a cosa vi riferiate, milord ― disse, resistendo all'impulso di incrociare le braccia al petto.
―Sono semplicemente grata a vostro fratello per avermi sottratta a una vita meschina e orribile. Lo guardo con gratitudine, com'è giusto che sia, ma in nessun altro modo. Gli sono molto riconoscente. ―
Il sorriso di Philip era affilato come la lama di un pugnale. Megan avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, come aveva desiderato fare spesso in passato con il duca. Che cosa voleva, ancora? Non gli era già forse chiara la situazione?
Probabilmente e inspiegabilmente, sembrò che lui intuisse i suoi pensieri perché si alzò in piedi e aggirò lo scrittoio, mettendosi davanti a lei. Stavolta la fissò con un certo rancore, ma Megan non ne capì il motivo.
―Conosco gli effetti di un bell'uomo sulle donne, Megan ― sibilò, appoggiando le mani sulle sue spalle ― gesto che produsse in Megan una rabbia spropositata. Essere toccata in quel modo le riportò alla mente le notti trascorse a soddisfare il padrone e desiderò ardentemente sottrarsi a quella presa salda e che non ne voleva sapere di lasciarla andare.
―Non crediate che Andrew vi riserverà un trattamento diverso da quello degli altri dipendenti ― proseguì Philip, fissandola intensamente. ―E naturalmente, non lo farò nemmeno io. Sarete una cameriera, Megan, servirete le portate in tavola, sparecchierete e laverete i piatti. Terrete la casa pulita. Dormirete negli alloggi della servitù. Non vi sarà dovuto alcun privilegio. Siamo intesi? ―
Il cuore di Megan galoppava rapido contro il suo sterno. Avrebbe cominciato ad ansimare se ciò non avesse comportato il rendersi ridicola agli occhi del conte.
Debolmente, annuì, chinando il capo.
―Sì, milord. ―
―Molto bene. ―
Philip la lasciò andare, per poi tornare a fissare il paesaggio grigio al di là della finestra.
―Penso che fareste meglio a tornare in cucina ― disse in tono brusco. Megan intravide l'ennesimo sorriso derisorio prendere possesso di quelle labbra tanto attraenti quanto malvagie.
―Il posto che vi spetta. ―
Senza dire una parola, il senso di amarezza ad accompagnare ogni suo passo, Megan rivolse un altro inchino al vuoto e lasciò la stanza.
Troppo presa a tentare di domare il battito impazzito del suo cuore, andò a sbattere contro un ammasso di muscoli. Sollevando la testa, il cuore perse un battito.
Gli occhi di Andrew la fissarono con stupore e, con gentilezza, le sue mani le afferrarono le spalle, nello stesso punto in cui l'avevano toccata quelle di Philip. Stavolta, però, quel contatto non la infastidì ma, anzi, ebbe l'effetto di diffondere una sensazione di calore nel suo corpo. A poco a poco, Megan si calmò.
―Che ci fate qui, Megan? ― le domandò Andrew. E poi, sinceramente preoccupato, aggiunse: ―Sembra che abbiate visto un fantasma. Cos'è successo? ―
Lei deglutì a fondo, chiuse gli occhi e li riaprì.
―Non ho mai pensato di prendere in considerazione l'idea di essere considerata qualcos'altro, se non ciò che sono, milord. So molto bene qual è il mio posto. Non intendevo aspirare a qualcosa in più. Con permesso ― sussurrò, inchinandosi e spostandogli le mani dalle proprie spalle.
Poi, lasciandolo confuso e riluttante a lasciarla andare, Megan si sollevò le gonne e cominciò a correre, scomparendo alla sua vista.

- IN REVISIONE - Il tuo respiro sulla pelle Where stories live. Discover now