Svafrlami spedì presso i nani un messaggero, guidato verso le montagne da una mappa che egli stesso aveva disegnato. Per convincerli a lavorare per lui, offriva loro gran parte dell'oro e dell'argento di cui disponeva a Holmgard, al quale aveva aggiunto il baule abbandonato da jarl Gestumblindi, il fallito pretendente di sua madre.

«Ma è una somma assurda! Rimarremo senza fondi» obiettò Eyfura.

«Dovremmo essere più cauti, sire. Stiamo offrendo troppo a questi nani.» Jarl Stenkil sostenne il punto di vista della principessa. «Crederanno che Gardariki possa donare loro qualunque cosa e faranno richieste sempre più spropositate.»

«Quando conquisteremo Costantinopoli con le armi che ci consegneranno, le quali ci saranno molto più utili di un'accozzaglia di mercenari malandati, avremo il doppio, anzi il quadruplo o anche di più, dell'oro e dell'argento che spenderemo. Non potete pensare come dei contadini! Siete nobili e dovreste riflettere come nobili.»

Nondimeno la risposta di Dvalin e Durin, come si chiamavano i due nani, non portò con sé venti favorevoli. Il messaggero che tornava lesse le seguenti parole:

«Ignoriamo il modo come ci avete scoperto, perché non ci riveliamo a uomini che non conosciamo e che non sono di nostra fiducia. Non che questo ci ispiri timore: semplicemente non lavoreremo per un re che ci è sconosciuto, il cui carattere è forse orrendo e che potrebbe diffondere il caos su Midgard. Non nutriamo eserciti. Commerciamo armi che sono consegnate a individui. Produciamo con grande qualità, ma in piccole quantità. Sebbene apprezziamo l'oro e l'argento, non abbiamo bisogno dei metalli che vi appartengono. Oltre a ciò che ci è stato pagato fino ad oggi, abbiamo oro, argento e diamanti a sufficienza nelle nostre miniere, or dunque abbastanza ricchezze per costruire cento palazzi delle stesse dimensioni di quello dove risiedete. Non prostituiamo, sire, gli splendidi doni della nostra fucina.»

Svafrlami scoccò un'occhiataccia verso i forzieri che erano stati restituiti. Le sue gote e la sua fronte s'infiammarono mentre fissava quello di jarl Gestumblindi, del quale non avevano avuto notizie sin dal suo fallimento. Si alzò dal trono e urlò: «Che tutte le infezioni che il sole risucchia dalle paludi, dagli acquitrini e dagli stagni piombino su questi nani e li trasformino, palmo dopo palmo, in morbi viventi! Che cosa diamine fanno con tutto quest'oro e argento che posseggono?»

«Forse si comprano montagne di cibo per rimpinzarsi senza freni.» Scrollò le spalle Eyfura.

«Non sarò pietoso verso queste creature oscure e abiette che discendono dai vermi della carne di Brimir!» Secondo le credenze di Gardariki, i nani erano stati plasmati da Odino dal sangue del gigante Brimir, non dai vermi della sua carne, ma la collera di Svafrlami era giunta al punto di portarlo a travisare i racconti della tradizione. «Ciò che si meritano è che diventino non miei vassalli, bensì miei schiavi. Mica mi sono appeso a quella quercia per perdere tempo! Avrò la loro arte e il loro oro. Jarl Stenkil, riunite i nostri alberi da battaglia!»

Lo jarl eseguì un profondo inchino, girò sui tacchi e si congedò dalla presenza del suo signore con la cappa bianca che scuoteva l'aria alle sue spalle.

Il cuore di Svafrlami era invece scosso dal fuoco.

Il Verme del SangueWhere stories live. Discover now