XII

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Grondante sangue, la testa di Ormr fu sollevata per i capelli. Svafrlami lo aveva affrontato in combattimento ed era emerso vittorioso.

Il re di Gardariki si era piazzato nella retroguardia del suo esercito. Osservava i movimenti della pugna. I cavalli drizzavano in alto le orecchie, gli scudi e le armi cozzavano tra loro e dagli elmi rimbalzava un gran bagliore. Il cugino, volteggiando al centro della mischia come uno Jotun, spiccava colossale fra tutti gli altri di perlomeno un cubito e, per chi lo guardava, costituiva davvero oggetto di paura e stupore.

Il sovrano aveva allora ordinato che gli spianassero la strada e si era scagliato in avanti simile a una freccia con una bocca irta di denti. Con la sua ascia aveva mozzato le teste di coloro che gli ostacolavano il passo.

«Non ho bisogno di una barca per pescarti! Non sarai fortunato come il rigurgitatore di pus!» Una volta raggiunto Ormr, costui gli era balzato addosso con una ferocia pari alla sua. Rotolavano ai suoi piedi le teste spiccate dai busti dei soldati del re.

«Darò la tua carne in pasto ai cani!» gli aveva urlato il rivale.

Svafrlami per un attimo si era arrestato, come paralizzato dal veleno del serpente, e aveva parato con lo scudo una stoccata che avrebbe potuto trapassarlo da parte a parte.

Il cugino lo aveva messo alle strette, incalzandolo con un colpo dietro l'altro, e gli aveva aperto un taglio sul braccio destro, quello con cui maneggiava l'ascia. Con la quale però era riuscito a respingere un fendente a mezza altezza con una tale forza che la spada dell'avversario si era spaccata.

A quel punto, era stato Ormr, sbalordito, ad arretrare e passare alla difensiva. In quel momento, nel suo intimo, sapeva che era finita. Aveva provato a resistere con lena affannosa, forse sperando che qualcuno venisse a dargli manforte, ma l'ascia di Svafrlami gli aveva spaccato lo scudo, la corazza e gli aveva raggiunto il petto.

Il ribelle era a terra e Svafrlami gli aveva estratto l'ascia dal busto per decapitarlo. Il suo collo però si era rivelato più duro del solito e la lama del re era andata in frantumi nel colpo finale. Comunque Gardariki aveva vinto.

Al posto delle pupille e delle iridi negli occhi del cugino del sovrano c'erano serpenti morti, che, anche in quelle condizioni, sembravano conservare le loro capacità di paralizzare. I soldati del cospiratore, testimoni della sua morte, non riuscivano più a scappare né a combattere, le loro gambe e i loro piedi erano come pietrificati. Non potevano competere con gli armigeri del re o con Eyfura e le sue scudiere, donne che ella stessa aveva addestrato durante la lunga assenza del sovrano, allo scopo di rafforzare le difese della città.

Le due più abili, le comandanti della sua guardia, Kari e Hillevi, erano sue amiche d'infanzia. Eyfura gli aveva raccontato che sin dall'inizio dell'addestramento avevano dato mostra di un potenziale straordinario per il combattimento. Una sorpresa per sé stessa.

«Mi è stato impossibile non rammentare quei tempi in cui eri tu a insegnarmi.»

«Non volevo farlo, ma con tutta quella molesta perseveranza, ho dovuto arrendermi.» Lo tormentava tutto il tempo, chiedendogli di insegnarle a brandire le armi.

Quelli erano giorni tranquilli in cui non era ancora il re, bensì il giovane e spensierato erede della corona. Si divertiva a darle di spalle. Ella gli veniva appresso, protestava e provava a colpirlo con la spada di legno. Svafrlami si scansava. Solo una volta lo aveva preso alla sprovvista con una mazzata alla schiena e gli aveva fatto davvero male, ma aveva stretto i denti e nascosto il dolore.

«Ormr è morto! Arrendetevi subito!» Ora lo inorgoglivano i suoi stridi, che diffondeva con la bocca sanguigna; le labbra degli uomini dello jarl ribelle sembravano invece essersi trasformate in pietra, forse per il terrore di vedere decapitato il loro signore. Eppure ciò che contava per Svafrlami era il suo trionfo, che si espanse fino a quando non rimase più in piedi un unico traditore.

Il re di Gardariki scorse allora, accanto a un cadavere nel quale era conficcata una lancia simile a un albero storto, una bellissima donna in un'armatura che assomigliava a un lampo. Non si ricordava di averla vista in precedenza, né aveva mai visto un'armatura del genere. Costei sparì in un baleno. Non era una delle scudiere di Eyfura. Si convinse di aver visto una valchiria. Queste si chiamano valchirie. Odino le manda in ogni battaglia, esse scelgono gli uomini cui toccherà la morte e decidono la vittoria, cominciò a sghignazzare di gusto. Calpestò il corpo esanime dell'uomo ucciso nella pugna ed estrasse la lancia con la sinistra. La sollevò verso il cielo e ringraziò Odino, prima di impiegarla per trafiggere un altro nemico caduto lì vicino. Costui ancora respirava.

Coloro che non persero la vita finirono prigionieri. Hillevi, la rossa coi capelli rasati a metà, avrebbe trafitto anche lei un soldato ansante che giaceva a terra se Kari, con la sua mano forte, non l'avesse trattenuta:

«È troppo presto. È bene che almeno alcuni traditori soffrano ancora un po' qui su Midgard.» Sferrò un calcio allo stomaco dell'uomo col suo pesante stivale, facendo sorridere l'altra e pure il re che le scrutava.

I vincitori sollevarono spade, asce, lance e scudi. Lanciavano urla di esultanza. Ma man mano che camminava sul campo e pestava i corpi, queste cominciarono a farsi sempre più lontane.

Qualcosa andava storto. Gli si attorcigliavano le budella. Ma certo non perché lo turbasse in qualche modo quella carneficina. Un serpente gli era penetrato nel ventre e non se n'era nemmeno accorto?

Abbassò la mano. E insieme alla testa mozzata di Ormr, anche la sua, che si appesantiva. Mosse lo sguardo verso il suolo. Verso l'erba schizzata di sangue. Sembrava esserci una nebbia che emergeva dal terreno. La sua visione si appannò e crollò come una torre in disfacimento.


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