XXX

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Svafrlami aveva deciso di radersi da solo, i suoi occhi fissi sull'immagine che gli era dinanzi nello specchio.

Sono come Ymir. Con la differenza che, affinché sorga un nuovo mondo, non avrò bisogno di morire. Moriranno soltanto i peli della mia barba, proprio come mortali sono gli uomini. Scrutò il vassoio sul quale erano caduti i peli imbianchiti. Le parole di Eikintjasna gli echeggiarono in testa: Quando ti sei appiccato a quella quercia, eri destrimano e non c'era un solo filo bianco nella tua barba.

«Maledetta! Sei stata tu a far spuntare sul mio volto questi fili bianchi!»

Tornato sul trono, si passò la mano sul volto rasato e provò una sensazione di sollievo. Chiuse gli occhi.

«Da qui riesco a veggere tutto.» Di fronte a sé c'era un albero simile a quello a cui si era appeso. «Allungando il braccio posso toccare ciò verso cui guardo.» Senza dover fare un solo passo, riusciva a tastare i frutti sulla coppa. «E ciò che tocco casca ai miei piedi.» Caddero i frutti, rossi e polposi, e li addentò. Erano dolci e morbidi. «Io annoiarmi dopo aver trascorso trecento anni su Midgard? Vecchia sciocca! A me questo non capiterà mai. Potrei trascorrere tutta l'eternità a conquistare altri regni, soggiogando i deboli a mio piacimento.» Strinse i pugni sui braccioli del trono. «Eppure... Midgard ha i suoi limiti. Che cosa farò allorquando tutte le sue terre saranno sotto il mio giogo, e avrò preso possesso anche degli splendori di Costantinopoli? Potrò conquistare gli altri mondi con la mia Tyrfing? Ce la farò, come Thor, a sconfiggere alcuni giganti? Oppure dei draghi? A pescare il serpente di Midgard? O a sottomettere pure gli Asi? No, Odino è ancora il mio unico signore!» Alzò il capo e spalancò gli occhi. «Loki, dove ti sei nascosto? Non riesco a rintracciarti. Se voglio regnare a lungo, devo rimanere giovane. Non voglio vivere soltanto trecento anni, e tantomeno trecento anni con un aspetto simile a quello che aveva Eikintjasna! Non dovrei poter ringiovanire? Forse quella vecchia intuiva che l'avrei uccisa, e perciò può aver scagliato contro di me un seidr, dimodoché perdessi certi doni del sacrificio che ho compiuto.» Sfiorò con la sinistra il manico della spada. «Aveva forse il potere per lanciare un simile incantesimo? Devo comunque pensare a uno stratagemma onde ottenere i capelli di Idun. I fili della mia barba non possono più imbianchirsi.» Scricchiolò la porta. Svafrlami abbassò lo sguardo e fissò accigliato la soglia che si apriva. «Non sarà mica lo spettro di quella vecchiaccia...»

Entrò una donnola dal pelame rosso. Il suo timore svanì, ma la stranezza della situazione non gli permise di rilassare la fronte. Questo non è un semplice animaletto.

«Eccomi! Non mi riconosci?» Difatti parlò.

«Ma sei Loki!» S'issò in piedi e spalancò le palpebre allo stesso tempo che il battito del suo cuore accelerava.

«Almeno la mia voce sei stato in grado di riconoscere.»

«Ho riconosciuto la tua essenza da ficcanaso.»

«Non hai eseguito le formule tradizionali di evocazione, ma ho avvertito nel tuo cuore il desiderio di avermi presente. Dunque mi hai chiamato.»

«Se sei in grado di leggere nel mio cuore, sai già cosa voglio.»

«Puoi rassicurarti, giacché ti concederò la freschezza del fiore degli anni che tanto aneli! Tu mi diverti, Svafrlami. Quindi ti consegnerò un tesoro divino.» Una nebbia dello stesso colore dei suoi peli lo avvolse e li fece diventare bianchi e neri. Mi prende in giro. Un acre tanfo infettò l'aria del salone. La sua immagine si dissipava.

«Mi hai mostrato una volta cosa sei capace di fare. Spero che stavolta non mi deluderai.»

«Abbi solo un po' di fiducia e pazienza.» La puzzola emise un ghigno, come un singulto, e svanì insieme alla foschia.

Quale pazienza? Sei mille volte maledetto, Loki. Svafrlami si guardò intorno. Se n'era andato per davvero, quantunque persistesse il fetore.

Il re di Gardariki agitò la mano davanti al naso, sbuffò e collassò di nuovo sul trono, con le gambe divaricate. L'ariete che gli menava il petto rallentò i colpi. Serrò gli occhi.

Di nuovo un albero. Ma quello era Yggdrasil, con i diversi mondi disposti lungo il tronco. Non poteva afferrare le mele d'oro che si trovavano in cima.

Stava per innervosirsi, ma il frassino assunse una forma diversa. L'aquila in alto divenne un falco. E l'albero del mondo aveva ora l'aspetto di una fanciulla i cui capelli parevano essere un tutt'uno con i raggi solari. Raccoglieva dei pomi lucenti.

Non era Idun. Era una bellezza alla sua portata.

Gli passò per la testa un pensiero terribile, come quando, nel forte di un temporale notturno, un lampo illumina per un attimo e in confuso gli oggetti, e ne accresce il terrore.

Il Verme del SangueWhere stories live. Discover now