XIV

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Il re di Gardariki aveva rivisitato l'albero al quale si era appeso e aveva dato l'ordine di abbatterlo. Con quel legno aveva imposto al maestro carpentiere di scolpire il suo nuovo trono, quello sul quale ora era seduto. La quercia era stata modellata in modo da imitare l'aspetto di Sleipnir, il destriero a otto zampe di Odino, ad eccezione dello schienale, che era sormontato dalla runa Ansuz e dai due corvi Hugin e Munnin, scolpiti rispettivamente a destra e a sinistra.

Tuttavia, Svafrlami non era nel migliore degli umori:

«Parla schietto, senza fronzoli. Cosa ha da dire il fratello del traditore?» Di fronte a lui era inginocchiato jarl Stenkil.

«Jarl Kolr dice che non arretrerà. Che non rinuncerà a vendicare la morte di suo fratello, che sostiene sia stata ingiusta, poiché jarl Ormr non ha potuto contare sul suo sostegno.»

«Maledetti siano questi miei cugini! Ma quale morte ingiusta? È stato lo stesso Kolr ad assentarsi per razziare in Anglia! E perché dovrebbe considerarsi ingiusta la decapitazione di un serpente? Non ho commesso un omicidio, né ho giustiziato un re, bensì ho sconfitto in battaglia un traditore! Coloro che determinano tali esiti sono le valchirie al servizio dell'Altissimo.»

«Sono pienamente d'accordo, sire. Ma ciò che ci preoccupa sono altre cose, che vanno oltre le solite accuse e minacce che accompagnano le faide.» Svafrlami roteò la mano, incoraggiandolo a proseguire. «Egli dichiara che vi rovescerà dal vostro trono con il sostegno di Súrsdalar. È riuscito a stringere legami con loro grazie al bottino ottenuto razziando le terre e i castelli degli angli.»

Quella era un'alleanza inaspettata. Lo assalì un brivido simile a un vento gelido e immondo, che gli percorse tutta la spina dorsale. Súrsdalar non era un regno insignificante. Ma Svafrlami non lasciò trasparire nulla dei propri pensieri:

«Dite ai messaggeri di jarl Kolr che userò tutto il suo carbone per riscaldare il mio regno, che per colpa di suo fratello giace in desolazione.» Non avrebbe fatto menzione del regno di Súrsdalar.

Che cosa dovrei fare? Si domandò il sovrano di Gardariki una volta rimasto solo, toccandosi la corona, la cui placca d'oro centrale presentava un'immagine in smalto policromo di Odino assiso sull'Hlidskjálf, in cerca di un'ispirazione. Anche se arruolassi un centinaio di mercenari, la vittoria non sarebbe certa se Kolr e il re di Súrsdalar riuscissero a unire tutti coloro che non si sono recati qui a Holmgard. Le sue truppe erano ancora indebolite. Pochi jarl erano tornati alla vecchia e buona lealtà. Gli era vivido in mente soltanto il solenne gesto di sottomissione di jarl Borg, che si era inginocchiato dinanzi a lui con la fronte sul pavimento.

Il tanto pensare lo esaurì. Le palpebre si appesantirono. Le chiuse senza nemmeno accorgersene, ghermito dagli artigli di un sonno irrefrenabile.

Era sul trono e gli parve di essere di nuovo appeso all'albero. Era una sensazione contro cui non voleva combattere.

Ma certo! Il suo cuore fece un suono simile al tonfo di un tronco che stramazzava sul terreno. Non ho sofferto per ottantuno giorni senza che ci sia una causa!

Non era un sogno. Davanti a sé c'era un albero. Ma stavolta non era quello a cui si era appeso, bensì non era nientemeno che Yggdrasil. Era giunto il momento di far valere il suo sacrificio.

Crebbe un confuso intrico di foglie e rami, ghiaccio e fuoco, luce e oscurità, lampi e sole, cadaveri e impiccati che dondolavano appesi a forche sulle quali si erano appollaiati corvi dai becchi più lunghi e appuntiti del solito, che facevano pensare a rostri di nero acciaio. Bisognava concentrarsi: che cosa voleva? O meglio, di che cosa aveva bisogno?

Devo diventare invincibile, cominciò allora a lambiccarsi il cervello allo scopo di trovare un espediente per riuscirci, ma la risposta che cercava non gli fu fornita dai suoi ragionamenti, ma dalla sua anima.

Dietro alla fioca luminosità d'un sole morente che filtrava in barbagli d'oro fra aghi di pietra e legno, scorse montagne e grotte rocciose. Non erano vuote; in fondo ad una, lavoravano sul ferro due nani.

Vedo Nidavellir? Si chiese, ma non lo era. Il cielo era troppo terso per essere il mondo dei nani ed erano solo un paio di fratelli, non un intero regno. Seppe, attraverso una voce silenziosa, che si erano entrambi stancati del loro mondo oscuro. Avevano scelto quel luogo come dimora sulla Terra di Mezzo e lì, nascosti agli occhi della maggior parte degli uomini, forgiavano armi eccezionali, che vendevano a prezzi elevati a mercanti che non svelavano mai la loro provenienza. Eppure Svafrlami li aveva appena scoperti.

Gli venne da sghignazzare. Avrebbe fatto in modo che quei due lavorassero per lui! Gli avrebbero modellato un'arma che lo avrebbe reso invulnerabile. Era convinto che ciò fosse possibile e avrebbe fatto soltanto una richiesta: non voleva un'ascia, un genere d'arma che gli aveva portato sfortuna.

Aveva inoltre piani per potenziare tutto il suo esercito con le armi dei nani. Quelle dei suoi soldati sarebbero state inferiori solo alla sua, e così mai più sarebbe stato offeso e minacciato da usurpatori.


Il Verme del SangueWhere stories live. Discover now