XXVIII

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ei che è stato

ad est,

ha diviso e combattuto

nelle città,

conosceva tutte

le fortezze del viaggio

ed è morto

per mano del tiranno


Era quel che dicevano i versi incisi sulle due pietre runiche che Svafrlami aveva di fronte a sé. Sono esattamente come le ho viste dal mio trono, una rappresentava un serpente ucciso da un uomo che impugnava un'ascia; l'altra un cadavere calpestato da una figura coronata con in mano una spada.

Quando jarl Borg mi ha detto che c'erano due pietre runiche erette in memoria degli usurpatori, sono rimasto incredulo, il testo faceva riferimento al fatto che, agli inizi del suo regno, Ormr e Kolr erano andati in Oriente a saccheggiare le terre dei saraceni e a commerciare a Costantinopoli. Non mi andava di venire di persona a controllare. Ma non mi costava nulla osservare quel che accadeva dal mio Hlidskjalf. Le visioni che ho quando mi trovo assiso su di esso sono sempre accurate, proprio come lo è il mio trionfo! Il sangue di Odino che fluisce nelle mie vene non solo rende ridicola la nostalgia degli usurpatori che avevano in loro pus e carbone al posto del sangue, ma legittima anche l'espansione di Gardariki. Nutro sospetti riguardo a jarl Edred... ma i mediocri come lui non potranno impedire che la Terra di Mezzo giaccia sotto i miei piedi.

Discese dal cavallo e sguainò la spada, con la quale frantumò entrambe le pietre.

Il giorno dopo, si sentiva più pietra che altro, somigliante alla statua di un re scolpita sul trono, ma ricevette la visita di una spregevole coppia di contadini: «Vi prego, sire, perdonateci!» Ed erano inginocchiati dietro di essi, ai fini di commuoverlo, un bimbo e una bimba, che forse non erano nemmeno loro figli. «Vi promettiamo che salderemo i nostri debiti il mese prossimo. La terra non ha prodotto il raccolto rigoglioso che ci aspettavamo e il bestiame sta morendo di fame.»

«Avete davvero dato tutto di voi stessi?» sbadigliò Svafrlami.

«Ma certo, sire!» parlò la donna. «Io e mio marito Birger ci siamo impegnati molto più duramente che in altri tempi. Ma tutti i nostri sforzi non sono bastati.»

«Si dice in giro che sono diventato un re impaziente e spietato.» Incentrò lo sguardo sulla contadina, che aveva gli occhi strabuzzati. «E riesco ad avvertire che siete sinceramente dispiaciuti.» Simulò un'espressione compassionevole; il marito piegò il capo. «Tuttavia, i sudditi devono adempiere ai loro obblighi. Altrimenti prima protestano che il re non li protegge, ma questo avviene perché a costui mancano le risorse; comunque poi cominciano a beffarsi di lui, a sostenere che sia un sovrano debole. Un monarca che non fa valere la sua autorità non vale a nulla.» I suoi occhi bruciarono e li volse verso la Tyrfing, che era adagiata accanto al trono. «Come potrei perdonare coloro che interrompono la mia contemplazione con delle sciocchezze, che sostengono di aver lavorato abbastanza duramente quando so che, in effetti, avrebbero potuto dare di più di sé stessi? Molto di più, a dire il vero.» Accarezzò il manico della spada, senza ancora afferrarla. I bimbi, che si erano trascinati verso la madre, si aggrapparono a lei. Il padre deglutì il bolo di paura che aveva in gola. «Dovrei tagliarvi le teste. Oppure farvi impiccare, in tal guisa che le mie nobili mani, destinate ad abbattere guerrieri, non si insozzino col sangue di contadini indolenti.» La donna cominciò a piangere, ma Svafrlami, che era in procinto di afferrare la spada, si trattenne. Allontanò la mano. «Tuttavia, per ora sarò clemente. Gardariki, grazie al mio impegno, si è espanso. I ricchi territori di Súrsdalar, che ho recentemente conquistato, sono nelle nostre mani. Dimostrerò dunque che un re può essere grande anche nella sua clemenza, rivelando la sua forza non solo nello spargere sangue sulla terra, ma nel raccogliere frutti da essa! Verrete quindi trasferiti nei fertili domini di Súrsdalar. Contrariamente a quanto sostengono certuni, non dimentico il mio popolo per concentrarmi soltanto sulla mia spada. Anche se oso dire, perché no, che ella potrebbe essere un ottimo aratro.» Vi ringrazio, oh grande Odino, anzitutto perché mi avete aiutato a raggiungere la gloria in battaglia, ma pure perché mi avete appena soffiato nelle orecchie, forse attraverso Hugin e Munin, il miglior modo per procedere con i rustici.

«Grazie, sire.» Il contadino gettò la fronte a terra e tutti i suoi familiari fecero lo stesso. «Grazie mille per aver risparmiato le nostre vite. Non abbiamo parole per esprimere la nostra gratitudine!»

«Tornate a casa. Tra alcuni giorni vi spedirò i soldati che vi scorteranno a Súrsdalar.» Saranno forse stati Freyr e Freya, e non Odino, a farmi prendere in considerazione il clamore di questi rustici?

Le sue palpebre si appesantivano. I contadini uscirono. Spalancò gli occhi e dinnanzi a sé apparvero due nani. Ma non sguainò la Tyrfing perché non erano Dvalin e Durin e non si trovavano nel salone.

«Sarò io a produrre un dono straordinario per il grande Freyr, stupido Brokk.» Erano in mezzo a una radura dove calpestavano la pelle di un cinghiale.

«Invece sarò io a calpestare la tua pelle come quella di questo porco, stupido Sindri.» Quindi quella era una scommessa per produrre un regalo, non una maledizione.

Il primo nano ad aver parlato, Sindri, ch'era tutto sporco di carbone e aveva un solo occhio, trascinò quella pelle verso la sua dimora, dov'eravi una fornace.

Aveva evocato gli spiriti della foresta, inumidito con oro fuso la pelle bruciata e questa era stata riempita con creature fatate. Aveva dapprima acquisito spessore. Indi gli spiriti si erano fusi al suo interno e avevano dato origine a una nuova vita unificata, all'anima di Gullinbursti, che aveva ottenuto ossa, carne e coscienza di sé nella forma di un cinghiale dorato dalle dimensioni eccezionali.

In tal guisa Sindri aveva vinto la scommessa e potuto prendere in giro suo fratello, che aveva dubitato delle sue doti.

Un grosso problema, però, il fatto che presto i due nani avrebbero perso il controllo sulla bestia.

Gullinbursti li aveva feriti con le sue zanne a sciabola ed era fuggito. Non era affatto facile catturarlo perché era in grado di correre non solo sulla terra, ma anche nell'aria e nell'acqua, e più in fretta di qualunque destriero, di giorno e di notte, perché non esisteva luogo così oscuro che non venisse illuminato dallo splendore delle sue setole.

Era stato fermato da Freyr in persona. Il nume era stato avvertito da Brokk e Sindri del loro dono. Si erano trovati faccia a faccia e lo aveva calmato con la luce che emetteva da sé.

Il verro si era chinato per ricevere le carezze del nuovo padrone, che a volte galoppava sulla sua schiena di folta pelliccia solare e in altre occasioni gli chiedeva di trainare il carro dorato della fecondità.

Assistendo al suo volo, Svafrlami provò un pizzico d'invidia. Sarebbe mai riuscito a fare una cosa del genere?

Gli venivano in mente soltanto scene in cui uccideva il cinghiale.


Il Verme del SangueDonde viven las historias. Descúbrelo ahora